L'intervista
La crisi in Niger e la fine della Françafrique. Parla il giornalista Malbrunot
"Un intervento militare sarebbe controproducente, perché disorganizzerebbe le forze nigerine, romperebbe le cooperazioni anti terrorismo tra Niger e Nigeria contro Boko Haram e farebbe il gioco dei jihadisti”, spiega la firma storica del Figaro, veterano degli inviati di guerra francesi
Parigi. “Un intervento militare sarebbe controproducente, perché disorganizzerebbe le forze nigerine, romperebbe le cooperazioni anti terrorismo tra Niger e Nigeria contro Boko Haram e farebbe il gioco dei jihadisti”. Georges Malbrunot, veterano degli inviati di guerra francesi, esperto di medio oriente e di Africa e firma storica del Figaro, mette in luce i rischi di un possibile intervento delle Forze armate a Niamey per allontanare la giunta militare del generale Abdourahmane Tchiani, autore del colpo di Stato del 26 luglio, e riportare al governo il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum. “Anche se il Niger, rispetto al Mali e al Burkina Faso, è meno colpito dal jihadismo, un’operazione militare gioverebbe ai gruppi jihadisti in ascesa nel Sahel da diversi anni, dallo Stato islamico nel Grande Sahara (Sigs), ai gruppi locali affiliati ad Al Qaida riuniti nel Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin (Jnim, Gruppo di supporto per l’islam e i musulmani), fino a Boko Haram”, spiega al Foglio Malbrunot. Le milizie jihadiste approfitterebbero della disorganizzazione delle Forze armate nigerine occupate a lottare contro le forze dell’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) per fagocitare nuove porzioni di territorio nel Sahel.
“Un intervento militare frenerebbe in maniera considerevole anche le operazioni di raccolta di informazioni da parte dell’intelligence attualmente in corso e le azioni portate avanti nella regione dalle forze francesi e americane in ottica anti terrorismo”, secondo Malbrunot. Ma qual è il piano francese per risolvere la situazione in Niger? “Parigi non ha un piano”, afferma Malbrunot, prima di aggiungere: “Contava sul Niger come partner efficace nella lotta anti terrorismo. Ma ora che ha perso questo alleato prezioso nel Sahel si ritrova in una situazione molto complessa: accusata di colonialismo e ingerenze dalla nuova giunta e costretta a fare delle scelte nei prossimi mesi per rifondare la sua politica africana. La volontà di Macron è quella di voltare la pagina della Françafrique, ma allo stesso tempo mantenere e proteggere un certo numero di interessi francesi”.
Venerdì scorso, Malbrunot ha pubblicato sul suo account Twitter un retroscena sul golpe in Niger. “Poche ore prima del colpo di Stato, la Dgse (l’intelligence esterna francese, ndr) ha consigliato al governo francese di dispiegare dei membri delle forze speciali nel palazzo presidenziale a Niamey, ma la risposta è stata ‘no, verrà interpretato come colonialismo, non possiamo restare nella Françafrique’”, ha raccontato Malbrunot, citando due fonti vicine al dossier Niger. “L’opzione della Dgse era quella di mettere in sicurezza il palazzo. Ma i diplomatici hanno risposto: ‘Ci saranno delle rivolte in città’. Macron non è contento della Dgse perché non ha avuto anticipazioni. Ma l’avevamo avvertito dicendogli ‘è questa notte, ma bisogna muoversi subito con dei militari francesi’. Non voleva”, hanno raccontato le due fonti. “Quanto sta accadendo in Niger è un nuovo episodio di declassamento della Francia in Africa. Ed è un fallimento che potrebbe annunciarne altri, in Costa d’Avorio e in Senegal”, dice al Foglio Georges Malbrunot, autore assieme a Christian Chesnot dell’inchiesta “Le Déclassement français: Elysée, Quai d’Orsay, Dgse: les secrets d’une guerre d’influence stratégique”. “La Francia all’inizio è stata forse un po’ maldestra mostrandosi estremamente dura nei confronti delle nuova autorità nigerine e sventolando la minaccia di un intervento militare”, afferma Malbrunot, secondo cui “l’idea privilegiata da Parigi, ora, è quella di rifugiarsi dietro l’Ecowas, fornendo un aiuto logistico ma senza apparire come soggetto coinvolto”. Sulla risoluzione del dossier Niger da parte dell’Ecowas, “gli esperti hanno parecchi dubbi perché ha delle capacità limitate di intervento”, dice Malbrunot. “Anche se hanno i mezzi aerei, ci sarà comunque bisogno del supporto logistico francese e americano”, sottolinea il giornalista del Figaro. E un eventuale supporto franco-americano potrebbe comunque provocare “tensioni interne, con accuse ai dirigenti dei paesi dell’Ecowas di essere ‘un mero strumento a servizio delle potenze neocoloniali occidentali’”.
Il dilemma “médiation-intervention” potrebbe essere risolto entro questa settimana, forse già oggi in occasione di una riunione straordinaria dell’Ecowas ad Abuja, in Nigeria. Martedì sera, intanto, è nato il Consiglio di Resistenza per la Repubblica, finalizzato a ripristinare con “tutti i mezzi necessari” il presidente eletto Bazoum, secondo le parole della figura storica dell’ex ribellione Tuareg degli anni Ottanta-Novanta e ministro dell’amministrazione deposta Rhissa Ag Boula. Per Malbrunot, la posizione di Italia e Germania, che chiedono di prorogare la scadenza dell’ultimatum dato dall’Ecowas alla giunta militare e privilegiare l’approccio diplomatico, è quella da seguire: “E’ la pista del realismo e della prudenza, perché un intervento aggraverebbe la situazione”.
Dalle piazze ai palazzi