Emmanuel Macron e Charles Michel (Ansa)

la strategia di Parigi

L'“allargamento graduale” dell'Ue che piace a Macron è un rinvio dei nuovi ingressi

David Carretta

Il presidente francese ha in mente un trucco per rinviare le future adesioni: “l’integrazione e progressiva”. Mentre il 2030 dovrebbe essere l'anno del prossimo del prossimo allargamento. Un approccio che però non convince i paesi dell'Europa centrale e orientale e divide i vertici dell'istuzioni di Bruxelles

Bruxelles. Dopo aver accettato con riluttanza di riaprire le porte dell’Unione europea con un nuovo grande allargamento in seguito alla concessione dello status di paese candidato all’Ucraina e alla Moldavia nel giugno del 2022, Emmanuel Macron ha in mente un nuovo trucco per rinviare le future adesioni: “l’integrazione graduale e progressiva”. Questa espressione è stata usata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, durante un discorso al forum di Bled lunedì, nel quale ha proposto il 2030 come data entro cui l’Ue dovrebbe essere pronta al prossimo allargamento. “Adesione graduale” è anche la frase usata dal ministro francese per gli Affari europei, Laurence Boone, per definire il nuovo approccio che dovrebbe essere usato con i paesi dei Balcani occidentali, l’Ucraina e la Moldavia.

Macron non l’ha ancora utilizzata ufficialmente. Ma nel suo discorso alla conferenza degli ambasciatori il 28 agosto all’Eliseo, il presidente francese ha ribadito la sua visione di un’Ue “a velocità diverse” perché “un’Europa a 32 o 35 non sarà più semplice”. Macron ha promesso un discorso più dettagliato “nei prossimi mesi”. Ma il succo è che “il cuore dell’Europa ha bisogno di essere più integrato se si vuole far fronte alle sfide presenti” e serve “una dinamica di approfondimento per i membri che sono pronti ad andare in questo senso”. 

A Bled Michel ha dato maggiori dettagli su ciò che dovrebbe essere “l’integrazione graduale” dei futuri stati membri. Il divario tra paesi candidati e l’Ue è ampio in numerosi settori. Per colmarlo – ha detto Michel – si può iniziare attraverso “un’integrazione graduale e progressiva nelle politiche dell’Ue, in modo che i benefici possano essere sentiti più rapidamente, anche prima dell’ingresso”. Un esempio è il mercato interno: quando un paese candidato ha realizzato le riforme strutturali per adeguarsi alla legislazione europea in un determinato settore, può essere integrato in quelle “aree specifiche della politica dell’Ue”, ha detto Michel, citando energia e trasporti.

Un altro settore potrebbe essere la sicurezza e la difesa: i paesi candidati verrebbero invitati a partecipare in modo più attivo nelle missioni dell’Ue, nel Fondo per la difesa o nella European Peace Facility (il fondo per finanziare le forniture di armi). E “un paese potrebbe partecipare alle formazioni corrispondenti del Consiglio una volta che ha completato i negoziati in un determinato capitolo politico”, ha spiegato Michel. Qualcosa del genere accade già al Consiglio Affari interni con la Svizzera, la Norvegia e l’Islanda. I tre paesi sono fuori dall’Ue, ma sono membri di Schengen. I loro ministri siedono allo stesso tavolo dei ventisette ogni volta che si parla della libera circolazione senza frontiere esterne, ma non hanno diritto di voto.

Secondo Boone, “l’adesione graduale” permetterebbe a un paese candidato che fa progressi sulle riforme di “ottenere subito un premio”, invece di dover attendere l’adesione formale una volta rispettati tutti i criteri. Tuttavia il modello illustrato da Michel si presta anche alla lettura opposta: può diventare un modo per l’Ue per far entrare i candidati con un solo piede, senza concedere loro i pieni diritti della “membership” per un periodo prolungato di tempo. A prima vista, “l’integrazione graduale” non è molto diversa dalla versione originale della Comunità politica europea che Macron aveva proposto in un discorso il 9 maggio del 2022 come alternativa a un allargamento per il quale – secondo lui – ci sarebbero voluti “decenni”. La Comunità politica europea sarebbe dovuta diventare “un nuovo spazio” di cooperazione con i paesi dei Balcani, l’Ucraina, la Moldavia e la Georgia “nel settore energetico, dei trasporti, degli investimenti, delle infrastrutture, della circolazione delle persone e in particolare dei giovani”, aveva detto Macron all’epoca.

I paesi dell’Europa centrale e orientale avevano subito denunciato il progetto macroniano come un subdolo tentativo di sabotare la candidatura dell’Ucraina (Macron si convertì sul treno con Olaf Scholz in viaggio verso Kyiv grazie alle argomentazioni di Mario Draghi). E’ probabile che reagiscano allo stesso modo alla “integrazione graduale” della coppia Macron-Michel. Ma sarà solo uno dei tanti temi di scontro sull’allargamento. La data del 2030 proposta da Michel ha già spaccato i vertici delle istituzioni dell’Ue: la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è contraria a fissare una scadenza, mentre l’Alto rappresentante, Josep Borrell, ha detto di essere favorevole.

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