Foto Ansa 

Sasha e Zhen

Lukashenka parla dei suoi avvertimenti a Prigozhin e vuole la Wagner ancora a Minsk

Micol Flammini

Alcune immagini satellitari pubblicate dal sito Radio Liberty mostrano che i campi della compagnia mercenaria vengono smantellati, ma il dittatore ha detto che invece la milizia rimarrà in Bielorussia

Aljaksandr Lukashenka ha detto di aver cercato di mettere in guardia sia Evgeni Prigozhin sia Dmitri Utkin, la mente e il braccio della compagnia Wagner, durante un colloquio in cui erano presenti soltanto loro tre: lui, Lukashenka, il dittatore bielorusso che aveva mediato la fine della marcia su Mosca, e loro, i due capi mercenari. Lukashenka aveva detto che nel nome dell’amicizia di lunga data che lo legava a Prigozhin, avrebbe garantito la sicurezza della Wagner in Bielorussia.

   

Mentre alcune immagini satellitari pubblicate dal sito Radio Liberty mostrano che i campi della compagnia vengono smantellati, il dittatore ha detto che invece i mercenari rimarranno, la Bielorussia è ormai la loro base e arriveranno altri combattenti: “Vivranno e lavoreranno con noi”. A Lukashenka piace molto riferire di conversazioni private, amichevoli, con personaggi come Putin o Prigozhin, calca l’uso dei diminutivi, del tono informale. E ha detto di aver espresso le sue preoccupazioni a Zhen, diminutivo di Evgeni, di avergli suggerito di stare attento a non farsi ammazzare.

   

Prigozhin avrebbe risposto: “Al diavolo, morirò”. “Ti manderò una corda”, gli ha detto Lukashenka. “No, no – avrebbe detto il capo della Wagner secondo il racconto del dittatore – morirò da eroe”. Per Lukashenka, che in questa storia cerca il suo spazio, mantenere la Wagner in Bielorussia serve a sentirsi forte. Non si sa a chi risponda ora la compagnia, rimasta con capi senza volto e con nomi vaghi, ma sicuramente non risponde a Lukashenka.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)