in ucraina
Zelensky sostituisce il ministro della Difesa e sceglie Umerov, abile negoziatore che sa di Crimea
Oleksii Reznikov è finito al centro di uno scandalo che alimenta ambiguità sulla corruzione nel paese. Il presidente non aveva scelta: ha deciso di sostituirlo perché il ministero "ha bisogno di un nuovo approccio con l’esercito e con la società"
Il ministero della Difesa “ha bisogno di un nuovo approccio con l’esercito e con la società nel suo complesso”, ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, annunciando la sostituzione di Oleksii Reznikov alla guida della Difesa. Cambiare il ministro che ha negoziato il sostegno militare a Kyiv con gli alleati del gruppo Ramstein e che ha supervisionato la trasformazione dell’esercito verso gli standard della Nato non è una cosa né semplice né rassicurante. Non lo è mai in guerra e non lo è a maggior ragione ora che tutti sono convinti che la controffensiva sia in stallo - nonostante i piccoli avanzamenti ucraini e le zero conquiste russe dopo Bakhmut - ma Zelensky non aveva molte scelte, perché il ministero della Difesa è finito in un’altra polemica a causa di una commessa di equipaggiamento militare - e Reznikov non l’ha gestita bene - e perché Kyiv deve mostrarsi determinata nella lotta alla corruzione. Non soltanto perché è una delle condizioni richieste per l’ingresso nell’Unione europea ma perché la corruzione mette a rischio il sostegno finanziario all’Ucraina.
C’è sempre stato nella retorica antiucraina il sospetto: i soldi che diamo a Kyiv verranno sprecati da un sistema corrotto. Ora che nei partiti occidentali più riluttanti a sostenere l’Ucraina la questione dei fondi è diventata dominante - un esempio per tutti: negli Stati Uniti il mondo trumpiano-conservatore dice esplicitamente che il presidente Joe Biden sta togliendo soldi agli americani per dirottarli sugli ucraini e sulla “sua” guerra - ogni ambiguità da parte di Kyiv rischia di essere più controproducente rispetto al passato.
L’ultimo scandalo che ha coinvolto il ministero della Difesa è nato da un articolo pubblicato il 10 agosto da Dzerkalo Tyzhnia - uno dei più influenti media ucraini fondato a metà degli anni Novanta e dal 2019 soltanto online - in cui si raccontava che nell’estate del 2022 i produttori ucraini erano allarmati perché il ministero della Difesa non aveva ancora dato indicazioni sull’acquisto di uniformi invernali per i soldati: era tardi, tra consegna dei tessuti dall’Asia e cucitura, ci sarebbero voluti dei mesi. Nell'autunno del 2022 il ministero della Difesa ucraino aveva infine firmato un contratto con la società turca Vector Avia Hava araçlari per la fornitura di equipaggiamento invernale per le truppe: 233.000 giubbotti del valore di 20 milioni di dollari e 202.000 pantaloni del valore di 13 milioni di dollari. Il prezzo dei giubbotti alla partenza era di circa 30 euro ma all’arrivo era quasi triplicato, circa 86 euro ciascuno. In più erano giubbotti che pesavano circa un chilo: “O erano per l’estate o erano di pessima qualità, di certo non erano adatti all’inverno”, dice Danylo Mokryk, giornalista investigativo del Kyiv Independent. Il ricavo aggiuntivo è rimasto alla società turca, ma uno dei suoi proprietari - ha svelato l’Ukrainian Pravda - è il nipote di un parlamentare ucraino dello stesso partito di Zelensky e membro della commissione per la Sicurezza e la Difesa della Rada.
Reznikov ha inizialmente negato ogni cosa, poi ha detto che i documenti visionati dai giornalisti erano falsi e poi, quando è stata dimostrata la loro autencità, ha detto che queste inchieste sono un problema per il paese perché ne diminuiscono la credibilità e sprezzante ha aggiunto: se si dimostra che dei giubbotti estivi sono stati adibiti all’inverno, sono pronto a dimettermi, ma se non si dimostra l’autore dell’inchiesta dovrebbe smettere di fare il giornalista per tre anni. Il modo non è piaciuto, i giornali ucraini si sono riempiti di commenti in cui si diceva che la massima dimostrazione dell’emancipazione dell’Ucraina dalla corruzione è proprio la libertà dei giornalisti di denunciarla e quindi dare la possibilità di combatterla.
Comunque Zelensky non aveva molta scelta. Aveva già superato un altro caso di corruzione dentro al ministero - né allora né oggi Reznikov era direttamente coinvolto - a dicembre, ma ora siamo in una situazione diversa, più nervosa e insofferente.
Al posto di Reznikov, il presidente ha indicato Rustem Umerov, 42 anni, ex imprenditore ora a capo dell’agenzia che si occupa delle privatizzazioni, ha due caratteristiche rilevanti: è un tataro della Crimea, nato in Uzbekistan all’inizio degli anni Ottanta da una famiglia deportata da Stalin e tornato in Crimea negli anni Novanta; è un ottimo negoziatore.
Umerov dimostra il grande coinvolgimento a sostegno dell’Ucraina della comunità tatara, straziata sotto Stalin, e naturalmente la volontà di Kyiv di non lasciare la Crimea all’oppressione russa. Allo stesso tempo però Umerov mette insieme alla fedeltà e alla collaborazione stretta con Zelensky la sua abilità di dialogo e negoziato. Era in Bielorussia per il primo e quasi ultimo colloquio con i russi all’inizio della guerra: il mediatore era il tycoon Roman Abramovich, che dopo gli incontri ebbe un malore, proprio come Umerov, e si temette un avvelenamento (poi sono stati bene entrambi). Umerov ha ottimi rapporti con la Turchia e anche con l’Arabia Saudita - ha incontrato la settimana scorsa il principe Mohammed bin Salman - e ha lavorato per ottenere gli scambi di prigioneri con la Russia, compreso quello dei comandanti della Azov che hanno combattuto a Mariupol - uno scambio con la regia turca che non è affatto piaciuto a Putin.
Umerov quindi sa di Crimea e di capacità di negoziato, due termini che sentiamo molto da ultimo, per quanto spessò malinterpretati: è una scelta oculata che può far superare il momento di incertezza causato da un ministro della Difesa molto apprezzato dagli alleati, sostituito in mezzo alla guerra.