Darmanin e la sparata a Mentone sull'immigrazione
Il ministro francese che vuole l'Eliseo corteggia i sovranisti perché ha bisogno del loro aiuto
Il titolare dell'Interno di Macron è in campagna elettorale permanente e alla frontiera italiana lancia messaggi muscolari sui "rinforzi" contro l'immigrazione clandestina
Parigi. Il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin non nasconde più le sue ambizioni per le presidenziali del 2027, quando il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, non potrà più ricandidarsi per sopraggiunti limiti di mandato. E ogni visita nel quadro delle sue funzioni di primo poliziotto di Francia assomiglia più a nuova tappa della campagna elettorale permanente iniziata lo scorso 27 agosto a Tourcoing, nel suo feudo elettorale del nord. Va letta in questo senso la trasferta di martedì a Mentone, alla frontiera italiana, con annessi annunci muscolari sui “rinforzi” contro l’immigrazione clandestina provenienti dall’Italia dell’arcinemica Giorgia Meloni.
“La pressione migratoria è diminuita nella Manica e al confine spagnolo, ma continua ad aumentare al confine italiano. Dobbiamo quindi aumentare le risorse. Con il ministro della Difesa, raddoppieremo il numero dei soldati dell’operazione Sentinelle (operazione militare antiterrorismo lanciata nel gennaio 2015 in seguito agli attentati a Charlie Hebdo e al supermercato kosher Hyper Cacher, ndr): attualmente sono 60, dal 15 settembre saranno 120. Raddoppieremo le risorse doganali a La Turbie e recluteremo 60 riservisti della polizia nazionale. I droni sono stati appena impiegati in questo settore”, ha annunciato Darmanin con toni muscolari davanti ai giornalisti presenti, mandando un messaggio a Meloni, pur senza citarla, ma anche agli elettori locali esasperati da una situazione che in certi punti della frontiera sembra fuori controllo. Il sud-est è storicamente una terra di destra, dove il Rassemblement national, il partito sovranista di Marine Le Pen, ha molti consensi. Ed è anche la terra di Éric Ciotti, presidente dei Républicains, ossia il partito gollista in cui Darmanin è nato e cresciuto politicamente, e colui che per primo, lo scorso aprile, aveva sollecitato il ministro dell’Interno chiedendo un aumento degli effettivi sia tra i gendarmi che tra i poliziotti di frontiera.
Darmanin ha indispensabilmente bisogno della sua ex famiglia sia a lungo termine, in vista delle elezioni del 2027, sia a breve termine. Perché il prossimo 15 novembre inizia l’iter del nuovo disegno di legge sull’immigrazione difeso da Darmanin, e il governo, in assenza di maggioranza all’Assemblea nazionale, deve trovare un accordo con i Républicains. Gli annunci di martedì, insomma, sono più legati a una logica di strategia politica che a una chiara volontà di risolvere una questione, quella dell’immigrazione clandestina, che può essere risolta soltanto attraverso un coordinamento europeo. Sono, se vogliamo, l’ennesima smargiassata di un petit Sarkozy in ascesa, di uno che sogna di ripercorrere gli stessi passi dell’ex presidente gollista, che come lui fu ministro dell’Interno (presidenza di Jacques Chirac) e utilizzò Place Beauvau come trampolino per l’Eliseo.
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