In Sudamerica
Chi è Javier Milei, “el loco” alla conquista dell'Argentina che dice di parlare con Dio ed è contro Papa Bergoglio
Star dei talk-show, antistatalista in economia, vuole abolire la Banca centrale e privatizzare la sanità. Ritratto dell’uomo lanciato a sorpresa verso la presidenza
Nato il 22 ottobre 1970 a Buenos Aires, in quel quartiere Palermo dove passò l’infanzia Jorge Luis Borges, Javier Gerardo Milei racconta che aveva 11 anni quando il 2 aprile 1982 lui e il padre stavano seguendo in tv le notizie sul conflitto delle Falkland. “Mi venne in mente di dire che era una pazzia, che ci avrebbero rotto il culo. Il mio vecchio ebbe un attacco di rabbia e cominciò a darmi pugni e calci. Mi prese a calci per tutta la cucina”.
Norberto Milei era di origine italiana: il cognome è anche associato a una famiglia nobile di Verona, anche se oggi è presente soprattutto in Umbria e Calabria. Era un autista di autobus poi divenuto imprenditore del settore, e poté mandare il figlio alle scuole cattoliche e a una università privata, mentre la moglie Alicia Lucich faceva la casalinga. Ma anche se quella capacità di mettersi in proprio segna già una grossa differenza rispetto allo stereotipo dell’argentino mantenuto dallo stato secondo una ideologia assistenzialista che va dal peronismo a Papa Bergoglio, quell’episodio lo inquadra comunque come ben partecipe di certi valori nazionali, e dà la tentazione di identificare come freudiana “uccisione del padre” quella battaglia antistatalista che ora sta portando a sorpresa Javier verso la presidenza. Con i genitori ruppe ogni rapporto per oltre un decennio: “Per me sono morti”, diceva. Ma ha ripreso i contatti con loro durante la campagna elettorale con cui nel 2021 è diventato poi deputato. Invece è legatissimo alla sorella minore Karina, che considera la sua consigliera migliore.
“L’erede di Adam Smith, il Mozart dell’economia, il demolitore di Keynes”, si definisce. Ma anche “un qualunque personaggio di Puccini”, che adora. Mentre dice di detestare Keynes più ancora di Marx, ai suoi ispiratori ha dedicato i nomi dei suoi mastini inglesi: Milton come Milton Friedman, Nobel per l’Economia del 1976, esponente principale della Scuola di Chicago e fondatore del pensiero monetarista; Murray come Murray Rothbard, teorico dell’anarco-capitalismo; Robert e Lucas come Robert Lucas, Premio Nobel per l’Economia del 1995 per quella “Critica di Lucas” secondo cui i responsabili delle politiche non possono presumere che le loro azioni produrranno i risultati previsti, ma devono invece tener conto di come tali azioni influenzeranno le aspettative delle persone. Assieme a Angelito e Conan, sono sei cloni di un altro Conan che morì nel 2017 per cancro alla colonna vertebrale, e che andò negli Stati Uniti per far replicare, al costo di 50.000 dollari. “Un modo per avvicinarsi all’eternità”. Conan, racconta, era rimasto il suo unico amico quando a 33 anni si trovò senza lavoro, e con problemi di obesità nervosa che lo fecero arrivare ai 120 Kg. “Ma mi sono rianimato. Ricordo che mi compravo una pizza grande e quella era il mio pasto per tutta la giornata”.
Per Conan dice di aver rinunciato anche a ragazze, che non lo gradivano. Per molto tempo dice dunque di aver avuto storie solo con “donne divorziate con figli”. Nell’ottobre 2017 in una intervista si disse fautore dell’amore libero, e nel giugno 2020 in tv raccontò che amava i rapporti a tre e che era insegnante di sesso tantrico, “capace di rimanere tre mesi senza eiaculare”: particolari che sono stati ritirati fuori con particolare calore dalla stampa anglosassone dopo il suo exploit alle primarie. Attualmente ha una relazione con la comica e imitatrice Fátima Florez.
Per lui i cloni di Conan non solo sono i suoi “bambini a quattro zampe”, che ha ringraziato dopo aver vinto le primarie. Dice anche di ricevere consigli da loro attraverso un “contatto mistico”, per cui Conan gli fornisce idee sulla strategia generale, Robert gli fa “vedere il futuro e imparare dagli errori”, Milton è responsabile dell’analisi politica e Murray dell’economia. Ma dice anche di parlare direttamente con Dio, e ha scritto in chat di aver visto la resurrezione di Cristo tre volte. Non c’è forse da stupirsi se i suoi compagni di classe da ragazzino lo chiamavano “el loco”: “il matto”. E “El loco” si intitola anche la biografia su di lui scritta a luglio dal giornalista Juan Luis González, sulla base di varie interviste che gli ha fatto. A 18 anni divenne portiere del Chacarita Juniors, una squadra oggi nella serie B argentina. Nel contempo si esibiva anche come cantante rock con un gruppo che si chiamava Everest e che faceva sia cover dei Rolling Stones che canzoni originali. In qualche modo, Milei è tornato a fare cover da quando dal 2021 ha iniziato a aprire comizi col canto “¡Hola a todos! ¡Yo soy el león!” che è in realtà il “grido di guerra” con cui inizia i suoi concerti l’iconico gruppo rock argentino La Renga. Però il leone è anche il simbolo della sua campagna elettorale, riproduzione della zazzera incolta che è un altro dei suoi biglietti da visita. “Parrucca?”, “Che spray usi?”, gli chiedono spesso. “La mano invisibile”, risponde lui citando Adam Smith. Più precisamente: “Esco dalla doccia, mi asciugo e salgo in macchina. Abbasso i finestrini e la mia mano invisibile mi pettina i capelli”. E a La Renga che protestava: “Pago il copyright”.
Ma i suoi 18 anni coincisero anche con la prima grande iper-inflazione argentina. Per cercare di capirci qualcosa, racconta, iniziò a leggere di economia, ci si appassionò, si convertì all’ultraliberismo, e per l’economia decise di lasciar perdere sia il pallone che il rock. Si laureò in Economia presso l’Università privata di Belgrano poi vi aggiunse due master presso l’Instituto de Desarrollo Económico y Social e l’Università privata Torcuato di Tella. Capo economista prima presso una società pensionistica privata e poi in una società di consulenza finanziaria, è in seguito divenuto consulente governativo presso il Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti, oltre che economista senior presso Hsbc Argentina. Dal 2012 Milei guida la divisione di studi economici presso il think tank Fundación Acordar. Diviene anche membro del B20, del Gruppo di politica economica della Camera di commercio internazionale e del World Economic Forum.
Specialista in crescita economica, insegna per 21 anni diverse materie economiche in università argentine e all’estero, scrive vari libri e firma oltre cinquanta articoli accademici. E dal 2016 inizia un tentativo di integrare i concetti della Scuola austriaca con quelli del monetarismo che fa rizzare i capelli a molti economisti del stessa Scuola austriaca, ad esempio quando cerca di introdurvi formule matematiche e grafici. La Scuola austriaca considera infatti l’economia una scienza sociale e generalmente ha opinioni scettiche sull’uso in essa della matematica.
Anche le sue idee di abolire la Banca centrale e di dollarizzare l’Argentina sono percepite dalla maggior parte degli economisti come astrazioni pericolose. Ma in campagna elettorale gli hanno portato un grande consenso tra una opinione pubblica stanca di un tradizionale approccio statalista che non riesce a venire più a capo di una inflazione oltre i 100 punti. D’altronde, è un consenso che inizia quando in tv e in radio diventa una star dei talk-show, appunto per la aggressività con cui espone le sue visioni. Già nel 2018 risulta essere l’economista più intervistato in tv, con 235 interviste e 193.347 secondi complessivi. “Demoliendo mitos” si chiama il suo programma radiofonico. Pure nel 2018 debutta come attore in un’opera teatrale intitolata “El consultoro de Milei”. Già nel 2019 è catalogato tra le persone più influenti dell’Argentina. E’ pure l’anno in cui si affilia al Partito libertario e si presenta nei talk-show travestito da General Ancap: contrazione di “anarcocapitalista”, un supereroe da lui inventato. “La mia missione”, dichiara mentre agita un bastone da mago, “è quella di prendere a calci nel culo keynesiani e collettivisti”.
Dal 2020 entra in La Libertad Avanza: un’alleanza “che riunisce, convoca e si rivolge a uomini e donne di tutte le condizioni sociali, composta da diversi partiti politici e creata per promuovere politiche liberali che contribuiscono al decollo economico, politico, culturale e sociale di cui noi argentini abbiamo bisogno per tornare a essere il paese fiorente che eravamo all’inizio del 1900”. Milei è in effetti un grande ammiratore dei “padri della patria” dell’Argentina liberale ottocentesca: da Juan Bautista Alberdi a Domingo Faustino Sarmiento e Bartolomé Mitre. Nel 2021 la sua campagna elettorale si concentra sui quartieri di Buenos Aires, prevedendo di passeggiare per tre isolati per salutare il vicino e il negoziante, dare abbracci e baci, scattare selfie e video. Diventa deputato, con un risultato lusinghiero. Dal 2022 inizia a decollare nei sondaggi, e alle primarie presidenziali del 2023 arriva primo.
“Non sono venuto qui per guidare gli agnelli ma per risvegliare i leoni”, è un suo slogan. Il suo nemico: una “casta” di “inutili, parassiti politici che non hanno mai lavorato”. “La prima cosa che dirò alla casta politica di merda, sciocca, parassitaria e inutile è quello che non farò. Non aumenterò mai una tassa”. Dopo aver assunto la carica di deputato, Milei ha mantenuto una delle sue promesse elettorali mettendo in palio il suo stipendio ogni mese tra una persona a caso, con l’obiettivo di “restituire denaro ai cittadini”. “Posso combattere con chiunque dica sciocchezze. Una stronzata è una stronzata. Due più due fa quattro. Se mi dici che sono 575.827 ti rispondo che è una stronzata”.
Per sua autodefinizione “un monarchico sul breve termine e un anarco-capitalista filosoficamente”, a parte dollarizzazione e abolizione della Banca centrale, nel suo programma ci sono sostegno ai Bitcoin; privatizzazione della sanità; legalizzazione del libero commercio di organi umani (ma è contrario all’aborto). Vuole, inoltre, eliminare i ministeri della Sanità, dell’Istruzione e dell’Ambiente per sostituirli con un unico “ministero del Capitale umano”, che provvederebbe all’istruzione con la distribuzione di voucher ai genitori. E’ favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, alla liberalizzazione delle droghe, alla legalizzazione della vendita di organi, alla libera vendita di armi da fuoco e, in linea di principio, anche alla vendita di bambini. Ma ammette che, data la delicatezza del tema, se ne potrà parlare solo tra 200 anni. Convinto che la teoria del cambiamento climatico sia una “menzogna del socialismo”, ha avuto all’inizio posizioni scettiche sui vaccini contro il Covid, ma poi ha deciso di farsi la fatidica iniezione sulla base di una “analisi costi-benefici”.
Felicitato con calore da Jaur Bolsonaro e dal leader di Vox Santiago Abascal dopo il successo delle primarie, Milei è ovviamente descritto anche come il “Trump argentino”, ma si contrappone nettamente a quello Usa nel senso che non ha ambiguità verso la guerra di Putin. Sta con l’Ucraina, cui vuole inviare armi, e anche con Israele: anzi, pur proclamandosi cattolico sarebbe tentato di conversi all’ebraismo, in particolare contro un Papa Francesco da lui tacciato di essere “incarnazione del comunismo”. E vorrebbe anche uscire dal Mercosur, oltre a essere contrario all’ingresso dell’Argentina nei Brics. “Noi vogliamo stare con l’Occidente”, dice. Da ciò la preoccupazione di Lula, che ha iniziato a promuovere una mobilitazione regionale contro di lui.
Indubbiamente, la sua idea che Al Capone fosse un “benefattore sociale” non può non suscitare perplessità, così come pure il negazionismo verso i crimini del regime militare della sua candidata alla vicepresidenza Victoria Villaruel, nipote di un contrammiraglio e figlia di un tenente colonnello. Però proprio Lula ha tenuto a fare un vertice di presidenti in cui ha voluto il venezuelano Maduro, dicendo che sarebbe “vittima di una narrazione”. In un contesto regionale dove alcuni governi di sinistra hanno iniziato a conoscere terribili involuzioni autoritarie, minimizzare il problema della democrazia da quel lato non può che sdoganare possibili involuzioni autoritarie anche dall’altra parte.
Dalle piazze ai palazzi