Negli Stati Uniti
Il caso Trump riguarda anche noi. Un disastro di portata mondiale
L’eventualità di una grottesca rielezione di The Donald costringerebbe l’Europa, impegnata nella sua guerra a est, in una dialettica delle autocrazie
Tutti abbiamo visto come sono andate le cose. Prima delle elezioni che ha perso, novembre 2020, Trump ha detto chiaro e tondo che non avrebbe necessariamente riconosciuto il risultato del voto, se sfavorevole, poi ha detto che non lo riconosceva e ha trattato da felloni e traditori tutti i suoi collaboratori e i funzionari da lui nominati, a partire dal suo vice eletto con lui nel ticket presidenziale, per avere contraddetto la sua bugia, infine ha cercato di prevalere, senza il minimo successo, nelle corti e alla Corte suprema, e il 6 gennaio ha spronato la folla impazzita dei suoi sostenitori a dare l’assalto al Congresso per bloccare le procedure dell’elezione di Joe Biden. Un tentato golpe in piena regola, sebbene raffazzonato come tutto quello che Trump fa o cerca di fare, e sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Ora la persecuzione in giudizio, legalitaria e meticolosa, la giudica roba da Germania nazista o da Unione sovietica stalinista, e conta di farsi rieleggere con una campagna contro la democrazia americana e le sue regole legali. Grottesco.
Il problema è che una minoranza agguerrita di cittadini americani gli crede o dice di credergli, se ne fotte della tradizione costituzionale risalente ai Padri della patria, vuole sovvertire il sistema e rimpiazzarlo con un caudillismo sudamericano. La sociologia offre le sue spiegazioni. E il cuore ha ragioni che la ragione non conosce. Ma la crisi della democrazia americana, che esercita una difficile leadership sull’occidente di fronte alle sfide autocratiche della Russia e, defilata ma presente, della Cina, è tutta lì. Le previsioni accreditate dicono che Trump è facilitato tra i repubblicani dalle accuse in giudizio che lo riguardano, e dai fatti evidenti che ha prodotto con il suo comportamento prima di ogni giudizio legale eventuale, ma la presa della Casa Bianca non sarebbe alla sua portata, contro Biden, più di quanto non lo sia stata nel 2020. Però non si può escludere. Biden ha ottant’anni. Un candidato di disturbo con il nome dei Kennedy potrebbe fare lo sporco mestiere di farlo perdere. L’economia tira, ma la guerra in Europa è destinata a risultare progressivamente più impopolare, con i suoi alti costi e rischi. La catastrofe di una rielezione di Trump non si può del tutto escludere.
La Repubblica americana ha mostrato di avere risorse fantastiche, è riuscita a superare una crisi annidata nel suo vertice istituzionale, non è chiaro se e come reggerebbe a una nuova prova di quell’entità. Per noi europei e italiani sarebbe un disastro di proporzioni inaudite. La vecchia Europa democratica si ritroverebbe stretta in una dialettica delle autocrazie, più o meno dissimulate. Il suffragio universale diretto, di cui si riparla anche a proposito delle istituzioni nazionali, per correggere l’asse rappresentativo della Repubblica parlamentare, si trasformerebbe nello instrumentum regni delle peggiori oligarchie demagogiche che rimpiazzano le democrazie di massa. Il caso Trump ha valore mondiale, riguarda direttamente la guerra in corso nell’est europeo, è una alterazione potenziale dell’asse del mondo così come è uscito dall’ultimo conflitto mondiale.
Dalle piazze ai palazzi