In Francia
Le conseguenze in Parlamento dello scontro tra giornalisti e proprietà del Journal du dimanche
Dal 1° agosto la direzione dello storico giornale centrista passerà a Geoffroy Lejeune, il megafono della destra identitaria francese. Nel frattempo la redazione continua lo sciopero e della vicenda se ne occuperà direttamente la politica
Parigi. Geoffroy Lejeune, ex direttore del settimanale Valeurs Actuelles, il megafono della destra identitaria francese, prenderà ufficialmente la direzione del Journal du dimanche (Jdd) a partire dal 1° agosto. La decisione è arrivata lunedì sera con un comunicato della direzione del gruppo editoriale Lagardère, proprietario del giornale centrista fondato nel 1948, nel quale si annunciano la fine delle negoziazioni con la Société des journalistes (Sdj) del Jdd. La direzione di Lagardère News se la prende con “la posizione della Sdj, che non sembra aver preso in considerazione le aperture proposte” e “ha portato a una rottura delle negoziazioni che è deleteria sia per i giornalisti sia per i lettori del Journal du dimanche”.
“Sono dispiaciuto per questo esito (…). Nessuno può contestare il diritto dell’azionista di nominare il direttore della redazione. E’ la legge (…). Lo ribadisco, non faremo del Jdd un volantino ideologico né un giornale militante. Questa fantasia dell’estrema destra è infondata e denigratoria. Il Jdd resterà una pubblicazione di informazione generalista, per il grande pubblico, e aperta a tutte le correnti di pensiero”, ha scritto Arnaud Lagardère citato nel comunicato. La Sdj non ha esitato a controbattere con toni ruvidi, deplorando “la decisione unilaterale della direzione di Lagardère News di voler rompere le negoziazioni che avevano come obiettivo un’uscita dalla crisi”. I giornalisti hanno inoltre accusato il gruppo editoriale di aver ignorato “le numero proposte formulate congiuntamente dalla Sdj del Jdd e da quella di Paris Match (altro magazine del gruppo Lagardère, ndr) per rafforzare l’indipendenza editoriale dei due titoli”.
Il Journal du dimanche, domenica, non è uscito per la quinta settimana consecutiva, e ieri, per il trentatreesimo giorno di fila, è stato votato il prolungamento dello sciopero dal 98 per cento della Sdj (95 giornalisti favorevoli, 2 contro e 4 non si sono pronunciati). “Più determinata che mai”, la Sdj del Jdd resta comunque “disposta a portare avanti un dialogo costruttivo per giungere a una soluzione positiva”, si legge nel comunicato. Ma il problema, per i giornalisti del settimanale, non è soltanto Geoffroy Lejeune, agit-prop del sovranismo su carta e sostenitore-devoto del pensatore incendiario Éric Zemmour: è anche Vincent Bolloré, neo proprietario del Journal du dimanche attraverso Lagardère, di cui ha da poco preso il controllo nonostante le titubanze dell’antitrust europeo. Un passo indietro, proprio perché a scegliere Lejeune è stato Bolloré, è pressoché impossibile a questo stadio. Ma Emmanuelle Souffi, giornalista del Jdd, assicura che la redazione “non ha intenzione di arrendersi” e “spera di cavalcare il risveglio della politica e dei cittadini”.
L’attuale protesta del Jdd è uno sciopero inedito dalla nascita del giornale, 75 anni fa, e ricorda i movimenti di protesta in seno al canale televisivo I-Télé (oggi Cnews) nel 2016 e alla radio Europe 1 nel 2021, dopo il passaggio nelle mani di Vivendi: proteste che si erano concluse con un esodo di giornalisti. Al Jdd potrebbe accadere la stessa cosa senza una brusca sterzata da parte della direzione, che però, dopo il comunicato di lunedì, appare sempre più improbabile. Sul suo account Twitter, la società dei giornalisti del Jdd ha intanto comunicato i risultati della raccolta fondi lanciata per aiutare i dipendenti con contratti più precari: 32 mila euro. L’iniziativa, come riportato da France Info, è stata oggetto di molte donazioni soprattutto nel fine settimana del 22-23 luglio, dopo aver superato la barra simbolica del mese di sciopero.
Sullo sfondo dei tumulti politico-editoriali del Journal du dimanche, alcuni deputati della gauche e della maggioranza macronista hanno presentato la scorsa settimana una proposta di legge che mira “a proteggere la libertà dei media che sollecitano gli aiuti di stato”. “E’ una proposta urgente”, ha dichiarato Sophie Taillé-Polian (Génération.s), all’origine dell’iniziativa, dove l’urgenza è appunto il caso Lejeune. Ma è anche una proposta scivolosa. Perché punta a subordinare i finanziamenti statali e la concessione delle frequenze radiofoniche e televisive “alla creazione di un diritto di veto per i giornalisti sulla nomina dei loro direttori o delle loro direttrice di redazione”. Uno scioperante del Jdd ha commentato così sul Monde: “Per noi sarà comunque troppo tardi. Sarebbe stato bello avere a disposizione prima questa misura di preventiva”.