a Copenaghen
Sull'islam anche la Danimarca preferisce la sicurezza alla libertà
Nel paese delle vignette si accende il dibattito sul Corano. Si parla di una legge per proteggere il libro sacro dell'islam. Ma il rischio ulteriore è il ripetersi di ciò che avvenne al Jyllands-Posten dopo le caricature pubblicate nel 2006
“In Danimarca e in tutto l’occidente la gente preferisce la sicurezza alla libertà”. Così Flemming Rose, il giornalista danese che nel 2006 commissionò le vignette su Maometto. E ancora una volta, Copenaghen è teatro del caos sulla libertà di dissacrare l’islam, con i provocatori che hanno bruciato il Corano davanti alle ambasciate della città. Il quotidiano Politiken, il più importante del paese, si è opposto al possibile divieto dei roghi del libro sacro dell’islam: “Bruciare il Corano non dovrebbe essere vietato”. “Le immagini del Corano in fiamme sono ripugnanti. Ma non dobbiamo cambiare la nostra legislazione perché alcuni regimi dispotici – che non hanno il minimo rispetto nemmeno per i diritti umani più elementari – minacciano gli interessi di esportazione delle imprese”.
Dalla Francia interviene Charlie Hebdo: “La pratica è piuttosto rabbrividente ed è difficile associarla a qualsiasi diritto o principio democratico. Quando però, nel 2019, nella provincia canadese dell’Ontario, una trentina di scuole avevano organizzato ‘cerimonie di purificazione con il fuoco a scopo didattico’ di libri ritenuti ‘offensivi’, tutti i ‘progressisti’ del paese – il primo ministro, Justin Trudeau, in testa – lo aveva trovato selvaggiamente inclusivo… Ciò che quindi genera tanti commenti qui non è il fatto che stiamo bruciando un libro, ma che stiamo bruciando il Corano. Se qualche pazzoide si piantasse davanti alla casa natale di Karl Marx per bruciare ‘Il Capitale’, nessuno a sinistra alzerebbe un sopracciglio. Brucia una pagina del Corano, ed eccola in subbuglio, che grida all’islamofobia e all’odio. E con essa governi, dignitari politici e religiosi, intellettuali, folle manipolate ai quattro angoli del pianeta. Il Corano è l’unico libro che, divampando a Stoccolma, accende incendi in Turchia, Iraq, Iran, Pakistan, Arabia Saudita, Kuwait, Emirati arabi uniti, Indonesia, Marocco, Egitto, Siria… E tutta la terra smette di respirare”.
Ma alla posizione di principio di Politiken non sembra però credere davvero qualcuno, mentre si parla di una legge a protezione del Corano. Basta vedere la fine che hanno fatto i protagonisti delle vignette danesi del 2006. Carsten Juste, che da direttore del giornale danese Jyllands-Posten pubblicò le vignette su Maometto, ha chiesto scusa e lasciato il giornalismo. Rose, il redattore che commissionò le caricature, ha visto i Talebani offrire una taglia a chi lo ucciderà, ha rassegnato le dimissioni e pubblicato un libro dal titolo eloquente: “La tirannia del silenzio”. Kurt Westergaard, il vignettista della più famosa delle caricature, è morto nella sua casa-bunker dove hanno cercato di assassinarlo.
Circondata da una barriera di filo spinato, sbarre, lastre metalliche e telecamere che circondano per un chilometro il giornale, la redazione del Jyllands è protetta dallo stesso meccanismo delle chiuse dei fiumi. Si apre una porta, entra una macchina, la porta si richiude e si apre quella di fronte. Numerosi dipendenti del quotidiano hanno dovuto lasciare il giornale a causa dello stress psicologico. I loro colleghi in questi giorni non se la sono sentita di difendere la libertà. “Il benessere dei dipendenti e dell’azienda è al di sopra del prezioso principio della libertà di espressione”, annunciò due anni fa il Jyllands-Posten per non voler ripubblicare le caricature del Profeta dell’islam nei giorni in cui Charlie Hebdo le ripropose in prima pagina. “Osiamo essere onesti: è troppo pericoloso. La decisione si basa sulla paura di ciò che potrebbe accadere”. Come biasimarli?