L'Europa importa più Gnl russo, ma sta riducendo la sua dipendenza da Mosca
Le importazioni di gas naturale liquefatto russo sono aumentate del 40 per cento rispetto al periodo pre-bellico, ma ora stanno diminuendo. L’obiettivo dell’Ue di liberarsi del gas russo entro il 2027 con molta probabilità sarà raggiunto prima
L’organizzazione non governativa Global Witness ha denunciato che nella prima metà di quest’anno l’Unione europea ha aumentato le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) dalla Russia nonostante l’impegno di liberarsi dalle fonti fossili russe entro il 2027, sottolineando che in questo modo i paesi europei hanno contribuito a finanziare l’invasione dell’Ucraina. Secondo l’analisi della ong riportata dal Financial Times, nel periodo gennaio-luglio del 2023 gli acquisti europei di Gnl russo sono cresciuti del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, facendo della Russia è il secondo fornitore di Gnl dell’Ue dopo gli Stati Uniti.
Tuttavia, anche se dal punto di vista tecnico l’affermazione di Global Witness è corretta, l’analisi non tiene conto del quadro complessivo e delle prospettive di medio e lungo periodo. Le importazioni di Gnl russo sono aumentate di un impressionante 40 per cento rispetto al periodo pre-bellico per il semplice motivo che all’epoca la maggior parte dei paesi europei importava metano russo dai gasdotti della Gazprom, non dai terminal della Novatek. Nel 2021 i principali importatori europei di Gnl russo erano Francia, Spagna, Paesi Bassi e Belgio, ma nel periodo gennaio-luglio del 2023 solo il Belgio, la Spagna e in misura minore la Grecia hanno aumentato le importazioni rispetto ai due anni precedenti. Francia e Paesi Bassi le hanno ridotte drasticamente, sia rispetto al 2022 che al 2021.
Inoltre, se osserviamo i dati mensili vediamo che le importazioni stanno diminuendo. Da gennaio a maggio i paesi europei hanno importato più di 3 milioni di metri cubi di Gnl russo al mese, che si sono ridotti a 2,6 milioni a giugno e a 2,1 milioni a luglio. Nel frattempo si sono consolidate le forniture di Gnl dal Qatar, dall’Algeria e dalla Nigeria, mentre subivano un rallentamento quelle dagli Stati Uniti (di gran lunga il fornitore maggiore).
Finora l’Ue non ha ma sanzionato il gas russo, in nessuna delle sue forme. Ma se i gasdotti ormai sono quasi del tutto inattivi, la questione del Gnl rimane aperta. La commissaria europea all’Energia Kadri Simson ha detto che l’Ue “può e dovrebbe sbarazzarsi completamente del gas russo il prima possibile, tenendo presente la sicurezza degli approvvigionamenti”. Il problema però è che un blocco assoluto delle importazioni di Gnl russo rischia ancora di provocare una crisi energetica, che si ripercuoterebbe sui prezzi e quindi su un’economia europea già in difficoltà. Pertanto, il disimpegno deve essere graduale, almeno fino a quando le forniture di Gnl si saranno stabilizzate con l’entrata in funzione dei nuovi impianti dei grandi paesi esportatori, ovvero gli Stati Uniti e il Qatar.
L’obiettivo dell’Ue di liberarsi del gas russo entro il 2027 con molta probabilità sarà raggiunto prima. Eurostat riporta che nei primi tre mesi del 2022 la Russia era il principale fornitore di gas dell’Ue con il 38,8 per cento del totale, nello stesso periodo del 2023 la quota di gas russo si è ridotta a meno del 17 per cento e continua a diminuire, mentre i paesi europei si arriveranno alla stagione del riscaldamento con gli stoccaggi pieni. Nel frattempo, a causa della perdita del mercato europeo, i guadagni di Gazprom sono crollati al livello più basso dal 2020 (anno del Covid, in cui le attività erano ai minimi termini per via dei lockdown). Nei primi sei mesi di quest’anno l’utile netto del colosso del gas russo è sceso a 296,2 miliardi di rubli (3,1 miliardi di dollari) rispetto ai 2,5 mila miliardi di rubli dello stesso periodo dell’anno precedente.
Prima che la Cina diventi un’alternativa all’Europa ci vorranno diversi anni, ammesso che Pechino intenda investire in questa direzione. Secondo le stime quest’anno le esportazioni via gasdotti verso la Cina raggiungeranno i 22 miliardi di metri cubi, in aumento rispetto ai 15,5 miliardi dell’anno scorso, ma molto lontano dai 51 miliardi di metri cubi che saranno stati esportati in Europa entro la fine dell’anno, a sua volta una frazione dei 177 miliardi di metri cubi esportati nel 2021 dalla Russia in Europa e Turchia.
Il disimpegno europeo dal gas russo e le sanzioni sul petrolio hanno colpito duramente la macchina bellica di Mosca. Nei primi sei mesi del 2023 le entrate della Russia provenienti dalle esportazioni di gas e petrolio sono diminuite del 47 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, privando il bilancio russo della principale fonte di entrate. I paesi europei possono essere accusati di molti errori, ma non di non volersi liberare dalla dipendenza dalle fonte fossili russe.