conflitto lungo

Cosa fanno gli oligarchi russi durante la guerra

La Russia ha ancora la capacità di colpire, come dimostra l'attacco a Kryvyi Rih, ed è convinta di poter continuare a lungo

Micol Flammini

Un'indagine di Proekt svela che più che allontanarsi dal Cremlino, i miliardari hanno imparato a fare affari con il conflitto. Putin crede di avere dalla sua parte il tempo e anche gli uomini d'affari più importanti del paese

Dopo cinquecentoventitré giorni di attacchi, la Russia è ancora in grado di colpire e ieri mattina ha lanciato due missili contro Kryvyi Rih,  che tra le varie peculiarità e primati (è la città più lunga d’Europa), è anche il luogo di nascita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. I missili hanno centrato  un edificio scolastico e  un condominio in cui non si svolgeva niente di diverso dalle comuni attività quotidiane, nulla di militare, solo le  mansioni mattutine della vita civile. I feriti sono più di quaranta, i morti cinque, tra le fiamme e le macerie si cercano superstiti e non. La capacità di Mosca di colpire non si è ridotta: lancia, ferisce e uccide, ha una preferenza per gli snodi delle attività economiche, come i porti, per le infrastrutture energetiche, come le centrali elettriche, e ormai i condomini colpiti riempiono  una lista che si allunga ricordando   come questa non sia una guerra per prendere l’Ucraina, ma una guerra contro gli ucraini. E  il Cremlino non ha intenzione di fermarsi. Ha  la convinzione che più  sarà lunga più il tempo, che non tradisce mai i russi, così pensano al Cremlino, sarà d’aiuto. E poi ci sono le ragioni pratiche che spingono Vladimir Putin a pensare di potersi ancora permettere la guerra, come un sistema di potere fatto per autoalimentarsi, anche quando appare indolenzito, esautorato. Il sito di inchiesta Proekt, che  ha svolto indagini   su  Putin, ricostruendo la carriera, gli amori e le ville, è andato a studiare cosa fanno gli oligarchi durante la guerra. E ha trovato una risposta: collaborano. 

 

Quasi la metà dei miliardari russi aiuta la Russia a portare avanti la guerra contro l’Ucraina, è impegnata nella produzione di armi, nell’importazione di materiali sanzionati o nell’integrazione dei territori occupati. Scrive  Proekt che sono ottanta dei duecento uomini più ricchi della Russia, secondo la rivista Forbes, ad aiutare il Cremlino. Alcuni di loro non parlano da ormai un anno e mezzo, fanno attenzione a non farsi vedere assieme a Putin, ma nei fatti portano avanti gli stessi interessi. Molti di loro sono stati attenti a non partecipare alla riunione del 24 febbraio del 2022, quando il presidente russo radunò gli oligarchi dopo aver dichiarato la guerra totale: l’assenza di tanti creò un alone di isolamento attorno al presidente. Mettendo in fila i volti, i nomi, gli interessi economici, le sanzioni, Proekt ha ricostruito il mondo dell’oligarchia russa e dimostra come finora non abbia avuto ripensamenti  rispetto ai suoi rapporti con il potere, che in questi anni di regime putiniano sono cambiati molto. Per tenerli dalla sua parte, il Cremlino ha offerto contratti con le industrie della Difesa, con l’esercito, con le possibilità di ricostruzione nei territori ucraini annessi illegalmente. Così i miliardari che dovrebbero rimpicciolire il potere di Putin, trangugiarlo, sono invece diventati parte della guerra e non soltanto con il loro silenzio, anche con i loro affari: su un carro armato Bmd-4m fanno affari otto miliardari russi.  

 

 

Proekt chiama questi oligarchi “i cani della guerra”, un termine che li mostra come esecutori, rinnovando il   patto tacito con il presidente russo che li ha spinti a occuparsi di soldi, senza porre loro alcun limite economico, e tenendoli lontani dalla politica: un patto che  dà sicurezza nel poter affermare che se viene giù lui, Putin, vengono giù anche loro, gli oligarchi. Secondo l’inchiesta, anche Mikhail Fridman,  imprenditore nato a Leopoli  che si è espresso contro la guerra, in realtà parteciperebbe alla spartizione delle ricchezze almeno dal 2014. 

 

Con gli oligarchi schierati dalla sua parte, con le nuove leggi che permettono di arruolare fino a 5 milioni di russi, con nuove norme che sembrano consentire una mobilitazione generale senza indirla apertamente, Mosca continua a corteggiare il tempo e la guerra lunga.  

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)