sicurezza alimentare
Il blocco del grano di Putin chiama protezionismo: un guaio globale
L'uscita dall'accordo e l'escalation militare rischiano di innescare le risposte protezioniste degli altri paesi esportatori. Mosca è pronta a scommettere su questa crisi
Questa settimana la Russia ha ricordato al mondo intero la rapidità con cui è possibile riaccendere l’allarme per la sicurezza alimentare globale e la stabilità dei prezzi delle forniture agricole. Mosca aveva a lungo minacciato di ritirarsi dall’accordo che permetteva all’Ucraina di esportare in sicurezza i suoi raccolti attraverso il Mar Nero, ma la violenza con cui è uscita dall’accordo e l’escalation militare che ne è seguita ha colto molti di sorpresa.
La Russia ha iniziato ad attaccare i terminal ucraini distruggendo tonnellate di grano e cereali e minacciato di attaccare qualsiasi nave che osi entrare nel golfo di Odessa, spazzando via ogni speranza di una rapida soluzione. Negli ultimi cinque giorni prezzi del grano sono aumentati dell’11 per cento, il mais quasi del 9 per cento, riaccendendo i timori di un’inflazione alimentare globale dopo un periodo in cui i prezzi si erano moderati. La situazione era fragile e preoccupante anche prima della decisione di Vladimir Putin di infliggere questo colpo alla sicurezza alimentare globale, ma adesso per alcuni paesi rischia nuovamente di diventare drammatica.
Secondo i dati delle Nazioni Unite l’anno scorso a causa delle conseguenze persistenti della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina circa 735 milioni di persone – quasi un decimo della popolazione mondiale – erano denutrite, e mentre in molti paesi ci sono segnali di un rientro dall’inflazione, le ondate di caldo e la siccità che minacciano ulteriormente i raccolti aggiungono preoccupazioni per gli approvvigionamenti del prossimo futuro.
Dopo lo scoppio della guerra e prima dell’accordo del Mar Nero, la reazione generale fu un aumento delle restrizioni alle esportazioni per proteggere le forniture nazionali. Quelle misure sono state controproducenti e hanno solo fatto aumentare i prezzi, minacciando una crisi alimentare nei paesi in via di sviluppo che dipendono dalle importazioni di cibo. La fine dell’accordo rischia di far scattare nuovamente un’ondata di misure protezionistiche.
L’India, il principale esportatore di riso con una quota del 40 per cento a livello globale, stava già prendendo in considerazione la possibilità di vietare l’export di alcune varietà di riso a causa del evento metereologico di caldo estremo detto “El Niño”. A settembre Nuova Delhi ha imposto un dazio del 20 per cento sulle esportazioni di riso bianco non lavorato, riso semigrezzo, riso semilavorato e riso integrale. Ieri il governo indiano ha vietato le esportazioni di riso bianco non basmati, alimentando i timori di un’ulteriore inflazione dei prezzi dei beni alimentari sui mercati internazionali, proprio mentre la decisione di Mosca faceva salire i prezzi del grano e del mais.
La decisione indiana non è incomprensibile, nelle ultime settimane l’India ha dovuto fare i conti con l’aumento dei prezzi alimentari causati dalle forti piogge monsoniche che hanno danneggiato i raccolti e interrotto i trasporti, aumentando il prezzo dei pomodori e di altri alimenti di base in un paese da 1,4 miliardi di abitanti. Ma secondo gli economisti della Banca mondiale ulteriori restrizioni da parte dell’India potrebbero aumentare i prezzi globali del riso tra il 4,3 e il 12,1 per cento.
Se poi la Thailandia e il Vietnam – secondo e terzo esportatore mondiali di riso – reagissero vietando a loro volta le esportazioni, ciò potrebbe tradursi in un effetto moltiplicatore che farebbe aumentare i prezzi fino al 20 per cento. Anche se il protezionismo può sembrare la soluzione, già nel breve periodo non fa che aggravare il problema, ripercuotendosi a livello globale con un effetto farfalla che genera crisi ulteriori, nel medio e nel lungo periodo.
Mosca è pronta a scommettere su questa crisi. In vista del vertice Russia-Africa di San Pietroburgo il Cremlino sta parlando di offrire grano gratis ai paesi che ne hanno maggiore bisogno. Secondo fonti del Financial Times il Cremlino starebbe addirittura preparando un piano per fornire grano all’Africa per tagliare l’Ucraina fuori dal mercato globale, coinvolgendo la Turchia e il Qatar. Anche se al momento nessuno dei due paesi è d’accordo. Si tratta di un’iniziativa che difficilmente troverà sostegno, ma è indicativa di quanto stiano diventando intollerabili i fattori di instabilità posti dalla Russia di Putin.