Il summit del nord

Biden va a Helsinki a chiudere il tour delle alleanze e rivendica i risultati di Vilnius

Micol Flammini

La catena di comando russa fuori controllo e le previsioni del presidente americano: Mosca non vincerà e non userà l'atomica 

Vilnius, dalla nostra inviata. Il presidente americano, Joe Biden, ha chiuso il viaggio delle alleanze a Helsinki, una capitale simbolica per tre motivi. Il primo è che la Finlandia è l’ultimo paese a essere entrato nella Nato  e condivide con la Russia un confine di milletrecentoquaranta chilometri; il secondo sta nella sua posizione affacciata sul nuovo mare dell’Alleanza, il Baltico, e non distante da quello che si sta riempiendo di basi russi, l’Artico; il terzo è una di quelle giravolte della storia che apre e chiude le sue porte spesso nello stesso posto: a Helsinki, nel 2018, l’ex presidente americano, Donald Trump, aveva incontrato  Vladimir Putin, e non soltanto disse che il capo del Cremlino gli aveva assicurato di non aver interferito nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti ma rimproverò l’intelligence americana per aver creato tanta preoccupazione. Il viaggio di Biden è servito a rinfrancare un’alleanza che dall’inizio della guerra in Ucraina si sta facendo più forte. 

 

 A Helsinki, Biden non ha incontrato soltanto i nuovi arrivati, i finlandesi, ma anche i leader di Norvegia, Svezia, Danimarca e Islanda. Era una riunione necessaria, perché lì vicino a quel confine, il presidente americano voleva dare un messaggio di forza, di unità e anche di visione perché Joe Biden deve mostrare che il lavoro di questi anni ha un valore anche per la sua campagna elettorale. Ha ripreso il discorso che il giorno prima aveva fatto all’Università di Vilnius e che aveva radunato talmente tante persone da causare file nel centro della capitale lituana. A Vilnius aveva detto che Putin ha perso la scommessa, e lo stesso, con più convinzione ancora, se possibile, ha ripetuto a Helsinki, ancora più vicino al confine di Mosca, all’orecchio del Cremlino. Il presidente americano ha voluto fare le sue previsioni: la Russia non vincerà, e non userà l’atomica. Le difficoltà dell’esercito russo sono raccontate anche da una catena di comando che sembra fuori controllo, tra alti ufficiali detenuti,  tredici in tutto, e la denuncia di un generale, Ivan Popov, cacciato per aver contestato le strategie di guerra. 

 

 Biden deve rivendicare le scelte dell’ultimo anno in politica estera, ci saranno le elezioni negli Stati Uniti nel 2024 e lui è stato il costruttore di questa nuova Alleanza atlantica che a Vilnius ha trovato un nuovo coronamento. “Putin – ha detto Biden – stava cercando la finlandizzazione della Nato, ha ottenuto la natizzazione della Finlandia”, e anche questo è stato uno dei calcoli sbagliati del capo del Cremlino, che il presidente americano elenca sempre in modo meticoloso.  A Helsinki c’è stato  un piccolo postsummit, dove gli alleati vecchi, nuovi e futuri del nord hanno riordinato le idee, hanno parlato della sfida dell’Artico, dove crescono le basi russe e si intrufola la Cina, che anche se a Vilnius non è stata inserita tra le priorità e come prima minaccia, era il pensiero costante e soprattutto il centro di uno degli slogan che Jens Stoltenberg ripeteva in modo ossessivo: la Nato è un’organizzazione regionale che affronta  sfide globali. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)