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Usa, Cina e la corsa alle regole sull'intelligenza artificiale, per motivi opposti

Pietro Minto

Pechino ha presentato un documento che contiene delle norme per regolarizzare l’uso di queste tecnologie, allo scopo di controllare informazione e algoritmi. Nelle stesse ore l'agenzia statunitense che si occupa della tutela dei consumatori  ha annunciato un’indagine contro OpenAI, l’azienda produttrice di ChatGP

Ieri il governo cinese ha presentato un documento che contiene delle norme per regolarizzare l’uso di intelligenze artificiali generative, ovvero quelle in grado di produrre testi e immagini, come ChatGPT e MidJourney. Lo scorso aprile, la Cyberspace administration of China  aveva già presentato una bozza del regolamento: rispetto al documento iniziale, il nuovo testo prevede un lieve allentamento dei requisiti alle imprese del settore e la conferma della volontà da parte di Pechino di “incoraggiare l’uso innovativo delle IA in tutti i settori”. 

Per capire il contenuto del documento sulle IA occorre però ricordare un’altra iniziativa presa dal governo cinese lo scorso gennaio, quando pubblicò, il “Regolamento sull’amministrazione della sintesi profonda dei servizi di informazione internet”. In questo caso si trattava di un insieme di regole per  limitare la produzione di “media sintetici”, come i deepfake, per esempio, termine con cui si indicano contenuti audio e video prodotti o manipolati digitalmente, nei quali le fattezze o la voce di persone realmente esistenti vengono inseriti ad hoc. Nato in ambito pornografico, il deepfake si è presto diffuso diventando una pratica piuttosto semplice ed economica, ma anche efficace nel generare confusione e disinformazione. Al tal riguardo, la legge cinese prevede restrizioni ai produttori di software simili, che dovranno segnalare la natura “sintetica” di questo tipo di contenuti. 

Bisogna quindi partire da qui per capire il documento pubblicato ieri, secondo cui i software di IA generativa “devono rispettare le leggi e i regolamenti amministrativi” ma anche “rispettare la moralità sociale e l’etica” e soprattutto “aderire ai valori fondamentali del socialismo”. Alle IA, infine, è proibito “generare incitamento alla sovversione del potere statale”. Ciò significa che qualunque sia il prompt dell’utente (la frase con cui si descrive alle IA che tipo di testo produrre), il risultato finale di questi servizi dovrà rientrare negli stretti confini della censura cinese. Per riuscirci, il CAC ha imposto alla aziende del settore di “adottare misure efficaci” in fase di addestramento e progettazione di questi algoritmi, un punto ritenuto tanto importante da precedere quello sul rispetto dei diritti intellettuali e d’autore. 

Il regolamento cinese è stato pubblicato nelle stesse ore in cui la Federal Trade Commission, agenzia statunitense che si occupa della tutela dei consumatori e di combattere pratiche commerciali anticoncorrenziali, ha annunciato di aver aperto un’indagine contro OpenAI, l’azienda produttrice di ChatGPT. Le accuse mosse nei confronti della società sono varie, tra cui quella di non aver rispetto le norme a tutela dei consumatori e di essere responsabile di un leak di dati personali avvenuto mesi fa. Nella stessa settimana, Elon Musk, cofondatore di OpenAI e oggi nemico pubblico del suo ex socio Sam Altman, ha fondato xAI, azienda del settore che sostiene di voler “comprendere l’universo” con le IA. Mentre i paesi occidentali corrono a mettere regole anche per tutelare gli utenti dalla disinformazione, la Cina sembra farlo per l’esatto opposto: per garantire che la propaganda funzioni. 

Le iniziative cinesi sul campo fanno discutere da tempo: già lo scorso mese il senatore democratico Mark Warner aveva dichiarato che “la Cina è in grande vantaggio per quanto riguarda la regolarizzazione delle intelligenze artificiali”, ricordando come il confronto con il paese asiatico passasse anche per queste tecnologia. Pochi giorni prima, il senatore repubblicano Ted Cruz aveva preso posizioni simili e aveva definito “profondamente pericolosa” la possibilità che Pechino superasse gli Stati Uniti nel campo delle intelligenze artificiali e della loro regolamentazione.

Come ha notato il think tank Carnegie Endowment for International Peace, i movimenti veloci e netti di Pechino nel campo delle IA hanno come obiettivo il controllo dell’informazione e, in particolare, degli algoritmi, già oggetto di un regolamento apposito simile a quello sui deepfake e le IA generative, risalente al 2021. Proprio agli algoritmi di questo tipo è dedicato un nuovo registro nazionale al quale le aziende cinesi dovranno iscrivere le proprie creazioni, e che permetterà al governo di raccogliere informazioni sul loro funzionamento e la loro progettazione.
 

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