la discussione
L'Unione europea, (piccola) potenza finanziaria
Ha un mercato unico e una moneta unica ma il suo bilancio è di proporzioni molto modeste: che fare? Dialogo tra un Europeista e un Nazionalista
Il bilancio pubblico è “lo scheletro dello Stato spogliato di tutte le fallaci ideologie”, ha scritto – sotto l’influenza della cameralistica tedesca – il grande sociologo austriaco Rudolph Goldscheid, secondo il quale una sociologia dello Stato deve muovere dallo studio della finanza pubblica. Possiamo aggiungere che, se questo vale per lo Stato, vale per ogni potere pubblico generale, quindi anche per l’Unione europea. Questa è riuscita a costituire un mercato unico, a creare una moneta unica, a sviluppare un unico corpo di regolazioni e di regolatori, ma non ha un vero e proprio scheletro, perché il suo bilancio è di proporzioni molto modeste. Quindi, approva regolamenti e emana direttive, ma gestisce poche entrate e poche spese; poche in relazione alle sue dimensioni. Questo argomento è diventato ora rilevante, perché la asimmetria tra le altre funzioni e quelle che si realizzano attraverso il bilancio è diventata cospicua. Sentiamo, quindi, l’opinione di un nazionalista e di un europeista su questo argomento.
Nazionalista. Non c’è dubbio che l’Unione europea sia un potere pubblico generale zoppo. Non ha capacità comune di investimento. E’ un’anomalia sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista comparativo perché non ci sono stati nel passato poteri pubblici generali privi dell’arma del bilancio. Non solo gli stati, ma anche gli imperi, anche le federazioni, si sono sempre dotati di una propria capacità impositiva e di una propria capacità di spesa, quella capacità che l’Unione europea non ha.
Europeista. Concordo con la diagnosi: c’è una forte asimmetria tra l’Unione-mercato comune, l’Unione monetaria, l’Unione delle regole, da un lato, e il nanismo finanziario dell’Unione europea. Se nel bilancio si riconosce un potere pubblico, devo ammettere che l’Unione europea è un potere pubblico di dimensioni molto ristrette.
Nazionalista. Questa anomalia dell’Unione europea è ancora più grande se si considera l’opera dei grandi studiosi di scienze politiche che hanno studiato il bilancio. Questi hanno riconosciuto che il bilancio è un contratto e comporta delle scelte, nonché la traduzione di risorse in obiettivi. Basta rileggere l’opera capitale di Aaron Wildavsky, “The politics of the budgetary process”, pubblicata da Little, Brown and Company (Boston) in una prima edizione del 1964 e in una seconda edizione del 1974. Wildavsky ha sottolineato il carattere incrementale del bilancio, perché il suo fattore più importante è il bilancio dell’anno precedente, così come ha illustrato le discrepanze tra bilancio e spesa effettiva, da lui definita “underspending”. Tutto questo è molto lontano dalla realtà europea, perché l’Unione è sempre alle prese con il mercato, la concorrenza, gli aiuti di Stato, le regolazioni di settore, i rapporti con gli stati.
Europeista. Ma, sotto la pressione dell’urgenza e dell’emergenza, sono stati fatti passi avanti. L’Unione è diventata acquirente unico dei vaccini. Ha creato un fondo per il mercato del lavoro (Sure). Ha destinato 750 miliardi al “Next generation Eu” per la transizione climatica e digitale. Tutto questo comporta la devoluzione di altro potere all’Unione, in particolare con riguardo al clima e alla difesa, materie sulle quali l’azione statale sarà ridotta, d’ora in poi, a favore di quella europea.
Nazionalista. Queste sono soluzioni provvisorie, adottate sotto la pressione della crisi, prima quella sanitaria, poi quella bellica, infine quella energetica.
Europeista. La Commissione europea ha avviato due procedure che dovrebbero concludersi ambedue alla fine del 2023. L’una relativa al Patto di stabilità e crescita, cioè ai vincoli disposti in sede europea, che gravano sul bilancio dei 27 stati. L’altra procedura relativa al bilancio dell’Unione. Riconosco che le espressioni gergali che vengono utilizzate per questa seconda procedura sono poco chiare. L’espressione capacità fiscale sembra riferita esclusivamente al potere impositivo dell’Unione europea. L’espressione beni comuni europei sembra riferita esclusivamente al patrimonio immobiliare. La prima, in realtà, si riferisce alla capacità di bilancio, cioè di entrata (fiscale o di debito) e di spesa e l’altra espressione si riferisce a nuove funzioni comuni. Un’altra difficoltà è costituita dal fatto che, mentre i bilanci degli stati hanno durata annuale, l’Unione europea ha un bilancio settennale, che copre ora tutto il periodo che va dal 2021 al 2027.
Nazionalista. Non è solamente questo l’aspetto debole dell’Unione Europea. C’è anche l’aspetto dimensionale. Il bilancio di previsione dell’Unione per il 2019 era di 148 miliardi. Per il 2023 di poco più di 186 miliardi. Il bilancio è alimentato da dazi doganali sulle importazioni da paesi terzi, da una percentuale dell’imposta Iva riscossa dello Stato, da una percentuale dell’imposizione sul reddito degli stati membri, e da altre minori entrate. Il bilancio europeo è lillipuziano: basta notare che esso ha dimensioni non lontane da quello della Danimarca ed è un settimo del bilancio della Francia. Anche per le destinazioni, la gamma delle funzioni è limitata: per un terzo è destinato alle politiche di coesione, per un altro terzo alle politiche ambientali e delle risorse naturali.
Europeista. E’ proprio su questa debolezza che si innesta la richiesta di aumentare il bilancio di 66 miliardi, con un carico, per l’Italia, di 8,5 miliardi. La Commissione ha presentato un progetto per risorse addizionali da destinare a vecchi e nuovi programmi di investimento nelle tecnologie innovative e per il clima, finanziando programmi europei, non programmi nazionali. In questo senso, va la proposta del 20 giugno 2023, fondata sull’articolo 311, terzo comma, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per assicurare risorse proprie e nuove fonti di reddito all’Unione.
Nazionalista. Anche con questi finanziamenti aggiuntivi l’Unione europea presenta uno squilibrio, perché le risorse che potrebbero pervenire dal debito comune, oppure da un’imposizione fiscale comune sono di dimensioni molto ridotte rispetto alle dimensioni raggiunte dall’Unione come organo di regolazione, dall’Unione come centrale di controllo della finanza, dall’Unione come spazio con una moneta unica.
Europeista. Non va considerato soltanto l’aspetto dimensionale, va anche considerato quello funzionale. In questo senso è importante quello che ha detto a Cambridge (Massachusetts), recentemente (11 luglio 2023), Mario Draghi, nella lezione fatta in onore di Martin Felstein. Aggiungo che il potere di bilancio potrebbe attenuare le differenze tra i due pilastri dell’Unione europea e contribuire ad attenuare anche le tensioni esistenti tra i due volti dell’Unione europea, quello sovranazionale e quello intergovernativo.
Nazionalista. Ritorno al tema dal quale abbiamo preso le mosse. Filippo Cavazzuti, nella “voce” Bilancio pubblico” della “Enciclopedia delle scienze sociali” della Treccani (1991), ricordava che per Joseph Schumpeter “la storia fiscale di un popolo è una parte essenziale della sua storia generale: un’enorme influenza sul destino dei popoli emana dal salasso economico che è imposto dai bisogni dello Stato, e dal modo come sono usati i suoi risultati”. Così, anche per Antonio De Viti De Marco il bilancio pubblico “è fattore di primissima importanza nelle vicende storiche dei popoli; senza comprenderlo e tenerne conto, si può fare la storia descrittiva e drammatica delle guerre e delle rivoluzioni, ma non se ne dà la spiegazione. Per esempio non si spiegherebbe il contenuto economico e tributario, da lungo tempo preparato, della Rivoluzione francese; non si spiegherebbero le lotte tenaci e secolari sostenute in Inghilterra dal popolo [...] contro la corona per la conquista del regime rappresentativo; non si spiegherebbe la lotta tra l’autorità laica e il Vaticano per le temporalità, consistenti in gran parte in privilegi tributari; non si comprenderebbe la guerra di indipendenza degli Stati Uniti, dichiarata al grido: ‘No taxation without representation’”. Da questo punto di vista, questi tre quarti di secolo di vita dell’Unione europea sembrano essere passati senza una storia.
Europeista. Errore. Dopo la falsa partenza della Comunità europea di difesa, che cercava di mettere insieme il nucleo duro degli stati nazionali, le forze militari, apparve chiaro ai “padri fondatori” che non si poteva tentare di nuovo partendo dal cuore dello Stato, il bilancio. E’ questo il motivo per il quale la difficoltà venne aggirata e si cominciò con i mercati, poi con le regolazioni, poi con la moneta, poi con la finanza privata. Si trattava di aggirare la “parte dura” degli stati, per spingerli verso l’unione. Ora, diverse circostanze rendono possibile il fatto di “aggredire” difesa e bilancio spingendo verso un mix di coordinamento e di devoluzione e facendo quindi fare all’Unione europea un grosso passo avanti.