Fare pace con Blair
Il leader del Labour indica una strada d'unità per la sinistra. Oggi tre voti nel Regno Unito
I Tory patiscono il "Long Boris": l'analogia che racconta una crisi del partito di governo che va avanti da molto tempo e che ha certo a che fare con l'ex premier ma anche con la Brexit. Starmer, a cui basta stare fermo, dice: facciamo pace con Blair
Milano. Oggi nel Regno Unito si tengono le elezioni suppletive in tre seggi conservatori e, secondo le previsioni, i Tory potrebbero perderle tutte e tre. Una ragione sta nel fatto che questi voti sono stati determinati dalle dimissioni dell’ex premier Boris Johnson, che ha lasciato il suo seggio dopo che l’inchiesta sul partygate ha stabilito le sue responsabilità, da quelle di un suo alleato, Nigel Adams, che lo ha seguito (non solo per lealtà, ma perché era nella lista dei peer che Johnson ha presentato al premier Rishi Sunak, che l’ha mezza rifiutata), e da quelle di David Warburton, che era stato sospeso in seguito ad accuse di molestie sessuali e abuso di sostanze stupefacenti. Qualcuno dice che i Tory patiscono il “Long Boris”, che come il Long Covid lascia effetti fastidiosi che tendono a non scomparire: è un’analogia efficace che racconta una crisi del partito di governo che va avanti da molto tempo e che ha certo a che fare con l’ex premier, ma anche con il fatto che il più grande progetto per il futuro del paese organizzato in questi ultimi anni – la Brexit – si sta rivelando un disastro e se la qualità della vita peggiora e i tuoi leader sono sempre più equivoci, la voglia di cambiamento diventa determinante.
Il Labour – che potrebbe vincere due di queste suppletive mentre la terza potrebbe andare ai Lib-dems – ha guadagnato consensi con scarti nei sondaggi nazionali a due cifre di fatto grazie alla crisi dei conservatori. Molti commentatori dicono che al leader laburista, Keir Starmer, basta stare fermo (evitare danni anche) per arrivare per inerzia fino a Downing Street alle prossime elezioni, ma pur non avendo un carisma travolgente, lui non sta affatto fermo, anzi ha cercato di dare una nuova forma al suo partito, partendo dall’esclusione dei rappresentanti della fase fallimentare della leadership di Jeremy Corbyn, arrivando fino a tranciare di netto il più grande tabù che c’è nel Labour di oggi: Tony Blair. L’ex premier è diventato il simbolo, non solo nel Regno Unito, di una evoluzione centrista e riformista della sinistra che pur essendo stata di grande successo è stata poi negata e seppellita dai leader successivi, che rimproveravano a Blair di aver snaturato i valori della sinistra.
Lunedì, a un evento organizzato alla Fondazione dell’ex premier in cui si parlava del futuro del Regno, Starmer e Blair hanno avuto una conversazione ricca, articolata, divertente, in cui l’attuale leader del Labour ha detto di non voler superare la destra e la sinistra come voleva fare Blair, rivendicando di essere una sinistra in grado di essere moderata e di introdurre quei correttivi necessari alla formula blairiana che è vecchia di 25 anni. Allo stesso tempo Starmer ha però voluto dire: smettiamo di farci male, facciamo pace con Blair, le sue idee sono una risorsa. Per conquistare il voto in fuga dai conservatori e per costruire una nuova idea di sinistra, di governo, di paese.