Esiliate dall'Iran, cancellate in occidente
Il surreale destino delle artiste di Teheran e la nostra censura che fa il gioco dei mullah
Racconta al settimanale Le Point la gallerista Nathalie Obadia che le autorità cinesi hanno esercitato pressioni sul Centre Pompidou per impedire che fossero esposti artisti cinesi critici nei confronti di Pechino. Ma André Serrano, l’artista del crocifisso nell’urina, ha esposto al Red Brick Art Museum di Pechino. I regimi sono lesti a capire i punti deboli della coscienza occidentale. Basta vedere la fine che fanno le artiste iraniane esuli.
Sooreh Hera è un’artista iraniana che aveva presentato al Gemeente Museum dell’Aia una serie di opere fotografiche che ritraevano coppie gay, fra cui Maometto e Alì. Hossein Shariatmadari, un capo dei pasdaran iraniani, ha invitato a uccidere Sooreh Hera. E la mostra è stata annullata. Poi, al Macalester College, nel Minnesota, è stata censurata la mostra di un artista iraniana, Taravat Talepasand, che aveva realizzato una scultura che recita "Donna, vita, libertà" in inglese e farsi (lo slogan della rivolta delle donne iraniane) e una satira di Khomeini e donne che indossano il niqab mentre si tirano su le vesti. Nelle stesse ore, un professore di origine iraniana alla San Francisco State University veniva indagato dopo che studenti musulmani si sono lamentati che l’accademico ha mostrato una immagine di Maometto durante una lezione. "Questa è la prima volta che succede”, ha detto Maziar Behrooz. “Non ero preparato che qualcuno si offendesse, in un’università laica, parlando di storia piuttosto che di religione”.
Senza contare la dissidente iraniana Maryam Namazie bandita da alcuni college inglesi, come il Goldsmiths e il Warwick. La sua difesa del free speech avrebbe “offeso” gli studenti di fede islamica.
Nessuna sorpresa quindi che la mostra dell’artista iraniana Sadaf Ahmadi al Kulturhuset di Borås, in Svezia, è stata appena censurata. In nome di Mahsa Amini, la ragazza presa in custodia dalla polizia iraniana per non aver indossato l’hijab e uccisa, Ahmadi ha creato "Concrete": dieci teste velate appese come fantasmi a delle corde. “Concrete” è stato esposto per la prima volta a marzo presso La Maison des Chapitres a Forcalquier, in Francia. Poi la mostra all’Espace des Blancs Manteaux di Parigi. La mostra in Svezia avrebbe dovuto iniziare questo mese, ma “problemi di sicurezza” l’hanno annullata. “Avremmo dovuto aumentare significativamente il livello di sicurezza introducendo guardie durante gli orari di apertura, pattuglie notturne per evitare atti vandalici, ecc.”.
"Ero scioccata, ho avuto di nuovo paura”, racconta Ahmadi, nata a Teheran, a Euronews. “Mi stava succedendo la stessa cosa che è successa in Iran”. Il responsabile della cultura di Expressen, Victor Malm, scrive: "Se i manager della cultura e gli altri burocrati che hanno potere sulla Svezia cominciano a ragionare, non avremo bisogno di leggi sulla blasfemia. I mullah hanno già ottenuto ciò che vogliono”. D’altronde ci aveva già avvisati Chimamanda Ngozi Adichie, la scrittrice nera più famosa al mondo, nelle “Reith Lectures” per la Bbc: “Il romanzo di Salman Rushdie verrebbe pubblicato oggi? Probabilmente no. Verrebbe scritto? Forse no”. Ahmadi direbbe sicuramente di no.
Cosa c'è in gioco