Quanto conta il “fattore Galizia” al voto spagnolo
Il leader del Partito popolare Alberto Núñez Feijóo gioca la carta delle origini, che sono comuni a molti leader del paese
In vista delle elezioni spagnole del 23 luglio, il candidato premier del Partito popolare di centrodestra, Alberto Núñez Feijóo, si sta giocando la carta delle origini familiari e geografiche. Dal momento che i commentatori di destra deridono il premier socialista uscente, il madrileño Pedro Sánchez, dicendo che è così perfettino nell’aspetto e nei modi da sembrare un involucro vuoto programmato dall’Intelligenza artificiale, Feijóo ci tiene a rimarcare che invece lui è venuto su in un ambiente semplice nel paesino di Os Peares, sperduto nelle profondità della Galizia.
Questo non è un elemento irrilevante in un paese in cui è dal 2016, anno in cui uscì il fortunato saggio di Sergio Del Molino intitolato “La Spagna vuota” (pubblicato in italiano da Sellerio), che si parla a più non posso delle molte parti del territorio nazionale che, a causa dell’emorragia demografica che hanno subìto nel corso degli ultimi settant’anni, sono finite in un cono d’ombra che le ha rese invisibili al potere centrale. Basti pensare che, quattro anni fa, è entrato nel Parlamento di Madrid un partito che si chiama ¡Teruel existe! (Teruel è una cittadina di 35.000 abitanti conficcata in una parte spopolatissima dell’Aragona).
Feijóo non perde occasione per dire che lui sarebbe il primo premier “di paese” della Spagna democratica. E si è perfino impegnato a girare un video in cui si spolmona a raccontare la sua infanzia rurale mentre percorre il lungofiume del villaggio natio e altri sentieri campestri con un passo che, a causa delle gambe un po’ a “x”, non lo fa apparire un mezzofondista molto credibile.
In più, Feijóo ha dalla sua il “fattore Galizia”. Quella regione, infatti, è la Sardegna della Spagna: una terra periferica e non troppo popolosa capace però di fornire alla politica nazionale molti protagonisti di primo piano. Galiziano, di Ferrol, era Pablo Iglesias, che nel 1879 fondò il Partito socialista (l’altro Pablo Iglesias, che 135 anni dopo avrebbe fondato Podemos, è solo un omonimo). E galiziano, di Vilalba, era anche Manuel Fraga, che nel 1989 fondò il Partito popolare ora guidato da Feijóo. Peraltro, è galiziano, di Santiago de Compostela, anche il mentore politico di Feijóo, il premier di lungo corso Mariano Rajoy che ha governato la Spagna dal 2011 al 2018.
Galiziano, di Ferrol come Pablo Iglesias, era anche il dittatore Francisco Franco. E prima di lui erano galiziani anche sette dei trentanove capi di governo che si sono succeduti tra la Restaurazione borbonica del 1874 e la presa del potere da parte del Caudillo.
Galiziana, di A Coruña, è anche la leader di un altro dei quattro grandi partiti che domenica prossima si misureranno nelle urne: la vicepremier uscente Yolanda Díaz, che guida la piattaforma politica della sinistra radicale Sumar. Ma se Feijóo è cresciuto in un ambiente conservatore di campagna, la Díaz, che non ha mai avuto altra tessera in tasca se non quella del Partito comunista spagnolo (che continua a rinnovare per affetto) si è forgiata nell’ambiente ruvido dei cantieri navali in cui lavorava suo padre Suso, leggendario sindacalista.
D’altra parte, anche il leader di Vox, Santiago Abascal, che è un paradossale turbonazionalista spagnolo pur essendo cresciuto in quei Paesi Baschi che sono intrisi di sentimenti separatisti, è di ascendenze galiziane (sua madre è di A Coruña). E proprio lui ha provveduto, già nove anni fa, a incrinare l’attuale narrazione di Feijóo, insinuando un dubbio nelle orecchie dei futuri potenziali elettori del suo partito sovranista Vox, che allora era appena nato. Twittava infatti Abascal nel lontano 2014: “La mia nonnina, che parla galiziano, dice che il Pp della Galizia è un vero Partito nazionalista basco” (che fuor di metafora significa: “Il Pp della Galizia depreda lo stato spagnolo per finanziare un regionalismo egoista e clientelare”). E chi c’era allora a capo del Pp della Galizia? Sì, indovinato: Feijóo.