L'editoriale dell'elefantino
Perché Biden va benissimo così
Nel 2024 in America ci sarà un referendum sulla democrazia. E allora, perché continuare a mugugnare sulla candidatura del presidente?
Visto che non c’è alternativa, non ha senso mugugnare su Biden, sulle sue a volte meravigliose gaffe, sulla sua venerabile età, sul fatto che si stanca a fare il giro del mondo in un paio di giornate. Notano i commentatori più esperti, come Sidney Blumenthal sul Guardian, che bisogna anzi evitare che la paura di un ritorno di Donald Trump si converta nell’opinione democratica in un panico autolesionista. I trumpisti vogliono attaccare a un uomo politico mediamente onesto l’immagine di un gangster, e dal loro pulpito l’operazione, si capisce, ha qualcosa di grottesco. Ma tra i democratici si insinua il dubbio: non dovrebbe uscire di scena a ottantuno anni, l’età che avrà al momento delle elezioni, e preparare un ricambio generazionale? E’ una domanda astratta, alla quale in astratto si può rispondere affermativamente, in concreto la risposta è no. E il concreto è quello che conta.
Biden ha governato bene in questi tre anni, non hanno da ridire nemmeno quelli che nei sondaggi auspicano la sua uscita di scena. Ha scelto i collaboratori giusti, e l’Amministrazione è efficiente e stabile, nessuno scandalo a parte il gran brusio intorno a quelli che Blumenthal chiama i “peccadillos” del figlio Hunter, cose minori che non lo toccano personalmente. Il confronto con il mandato del predecessore non si può nemmeno fare, è un altro mondo, un altro registro mentale e etico, è la ripresa e il rilancio dopo lo sfacelo e la turbolenza. Vero che immigrazione e sicurezza urbana sono bubboni di crisi e hanno il loro peso nell’orientamento dell’elettorato, ma Biden ha fatto scelte giuste in economia, l’economia reale e non quella percepita, e nonostante l’inflazione, che è la metà di quella che travolse Jimmy Carter, al quale i malevoli lo paragonano risibilmente, la crescita Usa è potente, ineguagliata in un mondo afflitto da pandemia e post pandemia e conseguenze. I benefici si ripercuotono, attraverso leggi su infrastrutture, sostegni federali, ricerca e tecnologia, sul manifatturiero, sull’occupazione ai minimi, sul reddito spendibile. Gli squilibri energetici e altre turbolenze continuano a farsi sentire quanto al potere d’acquisto, ma oltre un certo limite l’economia percepita è l’ultimo rifugio dei demagoghi, come la sicurezza percepita, fomenta la trasfigurazione mitologica della realtà, è una bolla che va responsabilmente sgonfiata con i dati veri e certi sul nuovo miracolo americano.
E non parliamo del presidente di guerra, del leader occidentale che ha coordinato e dato l’impulso giusto, senza mai strafare, alla risposta delle democrazie alla provocazione neoimperialista di Putin in Ucraina. In genere i presidenti di guerra in America non si discutono, come dimostrò il voto popolare repubblicano per George W. Bush nel 2004, per la prima volta dal 1988 superiore a quello del rivale democratico. Biden, infine, nella rassegna del concreto politico, è l’incumbent, il presidente in carica, e fronteggia uno sfrenato egolatra che si considera, con l’appoggio dell’opinione maggioritaria del Grand Old Party, anche lui un incumbent, perché i cornuti assalitori del Congresso il 6 gennaio 2021 secondo lui, incriminato per sovversione e in attesa di giudizio, avevano ragione a pretendere di rovesciare il risultato effettivo e certificato delle elezioni. Non è un’elezione normale quella del novembre 2024, lo si può dire per una volta senza esagerazione, è un referendum sulla democrazia in America. E allora, perché mugugnare?
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