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Più della metà dei repubblicani in America vorrebbe mollare Zelensky, e i candidati s'adeguano
A dividere i candidati conservatori nel corso del primo dibattito sono stati due temi in particolare: l'eredità politica di Trump e gli aiuti militari all'Ucraina. Sulla vicinanza a Kyiv pesano i sondaggi
Nel noioso dibattito per le primarie repubblicane andato in onda su Fox News mercoledì sera, sono solo due gli argomenti che dividono il gruppo di contendenti alla Casa Bianca. Il primo tema è la fedeltà, o la rivalutazione, o la difesa, di Donald J. Trump, della sua condotta morale, delle sue policy e delle sue incriminazioni. Alla domanda “Chi di voi appoggerà Donald Trump dovesse essere condannato?”, solo il miliardario millennial Ramaswamy ha alzato di scatto la mano e altri, come scolaretti esitanti, l’hanno seguito, con alzate di mano deboli e indecise. Solo due, gli ex governatori Asa Hutchinson e Chris Christie, hanno detto che no, che Trump non è adatto a stare a Pennsylvania Avenue perché ha messo sé stesso e i propri interessi sopra la Costituzione e che non lo appoggeranno. L’imprenditore Ramaswamy, l’unico senza alcuna esperienza politica e forse il più frizzante del dibattito, ha difeso invece Trump a spada tratta, dicendo che è stato il miglior presidente del Ventunesimo secolo (cioè meglio di W. Bush, di Obama e Biden). Gli altri hanno paura e ostentano una certa tiepidezza nel mostrarsi fan di un ex presidente che ieri si è presentato davanti alle autorità della Georgia con l’accusa di aver tentato un colpo di stato, ma allo stesso tempo non riescono a prenderne le distanze, sia perché spesso ci hanno lavorato insieme o sono stati aiutati da lui per farsi eleggere, sia perché sono consci del fatto che la maggioranza degli elettori repubblicani – o comunque delle destre – è con lui. “Alcuni mi danno anche al 60 per cento”, ha detto Trump nel suo anti-dibattito su Twitter, ospite di Tucker Carlson, andato in onda in contemporanea con Fox.
L’altro tema, altrettanto indicativo nell’identità di un partito che in questi anni sta vivendo delle deleterie metamorfosi ideologiche, è quello dell’Ucraina. Sappiamo della fascinazione di Trump per i dittatori, e da Carlson ha voluto ribadire quanto fosse in buoni rapporti con Putin e con gli altri tiranni contemporanei, e sappiamo quanto lo slogan America first l’abbia aiutato ad arrivare a Washington nel 2016. “Io sono sempre stato contrario alla guerra in Iraq” dice spesso, ribadendo la distanza dai neocon bushiani. L’isolamento, il non interventismo, è la cifra della strategia geopolitica degli anni trumpiani. Dopo il terribile incendio in Hawaii c’erano diversi cartelli tra la folla che ha accolto Biden che dicevano “Prima Maui, poi Kyiv”.
Tra i contendenti sul palco del Wisconsin, in un momento così polarizzato, nessuno può ovviamente essere d’accordo con Joe Biden. E quindi c’è chi dice: “Biden non aiuta abbastanza l’Ucraina” e chi invece: “L’America non dovrebbe essere coinvolta in nessun modo in questa guerra, che non ci riguarda”. Secondo gli ultimi sondaggi del New York Times il 55 per cento dell’elettorato repubblicano è in disaccordo con l’ulteriore invio di aiuti a Zelensky. E non è un caso che i candidati con le percentuali più alte nei sondaggi – Trump, il governatore della Florida Ron DeSantis e Ramaswamy – siano i più isolazionisti. DeSantis, svigorito e deluso dalla sua stessa performance, dice che bisognerebbe limitare al massimo gli aiuti, e tirarsi indietro ci fosse la condizione giusta. Ramaswamy, al terzo posto, dice che se eletto smetterebbe di supportare totalmente Kyiv. Dice che “l’Ucraina non è una priorità per gli Stati Uniti” e che la vera minaccia è la Cina. E’ convinto che bisognerebbe trovare un accordo con Putin per evitare che si allei con Xi Jinping in funzione antiamericana. La candidata Nikki Haley, che è stata ambasciatrice presso le Nazioni Unite, gli ha risposto dicendo: “Scegli un assassino invece di un amico dell’America”, accusandolo di voler “consegnare l’Ucraina alla Russia”. E gli ha detto, ricevendo diversi applausi: “Non hai alcuna esperienza nella politica estera, e si vede”. Anche Mike Pence, Christie, Hutchinson, il senatore Tim Scott e il governatore Doug Burgum sono d’accordo con Haley, ma sono anche quelli con le percentuali più basse. Alcuni di loro dicono che Biden dovrebbe inviare più armi, più soldi ed essere più coinvolto. Pence, il primo a visitare i territori sotto attacco russo, ha detto che gli Stati Uniti devono fermare Putin ed evitare che diffonda il totalitarismo nel mondo. Christie ha raccontato degli orrori che ha visto nella sua recente visita a Kyiv.
Nella sua intervista anti-Fox da Carlson, Trump non ha parlato di nulla di concreto, tanto meno della sua posizione sulla politica estera, anche perché Carlson è noto per le sue simpatie putiniane. La posizione di Trump sull’invasione russa resta vaga e disillusa. Senza spiegare come, dice che se lui fosse al comando la guerra finirebbe subito, che riuscirebbe a trovare un accordo tra i due paesi, come se fosse uno dei suoi deal commerciali nel real estate. La paura per l’Europa e per Zelensky è che, dovesse continuare la guerra e dovesse arrivare un repubblicano alla Casa Bianca nel 2024, l’Ucraina si ritrovi senza un alleato fondamentale.