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L'allargamento dell'Ue nel 2030, dice Michel. Ma le riforme sono un tabù

David Carretta

Il presidente del Consiglio europeo parla della necessità di fissare l'agenda strategica per la prossima legislatura. L'ingresso di nuovi membir, spiega, “avrà ripercussioni sui nostri programmi e sul nostro bilancio. E richiederà riforme e molto coraggio politico”

L’Unione europea deve porsi l’obiettivo di essere pronta al suo prossimo grande allargamento “entro il 2030”, ha detto ieri il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, avviando quello che potrebbe diventare il dibattito più controverso dei prossimi mesi per i leader dei ventisette stati membri. La guerra della Russia contro l’Ucraina ha radicalmente cambiato le prospettive per i paesi che aspirano a entrare nell’Ue. Dopo anni di ritardi, ostruzionismo e ostacoli, all’improvviso il processo di adesione dei paesi dei Balcani occidentali è stato rilanciato. Nel giugno del 2022 è stata presa la decisione storica di concedere lo status di paese candidato a Ucraina, Moldavia e potenzialmente Georgia. Le ragioni della geopolitica hanno preso il sopravvento: perfino i paesi più scettici, come la Francia, hanno smesso di opporre resistenza. “L’allargamento non è più un sogno: è tempo di andare avanti”, ha spiegato Michel: “C’è molto lavoro da fare. Sarà difficile. Sarà complesso. A volte doloroso per i futuri stati membri e per l’Ue. Ma se vogliamo essere credibili, dobbiamo parlare del calendario e dei nostri compiti a casa”. Secondo il presidente del Consiglio europeo, i leader dell’Ue devono fissare “un chiaro obiettivo” nei negoziati dei prossimi mesi per fissare l’agenda strategica per la legislatura 2024-29. “Penso che dobbiamo essere pronti per allargarci entro il 2030”, ha detto Michel.

 

Il discorso di Michel al Forum di Bled in Slovenia dovrebbe servire da sveglia per i leader, dopo le auto-celebrazioni seguite all’apertura delle porte dell’Ue a Ucraina e Moldavia. Per il momento, i capi di stato e di governo hanno evitato di affrontare il tema più complicato del prossimo allargamento: come riformare l’Ue per accogliere i suoi nuovi membri e poter continuare a funzionare anche a trentasei? A Bruxelles la chiamano “capacità di assorbimento”. Michel ha riconosciuto che in passato è stata usata come alibi per rinviare l’apertura delle porte dell’Ue. “A volte abbiamo usato la mancanza di progressi di futuri stati membri per evitare di fare i nostri compiti a casa”, ha detto il presidente del Consiglio europeo. Il prossimo allargamento “avrà ripercussioni sulle nostre politiche, sui nostri programmi e sul nostro bilancio. E richiederà riforme e molto coraggio politico”. L’elenco dei “compiti a casa” di Michel inizia dal prossimo bilancio di lungo periodo (il quadro finanziario pluriennale 2028-35). Serviranno “fondi significativi per permettere ai nuovi stati membri di recuperare” sui vecchi. “Diversi beneficiari netti attuali (del bilancio dell’Ue) diventeranno contributori netti”. Gli aiuti della politica agricola comune e della politica di coesione dovranno cambiare profondamente. Già ora Polonia e Ungheria minacciano azioni unilaterali contro la liberalizzazione del commercio agricolo con l’Ucraina deciso dall’Ue in solidarietà con Kyiv. Per Michel, convincere i paesi dell’Europa centrale e orientale a rinunciare ai fondi dell’Ue o a mettere mano al portafogli per trasferire risorse verso i nuovi venuti sarà una “transizione complessa”. 

 

Altrettanto complessa sarà la discussione sul “nostro assetto istituzionale e le procedure per permettere che un’Ue allargata sia in grado di prendere decisioni efficienti e rapide”. La dimostrazione è la posizione dello stesso Michel sulla proposta di un gruppo di paesi di abolire l’unanimità per passare alla maggioranza qualificata. Il presidente del Consiglio europeo è personalmente contrario, perché l’unanimità garantisce unità e “l’unità è il miglior modo per assicurare che le decisioni siano attuate in modo uniforme”. Dovranno essere rivisti i seggi al Parlamento europeo e la ponderazione dei voti tra paesi dentro il Consiglio. Sintomo delle difficoltà a venire, nel suo discorso Michel ha evitato di menzionare un altro tabù: la riforma del Trattato. Come se si potesse riformare in profondità l’Ue, senza toccare la sua carta fondamentale, perché alcuni governi ritengono troppo elevato il rischio di una bocciatura in un referendum di ratifica, come avvenuto in Francia e nei Paesi Bassi nel 2005. L’altro tabù non menzionato da Michel sono le divergenze profonde tra Emmanuel Macron e Olaf Scholz sulla rispettiva visione dell’Ue allargata. Per il presidente francese, che teme lo spostamento del baricentro politico verso l’asse Berlino-Varavia-Kyiv, serve un’Ue a cerchi concentrici che permetta a un gruppo di paesi di integrarsi di più di altri. Per il cancelliere tedesco, il cuore dell’Ue deve restare il grande mercato unico. Nella matassa politica e istituzionale dell’allargamento, il 2030 di Michel rischia di essere un obiettivo molto ambizioso.

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