causa-effetto

La Russia attacca i porti e allunga i confini della guerra

I droni sulla Crimea a su Mosca e le conversazioni tra Putin e Lukashenka, che quando si incontrano seguiti da telecamere e microfoni sembrano leggere un copione

Micol Flammini

Dopo i bombardamenti fatali a Odessa, Mosca ha colpito le strutture sul Danubio vicine alla Romania e minaccia la Polonia, che risponde poco intimorita

I confini della guerra della Russia contro l’Ucraina si allungano e si estendono, così come gli obiettivi militari di Mosca, che  si stanno concentrando nella parte meridionale del paese, nelle regioni affacciate sul mare, sui porti, contro il  grano. Dopo aver lanciato diciannove missili contro Odessa, ora coperta  da un tappeto di calcinacci e detriti, la Russia ha continuato a bombardare l’Ucraina e oggi ha colpito le infrastrutture di stoccaggio del grano nei porti fluviali sul Danubio di Reni e di Izmail, non distanti dal confine con la Romania.  Il presidente russo, Vladimir Putin, dice di avere un piano per rilanciare il mercato del grano: vuole coinvolgere alcuni paesi africani, i cui leader giovedì andranno a trovarlo in Russia, ma nel frattempo colpisce e distrugge i punti di transito da cui dipende la sicurezza alimentare di tutto il mondo. 

 

Prima del 24 febbraio del 2022, la rivista britannica New Statesman aveva pubblicato un numero dedicato ai piani di Vladimir Putin, che nel frattempo ammassava truppe lungo i confini ucraini e proponeva agli americani garanzie di sicurezza inaccettabili, mettendo in copertina una caricatura del presidente russo con il mondo tra le mani, intento a stropicciarne i confini, impiastricciandosi le mani con terre e mari che gli rimangono tra le dita. La sua guerra ha l’obiettivo di trasfigurare l’Ucraina e il mondo, non rispetta regole e a malapena rispetta confini: la Romania è molto preoccupata per l’ultimo attacco, la Polonia ha mobilitato mezzi militari da mandare alla frontiera con la Bielorussia. 

 

Domenica il presidente russo ha incontrato il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka, hanno trascorso del tempo insieme  e, come al solito quando i due si incontrano, c’erano macchine fotografiche e telecamere al seguito. C’erano anche microfoni, pronti ad accendersi quando i due dicono qualcosa che intendono far sentire al mondo. Le conversazioni tra Putin e Lukashenka sembrano sempre uscire da un copione, recitate, un botta e risposta studiato a tavolino. I due ormai si comportano come una coppia di amici, nonostante sia nota la diffidenza reciproca, eppure ci tengono a farsi vedere insieme, a farsi vedere intenti a fare cose, perché per Putin, Lukashenka è un emissario di cattive notizie per l’occidente. Il bielorusso ha detto che gli uomini della Wagner insistono per fare un’incursione in Polonia e al dittatore tocca il compito di tenerli a bada, ma inizia a sentirsi stressato. Il venerdì prima che i due si incontrassero, Vladimir Putin aveva minacciato Varsavia, avvisandola che se avesse continuato a fortificare  i suoi confini per intimidire la Bielorussia, lui avrebbe potuto toglierle da un momento all’altro un po’ del suo territorio, perché come Mosca sotto Stalin le aveva assegnato i confini attuali, così Mosca sotto Putin avrebbe potuto revocarli. La Polonia per tutta risposta, dopo le parole del presidente russo e del dittatore bielorusso, ha aumentato la presenza militare lungo il confine, dimostrando di essere pronta a qualsiasi cosa in qualsiasi momento, senza essere intimorita. 

 

Oggi alcuni droni ucraini sono arrivati in Crimea e anche a Mosca, hanno colpito alcuni edifici, poi, secondo il ministero degli Esteri russo, sono stati abbattuti. Kyiv ha rivendicato gli attacchi, e quello che si autodefinisce il ministero dell’Attacco russo, il gruppo di combattenti russi che collaborando con gli ucraini compiono incursioni e azioni di sabotaggio in Russia, ha detto che è soltanto l’inizio e che il Cremlino non avrà tregua. Dopo aver trascorso gli ultimi giorni a bombardare città, porti, case, civili in Ucraina, Mosca ha definito terrorismo le incursioni dei droni ucraini. Non esiste rapporto causa-effetto nella testa del presidente russo e dei suoi collaboratori. Il capo del Cremlino è convinto di poter ancora sfilacciare il mondo con le sue mani, come nella copertina del New Statesman, ma il mondo tutto intorno si è organizzato, capisce quali sono le minacce inscenate e quelle vere, reagisce e si preserva. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)