Joe Biden (Ansa)

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Gli Stati Uniti sono indietro sulla cybersicurezza, Biden l'ha capito e ha scelto un marine

Luciana Grosso

Il presidente ha avviato un nuovo dipartimento che si occuperà di sicurezza e di diplomazia digitale, per attirare nell’orbita informatica americana più paesi possibile. Il compito è stato affidato a Nathaniel Fick, che dovrà recuperare il tempo perduto e affrontare le tensioni con la Cina anchein questo campo

Quando la Casa Bianca avviò il suo primo ufficio completamente dedicato alla sicurezza e alla politica informatica era il  2011, Barack Obama era presidente e Hillary Clinton segretaria di stato. La ragione dell’avvio di quell’ufficio l’aveva spiegata nei particolari proprio quest’ultima in un discorso all’università George Washington: “Internet  è diventato lo spazio pubblico del 21esimo secolo: la piazza, l’aula, il mercato, il caffè e la discoteca del mondo. Tutti noi modelliamo e siamo modellati da ciò che accade lì. E questo rappresenta una sfida. Per mantenere un Internet che offra i maggiori benefici possibili al mondo, dobbiamo avere una conversazione seria sui princìpi che ci guideranno, quali regole esistono e non dovrebbero esistere e perché, quali comportamenti dovrebbero essere incoraggiati o scoraggiati e come”. Nonostante già nel 2011 tutte le ragioni per fissare delle regole condivise per le reti informatiche fossero già evidenti, di fatto l’ufficio non ebbe un ruolo strategico. Obama e Clinton ci puntavano sì, ma ancora non era chiaro per farci cosa. 

Poi, la presidenza Obama è finita, è arrivato Donald Trump, e l’ufficio per la cybersicurezza è stato smantellato. Era chiaro che farlo fosse un errore, ma  faceva parte delle politiche trumpiane volte a sminuire i sospetti, e poi le conferme, di hackeraggio del sistema americano da parte di Mosca: il Russiagate, sosteneva la Casa Bianca di Trump, non esisteva. Per cui tutta la questione cybersicurezza era una cosa da paranoici. Anzi: per dimostrare la solidità della sua teoria e l’efficacia della sua pratica, per alcuni giorni e alcuni tweet, l’ex presidente arrivò persino a ipotizzare l’idea (poi naufragata) di avviare un’agenzia per la cybersicurezza in partnership con Mosca.

Poi anche il mandato di Trump è finito, la Russia ha iniziato la sua guerra, molto analogica, contro l’Ucraina e continuato quella digitale contro tutto l’occidente. In questo quadro, dunque, riveste una particolare importanza la decisione della Casa Bianca di Joe Biden non solo di avviare un nuovo Bureau of Cyberspace and Digital Policy, ma di potenziarlo e renderlo più efficace e presente. L’obiettivo del nuovo dipartimento non è tanto e non è solo quello della cybersicurezza. Quanto quello della cyberdiplomazia, che in buona sostanza significa lavorare su due fronti: uno è quello dei tavoli per la scrittura di regole condivise sull’uso strategico delle reti, l’altro è quello di inserire nell’orbita delle infrastrutture di sicurezza informatica americana  più paesi possibile. L’idea è semplice:  più paesi si affideranno alle infrastrutture informatiche americane, meno ricorreranno a quelle russe e soprattutto cinesi.

A guidare il nuovo ufficio è dallo scorso autunno Nathaniel Fick, ex marine che scrisse, dopo il suo congedo, il memoir sulla guerra in Iraq e Afghanistan “One Bullet Away: The Making of a Marine Officer”. Il Financial Times ha di recente dedicato un lungo ritratto a Fick, nel quale racconta che il suo lavoro dovrà consistere non soltanto nel riparare le falle presenti già oggi nei sistemi informatici, ma soprattutto nel recuperare il tempo perduto, quello in cui gli Stati Uniti  erano ancora convinti che il loro vantaggio nei confronti del resto del mondo fosse incolmabile.

“La transizione di carriera di Fick è il simbolo di cambiamenti geopolitici più ampi. I diplomatici occidentali – scrive Financial Times – stanno correndo per comprendere le implicazioni di un mondo in cui Internet ora rischia di trasformarsi in un luogo per battaglie geopolitiche. Durante la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione sovietica, i diplomatici americani davano per scontato che avessero bisogno di imparare il linguaggio della proliferazione nucleare. Ora che si tratta di affrontare le tensioni tra Stati Uniti e Cina, occorre imparare il linguaggio dell’intelligenza digitale e artificiale”. Sono trascorsi decenni, il nemico è cambiato, ma la tattica, con strumenti nuovi, è sempre la stessa – correre verso armi più potenti di quelle degli altri e tessere alleanze più solide di quelle degli altri – e per farlo è stato scelto un marine.

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