Altroché "bavagli". La gestione dello scandalo che imbarazza la Bbc è una lezione di garantismo per l'Italia
Le accuse a un conduttore della tv nazionale britannica, la legge, la privacy e la presunzione d'innocenza. Cosa può insegnarci sulla gogna il caso di Huw Edwards
Cosa lega lo scabroso "sex pics scandal" che ha coinvolto un mezzobusto della Bbc alle turbolente vicende giudiziarie nostrane? Fare l'"anatomia di uno scandalo" d'oltre Manica può insegnarci qualcosa sulla gogna e sulla tutela delle garanzie dei cittadini nei confronti del potere pubblico, in particolare nei confronti di quello giudiziario.
Partiamo dai fatti certi. Venerdì scorso, il 7 luglio, il tabloid britannico Sun pubblica un articolo nel quale i genitori di un ragazzo (o una ragazza, ora ci arriviamo) accusano un famoso conduttore della rete televisiva pubblica del Regno Unito di aver dato, nel corso degli ultimi tre anni, 35mila sterline al/la figlio/a allora minorenne, in cambio di foto sessualmente esplicite. Dell’adolescente non si conosce né l’identità né il genere (ecco spiegato perché fin qui siamo stati vaghi), ma la famiglia sostiene che avrebbe avuto 17 anni quando si mise in contatto per la prima volta con l'anchorman e che abbia usato i soldi del giornalista per comprarsi cocaina e crack. Anche dell'accusato non viene fatto il nome: si sa solo che è maschio. Domenica, la Bbc fa sapere di avere rimosso il conduttore dal suo incarico, nonostante la presunta vittima, tramite avvocato, avesse già definito le illazioni del Sun come "spazzatura". Intanto si muove anche Scotland Yard. Ed è proprio qui il punto: fino a questo momento il conduttore non è ancora indagato. E dunque la legge britannica impedisce di farne il nome, per evitargli una gogna che, se fosse innocente, ne distruggerebbe l'immagine. E anche per tutelare la presunta vittima, più facile da identificare a partire dall'identità del presunto colpevole. Ieri Vicky Flind, la moglie di Huw Edwards, che è uno dei presentatori di punta della tv nazionale britannica (è quello che ha dato la notizia della morte della Regina, per intenderci), ha detto pubblicamente che è suo marito l'uomo accusato dal tabloid del gruppo Murdoch. E ha anche spiegato che il marito soffre da tempo di "gravi problemi mentali" e che al momento è ricoverato in un ospedale. Edwards, 61 anni, è poi stato tirato in ballo da altri giovani uomini contattati attraverso siti d'incontri. Poco prima dell'annuncio di Vicky Flind, la polizia britannica aveva fatto sapere di non aver trovato prove che il presentatore avesse commesso reati.
Lo scandalo ha senza dubbio creato un'atmosfera difficile nell'emittente britannica. I colleghi del presentatore, vittime della "caccia al nome" e del clima di sospetto piombato su tutti i conduttori dell'azienda, hanno insistito perché lui uscisse allo scoperto, scagionandoli. Nonostante ciò e nonostante la mancanza prolungata dagli schermi del popolarissimo conduttore sarebbe presto stato un indizio schiacciante a suo carico, le tv, i quotidiani e persino le riviste di gossip non hanno fatto il suo nome. La legge che impedisce di fare il nome di chi è oggetto di interesse da parte della polizia si fonda su un precedente del 2018 (nel Regno Unito vale il modello di Common Law, basato sui precedenti giurisprudenziali): la popstar Cliff Richard ha vinto una causa milionaria proprio contro la Bbc che quell'anno aveva rivelato che era oggetto di un'indagine per abusi sessuali e che la sua proprietà era stata perquisita. Violando la sua privacy e, di fatto, la presunzione della sua innocenza. Innocenza poi provata, tanto che il cantante non è mai stato incriminato, il caso è stato archiviato due anni dopo e la Bbc ha dovuto dargli più di due milioni di sterline.
Questi i fatti, insomma. Dai quali si può trarre una brevissima ma interessante lezione per l'Italia, un paese dove gli avvisi di garanzia si fanno a mezzo stampa e dove anche una riforma garantista sulle intercettazioni (“Vietato pubblicarle se non sono agli atti”) fa urlare, pavlovianamente, al "bavaglio!".