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Esplode una fabbrica in Russia, tra panico, munizioni e sciatteria

Micol Flammini

Un impianto che produce materiale ottico anche per l'esercito è esploso. I media russi avevano parlato di un attacco di droni, le autorità hanno smentito: è stato un errore umano legato a una fabbrica di fuochi d'artificio. Se così fosse non sarebbero soltanto le incursioni ucraine il problema del Cremlino

Allontanarsi dai confini, come sta accadendo nella regione di Belgorod, e contemporaneamente rafforzarli, come ha detto di voler fare il ministro della Difesa Sergei Shoigu, è la soluzione della Russia per garantire la sua sicurezza. I combattenti russi che sono contrari al Cremlino e collaborano con Kyiv oggi hanno rivendicato una nuova incursione, il governatore di Belgorod ha detto che ci sono feriti e che una granata è stata lanciata su un asilo, adesso in tutta la regione è entrato in vigore il regime antiterrorismo. Shoigu invece ha promesso rinforzi, manderà soldati e mezzi anche ai confini con la Finlandia e alla frontiera tra Kaliningrad e la Polonia, le due nazioni della Nato che stanno rafforzando le loro difese. Si pensa a proteggersi, a tenere il fronte e chiudere i confini. Il problema di sicurezza della Russia non sono soltanto le sue frontiere così permeabili, ma è soprattutto la capacità degli attacchi ucraini di penetrare dentro al territorio russo a preoccupare il Cremlino.

 

 

Oggi c’è stata un’esplosione potente in una fabbrica di apparecchiature ottiche nella regione di Mosca, quindi in un impianto legato alla Difesa, e più di trenta persone sono rimaste ferite. La causa rimane sconosciuta, i media russi avevano prima parlato di droni, la testata The Insider ha rilevato la presenza di minizioni nei pressi dello stabilimento, poi le autorità hanno detto che si è trattato di un errore umano, di un deposito di fuochi d'artificio situato dentro all'impianto Zagorski a Sergiev Posad che produce apparecchiature militari che servono a missili, aerei, telescopi, occhiali per la visione notturna, mirini per carri armati. In pochi credono a questa versione, e se davvero una fabbrica di fuochi d'artificio fosse stato posta dentro a una fabbrica di materiale bellico, la decisione denuncerebbe una certa sciatteria. Le esplosioni diventano sempre più frequenti in Russia, e anche se quest’ultima è ancora da verificare, lo scoppio è bastato per far pensare ai russi che si trattasse di un attacco o di un nuovo incendio in un ufficio di reclutamento. Mosca non riesce a fermare la guerrra che da sola si è portata in casa, come non può fermare la decisione di Joe Biden di dare il via libera all’invio dei caccia F-16. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)