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L'analisi

La pace secondo Pechino. Trovare un equilibrio tra pacifismo e revisionismo

Mark Leonard e Alicja Bachulska

Quattro lezioni su come Xi Jinping vede la guerra in Ucraina: Mosca non merita più lo status di grande potenza, ma nonostante molte voci critiche in Cina, la visione comune di un ordine mondiale alternativo rimane più forte

Cosa pensa davvero la Cina dell’Ucraina? Questa domanda è stata un chiodo fisso per gli ucraini – e per i loro sostenitori in occidente – fin dall’inizio dell’invasione russa. Alcuni speravano di poter ottenere qualche risposta durante il Forum mondiale della pace (Wpf) tenutosi lo scorso luglio a Pechino. Questo evento annuale è stato inaugurato alla prestigiosa Università Tsinghua dall’allora vicepresidente Xi Jinping, nel 2012, per dimostrare che la Cina può dare un contributo alla risoluzione dei problemi legati a guerra e pace a livello globale. Gli osservatori occidentali presenti alla conferenza sono rimasti sorpresi che l’Ucraina sia stata relegata ai margini del Forum, e delusi dal fatto che gli unici invitati a parlare di Ucraina siano stati i russi (sembra che nessun ucraino sia stato invitato a intervenire). Tuttavia, per chi ha studiato l’evoluzione della posizione cinese, ciò non sarebbe dovuto essere una sorpresa. 

Oltre a partecipare al Forum per la pace a Pechino, abbiamo trascorso gli ultimi 18 mesi conducendo decine di interviste con pensatori e strateghi cinesi provenienti dalle migliori università, think tank e organizzazioni affiliate al Partito, approfondendo il pensiero cinese sulla guerra in Ucraina. Ne è emerso che, sebbene ci sia un vivace dibattito sulla guerra – più di quanto ci si aspetterebbe – i cinesi la pensano in modo molto diverso dagli occidentali.

La prima lezione è che per i cinesi la guerra in Ucraina non è così importante. La vedono attraverso una lente d’ingrandimento: non come una guerra catastrofica che sta ridisegnando l’ordine globale, ma come un conflitto per procura tra Cina e Stati Uniti. In particolare, molti di loro ritengono che l’America abbia usato la guerra per cercare di accerchiare la Cina. In questo quadro, mostrano come Giappone e Corea abbiano subìto pressioni per introdurre sanzioni contro la Russia e come siano stati invitati a partecipare al vertice Nato di Madrid. Seguendo la stessa logica, secondo molti pensatori cinesi gli europei sono stati indotti a includere la Cina nel concetto strategico della Nato e ad assumere posizioni più dure nei confronti della tecnologia cinese. D’altra parte, i pensatori cinesi sono rincuorati dal fatto che Washington non sia riuscita a mobilitare il resto del mondo a favore della propria causa. Come ha notato un intellettuale cinese, a differenza di quanto accaduto durante la Guerra fredda, stavolta l’occidente ha avuto poco successo nel mobilitare i paesi in via di sviluppo. Secondo lui, un totale di 157 paesi non sostiene né l’occidente né la Cina sulla questione dell’Ucraina. Sfruttare la debolezza reputazionale dell’America e conquistare questi paesi “non allineati” è diventato quindi un obiettivo chiave della politica estera cinese. Questa battaglia per il Sud globale si estende ben oltre la questione della guerra in Ucraina. In alternativa al “feudalesimo” americano, Pechino ha elaborato la propria offerta sotto forma di “iniziativa per lo sviluppo globale”, “iniziativa per la sicurezza globale” e “iniziativa per la civilizzazione globale”, le quali sono state proposte con entusiasmo ai partecipanti del Forum, molti dei quali provenienti da paesi che la Cina sta attivamente corteggiando.

La seconda lezione è che la Cina ritiene di avere più da guadagnare che da perdere nel rimanere al fianco della Russia. La presenza di esperti russi al Wpf ha evidenziato l’orientamento di Pechino a favore di Mosca. Tuttavia, sebbene gli ospiti russi del  Forum siano stati onorati con posizioni di spicco all’interno dell’agenda, un chiaro sentimento emerso dal febbraio 2022 è che Mosca è nel migliore dei casi un junior partner di Pechino. Quando abbiamo chiesto loro di commentare le prestazioni militari della Russia, quasi tutti gli esperti con cui abbiamo parlato hanno reagito con una derisione piuttosto netta. Non pochi sembravano ritenere che la Russia non meritasse più lo status di grande potenza. Questa tendenza tattica a essere molto critici su come la Russia stia conducendo la guerra va di pari passo con il desiderio strategico di non vedere Putin umiliato o allontanato dal potere. Nonostante ci siano voci molto critiche (uno studioso ha affermato che la Cina è stata vittima di una guerra ibrida condotta dalla Russia – compresi i tentativi di manipolare i media cinesi e di ingannare i leader cinesi per farli apparire più favorevoli alla guerra di quanto volessero), il consenso è che Cina e Russia sono unite da una visione comune di un ordine mondiale post occidentale.

In terzo luogo, molti pensatori cinesi sembrano credere che il conflitto in Ucraina abbia reso la guerra a Taiwan né più né meno probabile. La linea ufficiale è che “l’Ucraina non è Taiwan”, ma molti studiosi stanno osservando da vicino il conflitto per trarne una lezione. Molti sono rimasti sorpresi dall’unità e dall’attivismo dell’occidente con le sue sanzioni e gli aiuti militari a Kyiv. Tuttavia, hanno anche notato che molte delle argomentazioni addotte per non voler combattere direttamente con una potenza nucleare si applicherebbero sia alla Cina per Taiwan sia alla Russia. Di conseguenza, ritengono che l’occidente adotterà la “strategia del porcospino”, armando Taiwan e sostenendo le potenze locali come il Giappone, anziché combattere direttamente. 

La quarta lezione emerge dalla terza: l’interdipendenza economica non proteggerà la Cina in caso di un confronto con l’occidente. Al contrario, Pechino deve essere preparata alle sanzioni. Al Wpf si è parlato molto di sicurezza economica, catene di approvvigionamento e protezione dalle sanzioni. A un certo punto dei lavori, Dilma Rousseff, già presidente brasiliana e ora a capo della New Development Bank, è stata chiamata a criticare i tentativi occidentali di “disaccoppiamento” e “de-risking” e a chiedere la de-dollarizzazione come modo per proteggere i paesi dalle sanzioni e dalla prepotenza occidentale. In questo senso, la visione dell’ordine mondiale presentata dalla Cina al Wpf si riflette molto nelle sue priorità sull’Ucraina. Come il Forum, la guerra in Ucraina ha fornito a Pechino l’opportunità di sfruttare le debolezze dell’occidente per rendere la Cina più sicura a livello internazionale, espandendo i suoi legami con il Sud globale, alimentando un’immagine di mediatore di pace e accelerando i suoi sforzi per diventare economicamente più autosufficiente. Inoltre, dando la propria tacita approvazione alla guerra in Ucraina pur cercando di presentarsi come neutrale, la Cina sta cercando di trovare un equilibrio tra il mantenimento della sua facciata pacifista e il perseguimento di un vero e proprio revisionismo. Un accademico cinese con cui abbiamo parlato a Pechino ci ha spiegato che da una situazione negativa può nascere qualcosa di positivo. “Finché la Cina non avrà bisogno di armare la Russia”, ha detto, “le persone continueranno a sperare che Pechino possa svolgere un ruolo costruttivo”. Uno spunto su cui i diplomatici occidentali perplessi presenti al Forum dovrebbero riflettere.

Mark Leonard, cofondatore e direttore dello European Council on Foreign Relations (Ecfr). Alicja Bachulska, policy fellow ed esperta di Cina presso l’Ecfr.

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