editoriali
Il cortocircuito logico e ideologico degli ambientalisti sull'accordo di libero scambio Ue-Mercosur
I verdi europei e molte ong ambientaliste avversano il trattato, eppure è proprio Bruxelles a voler imporre termini più rigorosi sull’ambiente e sulla protezione dei diritti dei lavoratori
L’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i quattro paesi del Mercosur – Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay – potrebbe essere alla svolta finale. Lo ha confermato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dopo un incontro col presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, a margine del vertice tra l’Ue e le nazioni dell’America Latina e dei Caraibi. Prima di esultare, è bene ricordarsi che il negoziato tra l’Ue e il Mercosur dura da un ventennio abbondante. Già una volta sembrava essere arrivati al traguardo, nel 2019, ma in quell’occasione era stata Bruxelles a tirare la corda, chiedendo termini più rigorosi sull’ambiente e sulla protezione dei diritti dei lavoratori. A spingere per imporre precisi obiettivi ambientali sono soprattutto tre paesi europei – la Francia, l’Irlanda e i Paesi Bassi – preoccupati per i settori della carne e dei latticini, ma sarebbe scorretto pensare che si tratti (solo) di una battaglia protezionistica (che pure, ovviamente, è).
Nei fatti, gli europei vogliono che i paesi partner si impegnino a rispettare gli accordi di Parigi sul clima. Ed è qui che scatta il cortocircuito logico e ideologico. Perché dall’altro lato della barricata non c’è più Jair Bolsonaro, il cattivo par excellence: oggi c’è Lula, l’eroe della sinistra massimalista e ambientalista. Il quale si lamenta che la richiesta europea renderebbe di fatto obbligatori gli impegni di Parigi, che in principio sono volontari. A rendere ancora più pittoresco lo scontro è il fatto che i verdi europei e molte ong ambientaliste avversano il trattato, convinti come sono che incentiverebbe un’ulteriore deforestazione dell’Amazzonia per fare spazio agli allevamenti. Neppure loro, dunque, si fidano di Lula. Al di là di come andrà a finire la vicenda specifica, c’è una lezione da trarre. La vecchia battuta sugli ambientalisti cocomeri – verdi fuori e rossi dentro – andrebbe aggiornata, visto che il loro fortissimo punto di riferimento nell’America Latina si rivela un osso più duro del “negazionista” Bolsonaro. Anche Lula sarà vittima del neoliberismo?