Il nuovo ministro in Ucraina

Rustem Umerov è un segnale potente per la strategia, l'identità e l'anti corruzione dell'Ucraina

Paola Peduzzi

Il sospetto della corruzione a Kyiv impatta molto sugli alleati. Dove s’insinua la propaganda

Kyiv, dalla nostra inviata. Il ministero della Difesa “ha bisogno di un nuovo approccio con l’esercito e con la società nel suo complesso”, ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, annunciando la sostituzione di Oleksii Reznikov alla guida della Difesa. Al suo posto ha indicato Rustem Umerov, finora a capo dell’agenzia che si occupa delle privatizzazioni: poco più che quarantenne, Umerov è nato in Uzbekistan da una famiglia tatara della Crimea che assieme a molte altre fu deportata nell’Asia centrale durante la dittatura di Stalin. Umerov è tornato in Crimea negli anni Novanta e quando c’è stata la prima invasione russa nel 2014 e l’annessione della penisola da parte degli uomini di Vladimir Putin è di nuovo andato via. La sua nomina è un segnale simbolico e concreto al tempo stesso: mostra il coinvolgimento della comunità tatara nella difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa; mostra che la Crimea non può far parte di alcuna concessione alla Russia; sottolinea ancora una volta la natura dell’Ucraina che vive di diversità – nello specifico: un presidente ebreo, un ministro della Difesa musulmano – e che proprio per questo è considerata impura da Putin, da annientare. Umerov è anche un negoziatore, bravo dicono molti: era in Bielorussia per il primo e più o meno ultimo colloquio con i russi all’inizio della guerra. Allora il mediatore era il tycoon Roman Abramovich, che dopo gli incontri ebbe un malore, proprio come Umerov, e si temette un avvelenamento (poi sono tornati a star bene entrambi). Umerov ha ottimi rapporti con la Turchia e  con l’Arabia Saudita – ha incontrato la settimana scorsa il principe Mohammed bin Salman – e ha lavorato per ottenere gli scambi di prigionieri con la Russia, compreso quello dei comandanti della Azov che hanno combattuto a Mariupol – uno scambio con la regia turca che all’inizio dell’estate diede parecchio fastidio a Putin. Per questo Umerov sembra una scelta oculata che può far superare il momento di incertezza causato da un ministro della Difesa molto apprezzato dagli alleati, sostituito nel mezzo della guerra. 

 

Cambiare il ministro che ha negoziato il sostegno militare a Kyiv con gli alleati del gruppo Ramstein e che ha supervisionato la trasformazione dell’esercito verso gli standard della Nato non è una cosa né semplice né rassicurante. Non lo è mai in guerra e non lo è a maggior ragione ora che tutti sono convinti che la controffensiva sia in stallo – nonostante i piccoli avanzamenti ucraini e le zero conquiste russe dopo Bakhmut – ma Zelensky non aveva molte scelte. Il ministero della Difesa è finito in un’altra polemica a causa di una commessa di equipaggiamento militare, che Reznikov non ha gestito bene, e Kyiv deve mostrarsi determinata nella lotta alla corruzione. E’ una delle condizioni richieste per l’ingresso nell’Unione europea e soprattutto la corruzione mette a rischio il sostegno finanziario all’Ucraina.  C’è sempre stato nella retorica anti ucraina il sospetto: i soldi che diamo a Kyiv verranno sprecati da un sistema corrotto. Ora che nei partiti occidentali più riluttanti a sostenere l’Ucraina la questione dei fondi è diventata dominante – un esempio per tutti: negli Stati Uniti il mondo trumpiano-conservatore dice esplicitamente che il presidente Joe Biden sta togliendo soldi agli americani per dirottarli sugli ucraini e sulla “sua” guerra – ogni ambiguità da parte di Kyiv rischia di essere più controproducente rispetto al passato. Fin dall’inizio della guerra, sono richiesti all’Ucraina standard di comportamento che in occidente ci sogniamo, ma Zelensky sa che anche questo è il prezzo di un sostegno imprescindibile. 

 

L’ultimo scandalo che ha coinvolto il ministero della Difesa è nato da un articolo pubblicato il 10 agosto da Dzerkalo Tyzhnia – uno dei più influenti media ucraini fondato a metà degli anni Novanta e dal 2019 soltanto online – in cui si raccontava che nell’autunno del 2022 il ministero della Difesa ucraino aveva infine firmato un contratto con la società turca Vector Avia Hava Araçlari per la fornitura di equipaggiamento invernale per le truppe, giubbotti e pantaloni. Ma il prezzo dei giubbotti è triplicato dall’acquisto alla consegna ed erano leggeri – pesavano circa un chilo – quindi “o erano per l’estate o erano di pessima qualità, di certo non erano adatti all’inverno”, dice Danylo Mokryk, giornalista investigativo del Kyiv Independent, alla giornalista Anastasiia Lapatina in un episodio di “This Week in Ukraine”. Il ricavo aggiuntivo è rimasto alla società turca e uno dei suoi proprietari – ha svelato l’Ukrainian Pravda –  è il nipote di un parlamentare ucraino dello stesso partito di Zelensky e membro della commissione per la Sicurezza e la Difesa della Rada. Reznikov ha inizialmente negato ogni cosa, poi ha detto che i documenti visionati dai giornalisti erano falsi e poi, quando è stata dimostrata la loro autenticità, ha detto che queste inchieste sono un problema per il paese perché ne diminuiscono la credibilità e sprezzante ha aggiunto: se si dimostra che dei giubbotti estivi sono stati adibiti all’inverno, sono pronto a dimettermi, ma se non si dimostra l’autore dell’inchiesta dovrebbe smettere di fare il giornalista per tre anni. Il modo non è piaciuto, i giornali ucraini si sono riempiti di commenti in cui si diceva che la massima dimostrazione dell’emancipazione dell’Ucraina dalla corruzione è proprio la libertà dei giornalisti di denunciarla e quindi dare la possibilità di combatterla.

 

Mokryk ricorda che gli indici di trasparenza internazionale registrano “un piccolo ma continuo” miglioramento del livello di corruzione in Ucraina, a differenza ovviamente della Russia per dire, ma oltre a una realtà spesso difficile da governare c’è anche una grande campagna propagandistica online che mira proprio, questa sì, a minare la credibilità di Kyiv presso i suoi alleati. A differenza di molte altre iniziative anti ucraine, questa sulla corruzione s’insinua molto più facilmente nell’opinione pubblica occidentale resa molto sensibile da parte della politica che continua a ripetere che si stanno spendendo molti più soldi per difendere l’Ucraina che per gli interessi nazionali dei propri cittadini. Kyiv risponde con tutta la trasparenza di cui è capace: database con la destinazione dei finanziamenti e delle armi, resoconti dettagliati per tracciare ogni aiuto. Poi ci sono i licenziamenti di chi è coinvolto in scandali e i processi: è un equilibrio difficile, che in parte si risolve guardando tutti i cantieri che sono stati aperti a Kyiv quest’anno, che è la promessa con cui l’Ucraina dice che non vuole ricostruirsi com’era, ma farsi nuova per il futuro.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi