Il colloquio
“La mia cattedra cancellata dal woke”. Intervista a Gilles Kepel sul suo nuovo libro
Dopo la fatwa, l'interdizione dall'École normale supérieure. L’esperto di islam torna in libreria per pungere la nebulosa islamogoscista: "Oggi l’Isis è debole, ma l’ideologia rimane, si adatta: non c’è più l’attacco armato, ma la costruzione di una controsocietà"
Un grande accademico francese, specialista dell’islam e arabista di fama mondiale, le cui analisi si sono spesso rivelate corrette, dopo la fatwa deve subire l’interdizione dall’insegnamento: il suo programma di studi è stato cancellato dall’École normale supérieure. Nessuno è profeta nel suo paese, conclude con umorismo Gilles Kepel. L’esperto di islam nel suo nuovo libro “Prophète en son pays”, anticipato dal Figaro, attacca “la confusione tra giornalismo e proselitismo” che lo ha “consegnato alla condanna della nebulosa islamogoscista”.
Kepel una mattina del 2017 scopre che Larossi Abballa, il jihadista che aveva sgozzato un agente di polizia e sua moglie a Magnanville, in Francia, aveva tenuto un discorso su Facebook in cui invocava l’uccisione di sette personaggi pubblici. Il ministero dell’Interno chiamò Kepel per dirgli che il suo nome era in cima alla lista. Da allora, Kepel è sotto scorta. E solo. “I miei timpani non erano stati toccati dalle urla di disperazione della maggior parte dei miei colleghi, né dagli slogan che avrebbero potuto scandire contro chi aveva chiesto l’uccisione di uno di loro”, scrive Kepel. “Questo silenzio è tanto più notevole in contrasto con le innumerevoli petizioni firmate instancabilmente da questi stessi colleghi, grida di indignazione che denunciano l’islamofobia, chiedono l’uso di una scrittura inclusiva, fanno del burkini l’orizzonte insuperabile della felicità del musulmano, denigrano la laicità come culmine fascista dell’universalismo dell’Illuminismo…”. Restava inteso che la condanna a morte nei suoi confronti semplicemente ratificava il destino disastroso ma inevitabile di un sessantenne affetto da “bianchezza”, già condannato in ogni caso dalla storia, di cui Larossi Abballa e l’Isis sarebbero stati solo semplici acceleratori. “La fine anticipata di una cattedra ordinaria liquidata dal jihad consentirebbe, nella feroce lotta per i posti di lavoro all’interno di un’università proletarizzata, di promuovere più rapidamente un docente politicamente corretto, che introdurrebbe nell’École normale supérieure la ‘religione woke’. C’era una sorprendente congruenza tra la crescente emarginazione a cui ero condannato dal mondo accademico e l’eliminazione fisica sostenuta dai jihadisti”.
Parlando al Foglio, Kepel spiega che il woke accademico si affida agli islamisti: “L’obiettivo è controllare il discorso sull’islam nell’Europa migratoria, per cui c’è omertà e gli ‘esperti’ che non conoscono l’arabo sono totalmente dipendenti dai discorsi degli esponenti del mondo islamico, gli islamisti pseudorivoluzionari. Questi discorsi sono adattati alla mentalità europea e non sono gli stessi che possiamo vedere sulle reti social in arabo e in altre lingue parlate dagli immigrati. Ci dicono che la colpa di tutto è del colonialismo. Spingono per la dottrina del separatismo, la rottura culturale con le società occidentali, per cui le nostre leggi non sono da rispettare e si deve essere fedeli alla sharia”.
Kepel parla dell’abaya, l’indumento musulmano che copre tutta la donna, ora al centro delle polemiche. “Il ministro dell’Istruzione Attal ha detto che portare l’abaya sarà vietato come diceva la legge del 2004 di cui feci parte. Ma l’estrema sinistra, totalmente legata ai salafiti e che pensa di prendere i voti dei musulmani dei quartieri popolari, ha presentato un ricorso al Consiglio di stato per consentire l’abaya. Il partito di Mélenchon ora invita il rapper islamista Médine, come i Verdi, per mettere in piazza un confronto identitario e superare quello di classe. Uno sviluppo straordinario, che vediamo anche in altri paesi europei”.
Veniamo alla fine della sua cattedra. “Mi mancavano due anni alla pensione, ma hanno deciso di mandarmi via in anticipo e chiudere la mia cattedra e sostituirla con un ‘master sul decolonialismo’, nel silenzio delle autorità. Oggi sono professore senza cattedra. Pazienza, ma che significa per l’Europa?”. Cosa aspettarsi dal futuro del paese? “La maggioranza dei musulmani è integrata, perché la laicità consente loro di essere quello che vogliono”, conclude Kepel al Foglio. “Ma c’è una minoranza molto attiva, un misto di salafismo e Fratelli musulmani, che vuole creare un luogo di potenza politica e rompere con la società. Abu Musab al Suri, l’ideologo dell’Isis, ha studiato in Francia, dove la filosofia di Gilles Deleuze era molto di moda e predicava la creazione di zone al di là del centralismo democratico per fare la rivoluzione. Hanno copiato Deleuze. Abbiamo avuto 300 morti e 1.200 feriti negli attacchi dell’Isis. Oggi l’Isis è debole, ma l’ideologia rimane, si adatta: non c’è più l’attacco armato, ma la costruzione di una controsocietà”.
L'editoriale dell'elefantino