L'editoriale dell'elefantino
L'unica cosa certa, per ora, è che Vladimir Putin è vivo
Il Mago del Cremlino e il suo segreto di capo neoimperiale, vendicativo e surreale. Una anormale credibilità aumentata
Il Padrino, Machiavelli, lasciamo stare il saper troppo. Facciamo uno sforzo di fantasia, perché sappiamo poco. Fantasia realista. Il grande cronista Tommaso Besozzi, a commento della morte del bandito Salvatore Giuliano, scrisse un famoso incipit: “Di sicuro c’è solo che è morto”. Nel caso del capo della Wagner gli sarebbe stato difficile anche quello. Succede che la verità si carbonizzi, che salti dal settimo piano di un ospedale, che si ritrovi impiccata in una villa del Surrey, che si diluisca in una sostanza tossica, che si rifugi nell’androne di un palazzo o su un ponte nel corso di una sparatoria notturna. Di sicuro c’è solo che Putin è vivo. Ha parlato a un summit, bombarda uomini e cereali in Ucraina, celebra la vittoria sovietica sul nazismo con il conforto monumentale delle immagini e di un’orchestra sinfonica, si fa vivo nella campagna elettorale americana con una dichiarazione di Donald Trump a Tucker Carlson: “Con me non ci sarebbe stata nessuna guerra”.
Sopprimere un traditore per riaffermare il proprio potere è nella norma da sempre. Anormale è che la vendetta, il castigo che si abbatte sulla slealtà, venga sceneggiato con tanta pertinenza. La scelta dei tempi, il luogo, l’inchiesta fulminante, la concatenazione, il silenzio: tutto questo è come il leitmotiv nel dramma musicale o nell’opera totale di Wagner, un po’ te lo devi andare a cercare, un po’ ti travolge sul più bello. Anormale è la credibilità aumentata, come la realtà aumentata, di un capo neoimperiale che vuole con intensità emotiva surreale la restaurazione non già della Russia, ma di tutte le Russie. Narendra Modi era alla riunione dei Brics in Sudafrica, ed è andato al polo sud della Luna. Putin, per non essere arrestato, era collegato da Mosca ed è andato in cielo per far ridiscendere in terra il suo potere nominale intaccato da un mercenario sproloquiatore. Ma il suo è un gesto ancora più forte. La paranoia fatta Ragion di stato diventa romanzo, i sentimenti che muove sono universali, sono l’onnipotenza, il dominio, il tragico e l’inescapabile, e pretendono un lustro macabro, un rispetto contegnoso e diplomatico, addirittura l’understatement di Joe Biden: “Non accade molto in Russia senza che ci sia dietro Putin”.
Xi si occupa al presente di finanza immobiliare, o almeno così sembra, Modi è in orbita tecnologica, Ramaphosa e Lula appaiono come pupazzoni un po’ ebbri di affari e mondi postcoloniali, arrivano l’Iran ultramedievale e i sauditi rinascimentali. Putin sta dietro a tutto quel che accade e conferma la sua statura di ambizioso fondatore di uno stato o un principato nuovo. E’ lui che con quei mezzi semplici e letali trascina l’Europa di nuovo in guerra, mette nei pasticci Germania Francia e Inghilterra, impone all’occidente una resistenza che comincia a scricchiolare. Alle domande sul suo potere finora, alla loro altezza, ha risposto solo il romanziere, l’autore del “Mago del Cremlino”, che lo ha decodificato, come si dice, alla perfezione, lo ha potuto descrivere e rappresentare nel calco realista della scrittura, ha messo in scena il suo dadaismo postmoderno del crimine legale. Della sua scuola di performance e della sua capacità di inganno, in questo senso, tutto è stato detto e niente è più da domandare. Resta solo una curiosità, in tanta abbondanza di dettagli criminali: come mai è ancora in vita e a piede libero Mikhail Khodorkovsky?