contraddizioni
Il grande pasticcio dell'Unione europea sul sequestro delle automobili dei cittadini russi
Il regolamento sulle sanzioni personali, interpretato via Faq, ha prodotto il caos: stati che vanno in ordine sparso e proteste anche dalla dissidenza russa
Nei giorni scorsi i media di Mosca hanno dato grande risalto alla notizia in base alla quale la Commissione europea avrebbe deciso di vietare ai cittadini russi di attraversare i confini dell’Unione con la propria auto e altri beni personali, pena il loro sequestro. L’occasione è venuta dai chiarimenti offerti dalla stessa Commissione in merito all’applicazione del regolamento del Consiglio Ue del 31 luglio 2014, n. 833, dopo che le autorità doganali tedesche nel mese di luglio avevano sequestrato alcune vetture con targa della Federazione russa.
Il regolamento in questione, adottato subito dopo l’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli e da allora più volte modificato, disciplina le tipologie di misure restrittive alla vendita, fornitura, trasferimento, importazione ed esportazione di beni e tecnologie a vario uso, perlopiù legati al settore dell’energia e delle materie prime. L’8 settembre scorso, nelle proprie risposte alle domande più frequenti (faq) sull’applicazione di queste sanzioni da parte degli stati membri dell’Ue, la Commissione ha specificato che l’art. 3 lett. i) del regolamento vieta la vendita, l’importazione e il trasferimento, diretto o indiretto, dei beni elencati all’allegato XXI del regolamento – ciascuno dei quali è contrassegnato da un codice – qualora essi siano originari della Russia o esportati dalla Russia. Tale elenco include anche le automobili con targa russa e immatricolate nella Federazione. Una deroga limitata esiste soltanto per l’acquisto in Russia di beni a uso personale da parte di cittadini di stati membri e dei loro familiari. Al di là di tale deroga, il trasferimento di qualsiasi altro bene di consumo dalla Russia è vietato a prescindere dalla nazionalità del soggetto che lo importa e senza che rilevi in alcun modo l’utilizzo privato o commerciale o, ancora, nel caso del veicolo, la durata del soggiorno e le condizioni di circolazione.
La rigidità della risposta della Commissione, che non ha comunque valore vincolante per gli stati membri, ha scatenato la prevedibile reazione di Mosca. Dapprima, la missione diplomatica in Finlandia ha sconsigliato ai propri cittadini di mettersi in viaggio in auto verso l’Ue; a stretto giro anche il ministero degli Esteri russo ha deplorato misure che non potrebbero più configurarsi come sanzioni, ma “soltanto come atti di razzismo”. A questo punto, stante la necessità pratica di sapere quali beni possano essere portati oltre confine da chiunque entri sul territorio dell’Unione dalla Russia, il portavoce della Commissione, Daniel Sheridan Ferrie, ha confermato oralmente il contenuto della risposta scritta, balbettando, tuttavia, una serie di ovvietà che hanno reso il quadro, se possibile, ancor più assurdo. In particolare, gli indumenti indossati dai cittadini russi alla frontiera non sarebbero suscettibili di finire sequestrati, mentre solo il transito di automobili “di un certo valore” potrebbe essere bollato come tentativo di aggirare le sanzioni, perché presuntivamente qualificabile come atto orientato alla vendita di un bene nei confini europei.
Come si è visto durante la pandemia, ogniqualvolta un legislatore pensa di poter chiarire i contorni applicativi di una norma generale e astratta attraverso le faq esso determina semmai l’effetto opposto, ossia un florilegio di interpretazioni ulteriori e tra loro alternative. Anche nel caso di specie, il presunto chiarimento della Commissione ha alimentato nuovi dubbi su che cosa possano o non possano portare con sé gli individui che varcano le soglie dell’Ue dalla Russia. E così, mentre il think-tank putiniano Valdai Club si è provocatoriamente domandato se le autorità doganali europee siano intenzionate a lasciare in mutande i cittadini russi alla frontiera, ciascuno stato membro si è mosso in autonomia, annunciando misure diverse e tra loro non necessariamente coerenti: Lituania, Lettonia ed Estonia, cui si sono aggiunte da ultimo Polonia e (benché fuori dall’Us) anche la Norvegia, hanno fatto sapere di voler applicare il regime sanzionatorio in maniera ferrea, senza eccezione alcuna, mentre la Finlandia ha in un primo tempo comunicato che non avrebbe sequestrato veicoli e poi è tornata sui suoi passi, allineandosi ai Paesi baltici, ma promettendo di stabilire eccezioni per le auto già presenti entro i propri confini. E in effetti, un’interpretazione della legge che non si misuri con le circostanze del caso concreto e si fondi su automatismi incide pesantemente sui diritti fondamentali ed è difficilmente compatibile con i principi di proporzionalità e ragionevolezza tipici dell’ordinamento europeo. Nel giro di poco più di 72 ore, la Commissione europea ha così dovuto metterci una pezza, aggiornando nuovamente le faq. Nei chiarimenti modificati del 12 settembre, si raccomanda, pertanto, gli stati membri di valutare caso per caso ogni ingresso di cittadini russi per quanto riguarda il sequestro dei loro effetti personali e in particolare si osserva che per le merci che danno lievi preoccupazioni quanto all’elusione delle sanzioni stabilite dall’Ue le autorità devono applicare il divieto in maniera proporzionata e ragionevole. Tali merci includono, tra gli altri, articoli per l’igiene personale, oggetti come un laptop o il dentifricio e indumenti destinati all’uso personale durante il viaggio. Insomma, una mezza marcia indietro.
Ciononostante, nei giorni scorsi si sono verificati i primi “casi-limite”. La Bbc ha raccontato di un’ambulanza con targa russa, guidata da un team di volontari di San Pietroburgo, che ha dovuto scaricare al confine con l’Estonia una paziente terminale ucraina di Mariupol, la quale ha potuto essere accompagnata entro i confini dell’Ue soltanto grazie alla figlia che ne ha spinto per un chilometro e mezzo la sedia a rotelle. Dopo la pubblicazione di questa storia infame, le autorità estoni si sono premurate di replicare che le ambulanze sono già esenti dal divieto e che Tallinn garantirà l’ingresso a tutti coloro che abbiano esigenza di cure mediche. Stante l’estrema discrezionalità, per non dire l’arbitrio, che regole di questo tipo consentono di esercitare ai singoli funzionari doganali, l’immagine dell’Unione e, in particolare, della rule of law che essa dovrebbe garantire, ne esce gravemente offuscata.
La Fbk, la fondazione per la lotta alla corruzione, creata nel 2011 dall’oppositore russo Alexey Navalny, ha chiesto a Bruxelles di riconsiderare la misura e così hanno fatto anche i parlamentari europei Andreas Kubilius, eletto in Lituania per i democristiani e Sergey Lagodinsky, eletto in Germania per i verdi. In un editoriale per il settimanale britannico The Spectator, lo storico Mark Galeotti ha rincarato la dose, criticando l’incoerenza della strategia complessiva seguita dalla Commissione europea nelle sanzioni alla Russia: “Mentre tre oligarchi vengono inopinatamente esclusi dalla lista degli individui sanzionati – ha scritto Galeotti – molte altre persone, tra cui gente comune che si oppone alla guerra, hanno nuove ragioni per preoccuparsi”. Come ha sottolineato anche Boris Bondarev, uno dei diplomatici russi che, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, ha scelto di dimettersi e abbandonare la Russia, un atteggiamento di questo tipo finisce, infatti, per limitare anche la libertà di coloro che scappano dal regime di Putin e rafforzare il pregiudizio – tanto caro al Cremlino – che in Europa non ci sia spazio per i russi.
Giovanni Boggero
Università degli Studi di Torino