Questione di sovranismo
L'ostacolo al memorandum sui migranti non è Bruxelles ma Tunisi
Saied rinvia la visita della Commissione europea. In gioco è l’intera strategia di Giorgia Meloni sui migranti. Perché è un limite affidarsi ai paesi terzi per bloccare le partenze
Bruxelles. La decisione del presidente tunisino, Kais Saied, di posticipare la visita di una missione della Commissione per discutere di come mettere in pratica il memorandum firmato con l’Ue è l’ennesimo segnale che il problema non sta a Bruxelles o in altre capitali europee, ma a Tunisi. In gioco è l’intera strategia di Giorgia Meloni sui migranti, quella tutta incentrata sulla cooperazione con i paesi terzi per bloccare le partenze, in cui la solidarietà europea è relegata a un ruolo secondario. I decreti con misure sempre più restrittive sui richiedenti asilo, le visite a Lampedusa con Ursula von der Leyen o gli scontri con la Germania sui finanziamenti alle ong, possono servire a nascondere per qualche giorno la realtà dei numeri. Ma, non appena il mare sarà più calmo, gli sbarchi proseguiranno come prima se Saied non farà la sua parte. E a Bruxelles si stanno moltiplicando i dubbi sulla volontà del presidente tunisino di rispettare il memorandum. (Carretta segue nell’inserto I)
Il memorandum tra la Tunisia e l’Ue sarà il primo punto all’ordine del giorno del Consiglio Affari interni di domani. Tra i ministri dell’Interno c’è “pieno sostegno per le partnership con paesi di origine e di transito”, spiega al Foglio un diplomatico: vista la situazione a Lampedusa “ha perfettamente senso dare la priorità alla Tunisia”. Anche la Germania, che aveva protestato per le modalità con cui è stato firmato il memorandum (senza consultare preventivamente gli stati membri), sostiene l’accordo con Tunisi. Eppure sulla sua attuazione “ci sono molti interrogativi”, dice il diplomatico. Il problema non sta tanto a Bruxelles, dove la Commissione ha appena sbloccato un pacchetto da 127 milioni di euro (di cui 42 milioni legati al memorandum). E nemmeno nelle altre capitali dell’Ue, malgrado il fatto che la Germania chieda che gli standard umanitari e i diritti fondamentali siano fatti rispettare alla Tunisia. “L’ostacolo maggiore al successo del memorandum è il presidente Saied”, spiega un funzionario dell’Ue. Non è una questione di soldi, ma di sovranismo. “Ogni volta che la Commissione chiede a Tunisi di adottare alcune misure nell’ambito del memorandum, la risposta è che questa è materia di sovranità nazionale”, dice il funzionario dell’Ue.
Un esempio è la richiesta di una presenza di Frontex e Europol in Tunisia. Un altro è la richiesta di introdurre un regime di visti per chi entra in Tunisia dall’Africa subsahariana. E’ nel contesto sovranista che va inquadrata la decisione di Saied ieri di rinviare senza spiegazioni la visita della missione della Commissione. Due settimane fa, era stato vietato l’ingresso a una delegazione del Parlamento europeo per il rischio di critiche a Saied sul trattamento riservato ai migranti. Ma la missione della Commissione serviva a tutt’altro: aiutare Tunisi a preparare programmi e riforme per attuare il memorandum e sbloccare i fondi restanti (63 milioni per la gestione delle frontiere e 150 milioni di sostegno al bilancio tunisino).
La Commissione ha reagito come uno struzzo. “L’Ue aveva offerto di inviare questa settimana una missione di funzionari della Commissione per continuare le discussioni sull’attuazione del memorandum e attualmente stiamo cercando con le autorità tunisine il momento migliore per entrambe le parti”, ha detto un suo portavoce. Tra i governi, invece, emergono dubbi sull’affidabilità di Saied e sull’assunto del governo italiano in base al quale basta inviare qualche centinaio di milione di euro per convincerlo a bloccare le partenze. Nell’Ue tutti vogliono aiutare l’Italia, anche se alcuni paesi lamentano che gli ingressi irregolari stanno aumentando anche su rotte diverse dal Mediterraneo centrale (in particolare Balcani e Polonia). Il Consiglio Affari interni dovrebbe essere una tappa prima del vertice di Granada del 6 ottobre e del Consiglio europeo del 26 e 27 ottobre. Il Servizio di azione esterna diretto da Josep Borrell ha iniziato a studiare la possibilità di modificare il mandato della missione navale Irini per allargarlo alla lotta ai trafficanti. Ma in molti dubitano che possa funzionare: su richiesta dell’Italia operazione Sophia era stata chiusa per l’obbligo di effettuare salvataggi in mare e gli assetti navali di Irini sono stati tenuti lontani dalla Libia proprio per evitare di raccogliere naufraghi.
Il governo Meloni è pronto con un’altra proposta: convincere Tunisi a creare una sua zona di ricerca e soccorso (Sar). L’obiettivo è di replicare con la Tunisia ciò che è stato fatto con la Libia, dove di fatto l’Ue ha affidato alla cosiddetta “guardia costiera” il compito di intercettare i migranti prima che arrivino in acque europee. Aldilà delle differenze geografiche che limiterebbero l’efficacia delle intercettazioni (la Tunisia è molto più vicina a Lampedusa), si tornerebbe al problema centrale della strategia Meloni: Saied, dopo aver promesso di non diventare il “guardiano” delle frontiere altrui, accetterà il ruolo di guardia costiera che fa i respingimenti per conto dell’Ue?