Una pila di accuse

I filmati degli scatoloni top secret a casa di Trump, il 6 gennaio e i tormenti dei repubblicani

Paola Peduzzi

Il ruolo dell'ex presidente nell'attacco al Campidoglio è il caso giudiziario che più mostra la crisi del Partito repubblicano. La resa dei conti rischia di essere brutale e dal tempismo efferato

Chissà cosa lo hanno costretto a fare, ha detto un vicino di casa di Carlos De Oliveira, il property manager della residenza di Mar-a-Lago di Donald Trump che è un nuovo imputato nel processo all’ex presidente sui documenti top secret conservati impropriamente e nascosti all’Fbi. De Oliveira ha 56 anni, lavora da molto tempo nella villa e nel golf club in Florida, ha fatto molte cose, dal parcheggiatore al guardiano, ha imparato a giocare a golf, e dal gennaio del 2022 è diventato il manager della proprietà: è in questo ruolo che potrebbe aver commesso il crimine di cui è accusato da giovedì, quando lo special counsel Jack Smith ha indicato tre nuovi capi di accusa contro Trump riguardo a uno dei processi in corso, quello appunto sui documenti secretati che l’ex presidente ha tenuto a Mar-a-Lago dopo essere uscito dalla Casa Bianca, negando di averli con sé. L’ex presidente, il suo collaboratore Walt Nauta (che come il suo capo si è dichiarato non colpevole) e ora De Oliveira sono accusati di aver tentato di “alterare, distruggere, manomettere o nascondere le prove”, di aver indotto qualcun altro a farlo, e c’è un nuovo capitolo relativo all’Espionage Act perché Trump avrebbe mostrato un documento riservato sulla sicurezza nazionale ad alcuni ospiti nel suo golf club in New Jersey, a Bedminster.  Il materiale che si va cercando sono i filmati delle telecamere interne di Mar-a-Lago che erano stati richiesti dalle autorità il 24 giugno del 2022. Il 27 giugno, tre giorni dopo, De Oliveira è andato, dice il documento di Smith, dal responsabile della sicurezza della villa e gli ha detto di seguirlo. Sono andati in una piccola stanza tra le due sale dei ricevimenti, la Bianca e la Oro. 

 

De Oliveira ha detto che “il boss” voleva che fosse cancellato ogni filmato dai server. Gli ha anche chiesto quanto tempo i filmati rimanevano sul server, 45 giorni gli ha risposto il tecnico, spiegandogli anche di non essere sicuro di essere in grado di fare la cancellazione né che fosse legale farlo. De Oliveira poi ha parlato e ha scritto messaggi sia a Nauta sia a Trump per trovare una soluzione – Nauta era in missione “segreta” a Mar-a-Lago, si era sistemato in un cottage e non nella villa principale e incontrava De Oliveira “nei boschi”. Non sappiamo se i filmati sono stati interamente distrutti, ma nel gennaio scorso De Oliveira aveva risposto di “no” agli agenti che gli avevano chiesto se avesse avuto a che fare con gli scatoloni di documenti riservati poi rinvenuti e fotografati e in un’altra conversazione con Nauta aveva assicurato fedeltà e segretezza, anche quando gli è stato detto: ok, ora è il momento di trovarti un avvocato. Trump ha sempre negato di essere a conoscenza di questi scatoloni né del loro contenuto, ma nell’indagine c’è un’intercettazione in cui l’ex presidente dice di avere dei documenti con sé riguardo a un’operazione militare in un paese straniero che vorrebbe tanto rendere pubblici ma che non può farlo perché sono, appunto, riservati. Con queste nuove scoperte sembrano esserci più prove del tentativo di Trump e dei suoi collaboratori di ostruzione alla giustizia. De Oliveira è un nuovo imputato e molti dicono che potrebbe decidere di collaborare.

 

Giovedì i legali di Trump hanno incontrato il team di Jack Smith riguardo a un’altra inchiesta, quella più politicamente rilevante perché riguarda l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, e quindi il tentativo di Trump di ribaltare l’esito delle elezioni presidenziali del 2020, vinte da Joe Biden. Secondo molti giornalisti, le accuse riguardo a questa inchiesta potrebbero essere annunciate molto presto, e i legali di Trump sono usciti dall’incontro con gli inquirenti ben poco rassicurati. L’ex presidente e i suoi sostenitori dicono che la caccia alle streghe si fa soffocante e stanno facendo di tutto per collegare questo presunto accanimento alla volontà dei democratici di togliere i riflettori da Hunter Biden, figlio del presidente, e dai suoi guai con la giustizia – nella loro propaganda non dicono mai ovviamente che per quanto Hunter possa aver commesso dei reati, non ha alcun incarico istituzionale. Il Partito repubblicano, ostaggio del trumpismo, si dimena: se John Bolton, che ha lavorato alla Casa Bianca di Trump, chiede all’ex presidente di ritirare la sua candidatura per le presidenziali, gran parte dei trumpiani sostiene che questo accanimento fa molto bene alla campagna elettorale, perché gli elettori si stanno compattando in difesa di Trump, vittima di un complotto giudiziario orchestrato dai democratici. I repubblicani si tormentano: non hanno un candidato forte come Trump, non hanno preso le distanze dai fatti del 6 gennaio, hanno lasciato anzi che quell’assalto diventasse il mito fondativo del post trumpismo e che una fetta di elettori  si convincesse che Biden sia un impostore.

 

La resa dei conti rischia di essere brutale e dal tempismo efferato, visto che a gennaio iniziano le primarie e alcune date dei processi sono state fissate durante questa fase elettorale: questo continuo intrecciarsi tra la determinazione della giustizia e i tentennamenti dei repubblicani mostra quanto poco abbia voluto fare il mondo conservatore per prendere le distanze da Trump e ricostruirsi una nuova identità. Bill Kristol, che è un conservatore anti trumpiano, dice: “Jack Smith ha fatto più per la democrazia americana in otto mesi che il Partito repubblicano in otto anni”. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi