gli uomini dello zar
Chi è il leader del Tatarstan, l'uomo di Putin celebrato da Orbán
Chi è Rustam Minnichanov, uomo vicino al Cremlino, sostenitore dell'invasione dell'Ucraina e leader di una delle regioni della Federazione russa, ospitato in Ungheria in occasione di una festività religiosa
Arrivato a Budapest il 19 agosto insieme ai leader di diversi paesi balcanici e asiatici, Rustam Minnichanov è stato il più alto funzionario della Russia a toccare il territorio dell’Ue sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Il leader del Tatarstan, repubblica della Federazione russa, ha risposto all’invito del presidente ungherese Viktor Orban insieme agli omologhi di Serbia, Turchia, Azerbaigian, Uzbekistan e Qatar. L’occasione è stata duplice: la Festa nazionale ungherese dedicata a Santo Stefano d’Ungheria e i Mondiali di atletica leggera in corso nella capitale magiara.
Arrivato in Ungheria, Minnichanov non ha svolto solo un ruolo cerimoniale, ma si è mosso, come spesso gli succede, da rappresentante diplomatico ombra del Cremlino, incontrando Orbán per un bilaterale dai toni molto cordiali. L’impegno di Minnichanov però sarebbe stato dedicato principalmente al fronte sempre più caldo dell’esportazione di cereali: il leader del Tatarstan si sarebbe fatto promotore di un’intesa sul trasporto di grano attraverso il Mar Nero che non coinvolgerebbe l’Ucraina. Stando ad alcune indiscrezioni, avrebbe spinto soprattutto per la conclusione di un accordo tripartito tra Russia, Qatar e Turchia per accelerare l’esportazione di materie prime agricole verso l’Africa. Trovando aperture in Ankara, a patto però che Putin accetti di rinnovare gli accordi sul grano con Kyiv.
Nonostante alcune frizioni recenti relative al ruolo di primo piano che si stava ritagliando – a febbraio è stata rimossa la denominazione ufficiale di “presidente” di cui ancora, unico leader regionale, disponeva – Minnichanov è un fedelissimo del leader russo. Al quale, come quasi ogni funzionario della Federazione, deve il suo status. Al potere dal 2010, non ha mai sollevato il minimo dubbio sulla decisione del Cremlino di invadere l’Ucraina e la sua presenza a Budapest, così come il fatto che gli impianti di assemblaggio dei droni iraniani usati dai russi sul fronte ucraino si trovino proprio in Tatarstan, certifica la sua vicinanza alle alte sfere della nomenklatura russa. Nel primo decennio e mezzo dopo la fine dell’Unione sovietica, la repubblica della Federazione, fortemente industrializzata e a maggioranza musulmana, si è mossa con un certo grado di autonomia sul fronte internazionale, agendo da ponte tra il mondo russo e quello islamico. Con la salita al potere di Putin e la sua volontà di accentramento, questa funzione è stata ridimensionata, ma il rapporto privilegiato del Tatarstan con la Turchia, il Caucaso, l’Iran e l’Asia centrale è rimasto, anche grazie all’attivismo di Minnichanov, che dalla sua salita al potere, ha visitato Kazakistan e Turkmenistan almeno quindici volte.
Sotto sanzioni dall’America, a maggio Minnichanov era stato incluso anche dall’Ue in una lista provvisoria di 71 personalità da sanzionare per aver attivamente supportato l’invasione russa dell’Ucraina. Minnichanov, per il quale proprio il governo ungherese si è esposto chiedendone la rimozione dalla lista, è accusato di aver aiutato a deportare bambini ucraini in Tatarstan. La sua presenza a Budapest dovrebbe significare che gli sforzi di Orbán in suo favore hanno avuto successo, ma la sua figura resta controversa. Prova ne è, ad esempio, il divieto di ingresso emesso ad aprile nei confronti del leader del Tatarstan da parte del governo moldavo.