L'Assemblea a New York
Zelensky all'Onu per parlare di una pace senza data di scadenza
Il presidente ucraino si dice pronto a una guerra lunga, perché è meglio di una pace molto breve. Nei discorsi in America ci sarà “gratitudine”. Ricordando però che Kyiv tiene tutti più al sicuro. Nella stanza con Lavrov
Volodymyr Zelensky oggi è a New York, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per parlare anche di pace, ricordando che l’unica pace per cui valga la pena impegnarsi tutti è quella che abbia qualche chance di durare a lungo. Gli ucraini sono convinti che un cessate il fuoco sbrigativo, secondo le regole – o meglio i tranelli – di Vladimir Putin, sarebbe in realtà l’inizio di una riorganizzazione delle Forze armate russe che permetta a Mosca di ritentare la propria “operazione speciale” non appena Kyiv sarà più fragile perché meno sostenuta. E che Putin stia aspettando che gli alleati di Kyiv si stanchino per provare a vincere, non per trattare, e che un ragionamento così sia anche tutto sommato logico dal punto di vista del presidente russo: perché dovrebbe combattere gli ucraini quando sono sostenuti dai miliardi stranieri in armi e in aiuti finanziari e smettere di farlo qualora fossero più soli quindi più deboli? Durante la sua prima visita negli Stati Uniti il presidente ucraino era stato accolto da eroe, tra le lacrime dei parlamentari, questa volta non si aspetta altrettanta commozione e gratitudine. Ma subito prima di partire, Zelensky ha dato un’intervista a 60 Minutes della Cnbc in cui ha ricordato a tutti che Kyiv, dal primo giorno, non ha mai combattuto soltanto per se stessa.
Secondo fonti diplomatichea Kyiv sentite dal Foglio, Zelensky parteciperà al tavolo del Consiglio di sicurezza dove ci sarà il ministro russo Lavrov, ma con ogni probabilità lascerà la discussione quando arriverà il suo turno (e lo stesso, a parti invertite, farà Lavrov).
Di fronte alla domanda che ormai gli pongono tutti – se abbia paura di perdere il sostegno internazionale e i pacchetti imponenti di aiuti – Zelensky ha risposto che gli ucraini stanno combattendo per difendere “il mondo libero”, per evitare che un autocrate inaffidabile ribalti gli equilibri della sicurezza internazionale a proprio vantaggio e a discapito delle democrazie, per difendere i baltici e la Polonia, quindi l’Unione europea intera. Insomma Kyiv è grata dell’aiuto (per gli osservatori ucraini la gratitudine sarà al centro della comunicazione di Zelensky durante tutta la trasferta americana, mentre non era stato così al vertice della Nato a Vilnius), ma vuole che nessuno dimentichi che il sostegno non è beneficenza. Il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, è entrato più nel dettaglio e ha snocciolato esempi su X: “La Russia è una minaccia indipendentemente dalla distanza geografica. Il suo arsenale comprende interferenze nelle elezioni, attacchi informatici, corruzione, ricatti, sabotaggi, golpe, omicidi”.
Il presidente e il ministro ricordano come sarebbe potuta andare, per tutti, se gli ucraini invece di resistere si fossero arresi il 24 febbraio 2022. I carri armati russi sarebbero arrivati al confine con la Polonia. Le Forze armate di Mosca sarebbero state molto più potenti e minacciose di quanto non siano ora, dopo che sono state combattute strenuamente per quasi due anni. Vladimir Putin si sarebbe sentito invincibile, avrebbe continuato a credere di avere il secondo esercito più forte del mondo non avendo visto sul campo la prova del contrario. E un Putin forte, vincente e bellicoso sarebbe stato un problema europeo, non più ucraino. Zelensky all’Onu parlerà di pace rivolgendosi ai paesi del sud del mondo, in scia con il meeting di Gedda sulla proposta ucraina per la fine del conflitto. Ma lo farà ribadendo che un futuro in cui Kyiv è debole, e Mosca si sente forte, non è pacifico ma pieno di pericoli per tutti.