A Bruxelles
Ivanova passa, ma dalla Commissione è tutto un fuggi fuggi
La nuova candidata commissaria bulgara ieri ha superato il test dell’audizione di conferma davanti alle commissioni del Parlamento europeo, mentre Vestager ha annunciato di essere andata in aspettativa
Bruxelles. La Commissione di Ursula von der Leyen rischia di perdere un altro pezzo nei prossimi mesi, in un fuggi fuggi che potrebbe trasformare l’esecutivo comunitario in un’anatra zoppa nell’ultimo anno del suo mandato. Dopo i due pesi massimi, i vicepresidenti esecutivi Frans Timmermans e Margrethe Vestager, e dopo la commissaria alla Ricerca, la bulgara Mariya Gabriel, anche la responsabile della politica di sviluppo, la finlandese Jutta Urpilainen, sta preparando le valigie. Il 28 gennaio 2024 si terranno le elezioni presidenziali in Finlandia. A metà agosto il Partito socialdemocratico ha chiesto a Urpilainen di essere la sua candidata. “La Finlandia ha bisogno di un presidente che capisca che la Finlandia può avere successo solo come parte di un’Unione europea forte”, ha detto l’ex premier Sanna Marin, proponendo il nome della commissaria europea. “La richiesta della presidente del Partito è un grande onore”, ha risposto Urpilainen, annunciando che prenderà una decisione sulla candidatura a novembre. In realtà, la decisione sarebbe già presa. A inizio agosto, fonti del Partito socialdemocratico finlandese avevano rivelato le sue intenzioni presidenziali. Da allora Urpilainen ha moltiplicato le interviste sui media nazionali e i post sui social media incentrati sulla politica locale. Formalmente dovrebbe restare fino a novembre. Poi sarà costretta a prendere un’aspettativa non retribuita o a dimettersi. Ma il solo fatto che pensi a un ritorno anticipato in patria conferma un sospetto diffuso: sotto la leadership di von der Leyen l’armonia dentro la Commissione si è definitivamente deteriorata.
Il sintomo più grave del malessere interno alla Commissione sono la partenza già avvenuta dell’olandese Timmermans e quella probabile della danese Vestager. Il primo si è dimesso per guidare la lista laburisti-verdi alle elezioni politiche di novembre nei Paesi Bassi. La seconda ha annunciato ieri di essere andata in aspettativa, perché candidata dal governo di Copenhagen alla presidenza della Banca europea degli investimenti (il portafoglio della Concorrenza è stato affidato temporaneamente al belga Didier Reynders). Ma non sono solo le ambizioni personali a motivare un’uscita così anticipata dei due (il mandato della Commissione scade il 31 ottobre 2024). Timmermans è stato lasciato solo a dare battaglia per salvare alcuni provvedimenti del Green deal di fronte ai recenti attacchi del Partito popolare europeo. Von der Leyen ha preferito rimanere in disparte, malgrado la sua appartenenza al Ppe. Vestager ha avuto un duro scontro con la presidente sulla risposta dell’Ue all’Inflation reduction act dell’Amministrazione Biden. Contro il parere della vicepresidente responsabile della Concorrenza, von der Leyen alla fine ha deciso di aprire i rubinetti degli aiuti di stato, favorendo Germania e Francia. Sull’autonomia strategica dell’Ue, la presidente ha anche fatto propria la visione interventista del commissario al Mercato interno, Thierry Breton, grande avversario di Vestager. “Nella Commissione von der Leyen, il principio di collegialità non viene applicato”, spiega al Foglio una fonte interna: “Non sono i commissari nel loro insieme a prendere le decisioni, ma la presidente”.
La partenza di Gabriel è stata politicamente meno traumatica di quella del duo Timmermans-Vestager. C’era una ragione impellente: l’ex commissaria responsabile per la Ricerca (80 miliardi di bilancio in 7 anni) è tornata a Sofia come vicepremier per porre fine a una crisi politica che ha provocato cinque elezioni in due anni in Bulgaria. Anche Urpilainen non è una commissaria di peso. Ma anche il suo portafoglio è ricco: più di 40 miliardi di euro alle politiche di Sviluppo per i paesi dell’Africa, dell’Asia, del Sud America e dei Caraibi. Tuttavia von der Leyen non ha mai valorizzato né Gabriel né Urpilainen. La nuova candidata commissaria bulgara, Iliana Ivanova, a cui von der Leyen ha affidato la Ricerca, ieri ha superato il test dell’audizione di conferma davanti alle commissioni del Parlamento europeo. Le cose potrebbero andare peggio al successore di Timmermans, Wopke Hoekstra, a cui la presidente della Commissione ha affidato le politiche climatiche. Il gruppo dei Socialisti & Democratici e i Verdi minacciano una bocciatura, sospettando von der Leyen di voler annacquare il Green deal. Con questa nomina cambiano anche gli equilibri politici interni alla Commissione (Timmermans è socialista, Hoekstra è popolare). Il fuggi fuggi indebolisce l’autorità della Commissione e pone un interrogativo per il prossimo mandato in caso di conferma dell’attuale presidente: chi vorrà diventare commissario, se a decidere è solo von der Leyen?