Il rabbino Joshua Franklin all’interno del santuario del Jewish Center of the Hamptons a East Hampton, New York (foto Lapresse/Robert Bumsted) 

dal Washington Post

Il ritorno dello yiddish

In America aumentano i casi di antisemitismo, le comunità ebraiche (e non solo) li combattono con lo studio della lingua. Non basta andare in sinagoga: i modi alternativi dei più giovani per preservare l’eredità culturale

Coral Springs, Florida. Le scene sono state sconvolgenti, come previsto, e destinate a provocare paura: neonazisti che sfilavano davanti a Disney World e affollavano un ponte dell’autostrada a Orlando, gridando insulti antisemiti, sventolando bandiere con svastiche, inneggiando Hitler. Avi Hoffman ha un modo tutto suo di contrastare questo odio. Armato di un computer portatile, nel suo sobborgo di Miami, insegna lo yiddish, una lingua che ritiene intrinseca all’eredità ebraica e che offre i benefici lenitivi di una ciotola di zuppa di pollo della nonna. “Verter zol men vegn un nit tseyln”, dice Hoffman, un attore che ha co-fondato l’associazione culturale no profit Yiddishkayt Initiative, recitando lentamente il proverbio che si traduce in “Le parole vanno pesate, non contate”. I suoi studenti ripetono dopo di lui da varie parti del paese, addentrandosi in un mondo che hanno conosciuto solo per sommi capi quando sono cresciuti e che ora considerano centrale per la loro identità.

In un momento in cui l’antisemitismo è in aumento a livello nazionale in America, lo yiddish – un tempo quasi cancellato dall’Olocausto e dalle pressioni sull’assimilazione – sta tornando in auge. L’interesse si riflette in programmi televisivi popolari, produzioni teatrali, podcast e una serie di applicazioni per l’apprendimento e l’istruzione online che sono cresciute durante la pandemia. Le tendenze non sono direttamente collegate, dicono coloro che incoraggiano il rinnovato interesse per la lingua e per altri aspetti della vita ebraica. Ma per alcuni la sua crescente popolarità, al di là di termini tradizionali come “schlep” e “klutz”, è diventata una sorta di sfida contro la sensazione di essere perennemente sotto assedio. “Dobbiamo resistere perché, sapete una cosa? Abbiamo già visto questo film”, dice Hoffman, alludendo ai pregiudizi dell’inizio del Ventesimo secolo che hanno portato all’Olocausto nazista e alla morte di sei milioni di ebrei. L’orgoglio per la cultura ebraica si sta espandendo anche in altri modi, in particolare tra gli ebrei della Generazione X e dei Millennial che ricordano con affetto i blintz e i knish che un tempo servivano le loro nonne. 

A New York, uno chef di Brooklyn gestisce il sito web “Gefilteria” che offre la vendita di pesce gefilte artigianale, oltre a corsi di cucina e catering che offrono nuove interpretazioni di altri prodotti tipici dell’Europa orientale. Nel nord il Borscht Belt Museum celebra l’epoca d’oro delle Catskills tra l’inizio e la metà del Ventesimo secolo, quando milioni di famiglie ebree in vacanza si trasferirono durante l’estate in quel mosaico molto più fresco di località turistiche e terreni agricoli a 90 miglia a nord di New York City, che divenne noto come “le Alpi ebraiche”. In quel periodo, celebrato dal film “Dirty Dancing” e dalla commedia drammatica televisiva “The Marvelous Mrs. Maisel”, l’antisemitismo era così dilagante che gli ebrei erano banditi dalla maggior parte degli hotel. I resort erano un rifugio da quel bigottismo e sono diventati una culla per la musica dal vivo e la stand-up comedy che hanno lasciato un’impronta profonda nella cultura americana. Le recenti ondate di antisemitismo hanno coinciso con un aumento delle donazioni, secondo il giornalista Andrew Jacobs, che sta guidando l’iniziativa del museo nel villaggio di Ellenville. I suoi progetti includono un festival cinematografico e corsi su come preparare i babka al cioccolato. “Credo che alcuni ebrei ora si sentano davvero motivati a mostrare e celebrare la nostra cultura”, ha detto. “Odio sembrare banale, ma è più difficile odiare le persone quando si ride delle loro battute”.

Tuttavia combattere l’odio e persino la violenza può sembrare sempre più scoraggiante. L’anno scorso negli Stati Uniti sono stati denunciati quasi 3.700 episodi di antisemitismo, con un aumento del 36 per cento rispetto al 2021 e dell’82 per cento rispetto al 2020, secondo il Center on Extremism dell’Anti-Defamation League. Alcuni gruppi “hanno interi podcast in cui riproducono tutte le loro attività e le monetizzano”, ha dichiarato Carla Hall, direttore senior della ricerca investigativa del centro. “E’ questo l’aspetto più preoccupante. Quando si fa questa forma di intrattenimento – odio per l’intrattenimento – fino a che punto bisogna spingersi per continuare a costruire quel seguito e a farli divertire?”.

La Florida è stata una zona calda, con quasi 40 manifestazioni neonaziste dal gennaio 2022 e più di cento casi di volantini antisemiti lasciati sulle porte di casa dei residenti. Gli incidenti si sono intromessi nella campagna presidenziale del governatore repubblicano Ron DeSantis, che è stato criticato per non averli condannati con più forza. Durante una tappa della campagna nel New Hampshire, il mese scorso, gli è stato chiesto di un manifesto di Ron DeSantis 2024 avvistato tra bandiere con svastiche e striscioni antisemiti in una delle manifestazioni fuori da Disney World. “Quelli non sono miei veri sostenitori”, ha risposto. “Questa è un’operazione per cercare di collegarmi a qualcosa in modo da infangarmi”. La rabbina Rachael Jackson, che guida la Congregazione dell’ebraismo riformato a Orlando, cerca di rassicurare le famiglie ricordando loro che molti funzionari eletti e forze dell’ordine hanno denunciato queste orribili manifestazioni. “Abbiamo dovuto essere pastorali e rassicuranti sul fatto che non siamo lì. Non siamo nella Germania degli anni Trenta”, dice Jackson. Allo stesso tempo, la realtà è che la sua sinagoga e molte altre hanno posizionato guardie di sicurezza fuori dai loro edifici durante le funzioni di Rosh Hashanah lo scorso fine settimana e lo faranno di nuovo per lo Yom Kippur. “Dobbiamo essere consapevoli che l’odio è in aumento e che non ce lo stiamo inventando”. La rabbina vede il rinnovato interesse per lo yiddish come una sorta di balsamo, che offre “appartenenza al popolo” e orgoglio ebraico a chi ne ha bisogno. “Si possono trovare video su TikTok, persone su Instagram e gruppi su Facebook che stanno creando questa comunità”, ha detto. “E’ sicuramente qualcosa di cui abbiamo bisogno, ed è un modo di combattere l’antisemitismo che non si limita all’andare in sinagoga e parlare di Dio”. 

Dall’altra parte del paese, un centro culturale “Yiddishland” a San Diego sta raccogliendo fondi per ricreare uno shtetl, o villaggio, dell’Europa orientale, che fungerà anche da albergo immersivo per gli ospiti, con colazioni a tema yiddish e una sede per matrimoni yiddish. Il centro, che è stato aperto due anni fa, offre già lezioni di yiddish, un’accademia di teatro yiddish, spettacoli di musica klezmer e una galleria con manufatti e dipinti su temi ebraici realizzati da artisti di lingua yiddish. La direttrice Jana Mazurkiewicz Meisarosh ha detto di aver creato Yiddishland principalmente per un senso di nostalgia per una lingua che sua nonna parlava ma che lei non capiva mentre cresceva in Polonia, un’esperienza comune ai discendenti dei sopravvissuti all’Olocausto. Lo yiddish è stato in gran parte abbandonato dopo la Seconda guerra mondiale – molti lo hanno associato al vittimismo e alla sconfitta – soprattutto con l’adozione da parte di Israele dell’ebraico come lingua nazionale ufficiale da parte. Circa 250 mila ebrei negli Stati Uniti parlano yiddish; la maggior parte sono ortodossi e considerano l’ebraico troppo sacro per l’uso quotidiano. “Ho iniziato a pormi delle domande: ‘Perché non siamo stati introdotti a questa lingua e cultura? Perché a scuola ci è stato insegnato solo l’ebraico?’”. Ha detto Mazurkiewicz Meisarosh. “Vorrei che lo yiddish sopravvivesse. Se non la nostra generazione, chi lo farà?”. 

Col tempo ha notato che anche i non ebrei visitavano il centro, compresi i compagni di scuola afroamericani e asiatici di sua figlia di sei anni. Si è resa conto del valore di Yiddishland come strumento per contrastare l’antisemitismo. “Le persone hanno paura di ciò che non conoscono”, ha detto. “Se possono venire qui e imparare, è un’arma potente. Deve diventare parte della cultura di massa”. Alcuni vocaboli yiddish sono già radicati in questa cultura più ampia: parole come chutzpah (che significa coraggio), mensch (una persona buona e rispettabile) e oy (che spesso trasmette esasperazione). Ma la lingua millenaria è infinitamente ricca, persino stravagante. Molti dei 15 studenti che si sono uniti a un recente corso introduttivo di “Yiddish Lite” online hanno riso delle espressioni condivise dall’insegnante Alan Davis. “Menschen trakht aun Got lakht”, ha spiegato, significa “L’uomo pianifica, Dio ride”, mentre “a shanda aun a kharpa” si traduce in “una vergogna e un disonore”, pronunciato di solito quando accade qualcosa di spiacevole. “Mia madre me lo diceva sempre e io non capivo mai cosa stesse dicendo”, ha detto Davis ai suoi studenti dalla sua casa nel nord del New Jersey. “E’ bello saperlo. Oy, vey. A shanda aun a kharpa! Cosa stai facendo?”. Da bambino, Davis ha iniziato a imparare da solo lo yiddish per capire le battute fuori luogo di suo padre. Il suo corso, offerto dalla Federazione dei circoli ebraici maschili, ha lo scopo di invitare i principianti attraverso canzoni e storie.

Le discussioni non affrontano le preoccupazioni della giornata. Piuttosto, approfondiscono le tradizioni e le parole che gli studenti hanno imparato crescendo negli anni Cinquanta e Sessanta. “Si aggrappano a qualcosa di ebraico nelle canzoni, nelle storie, nelle espressioni, in certe parole yiddish. E questo gli dà un legame con la loro eredità”, ha detto. Molti degli studenti che hanno partecipato alla lezione di questo mese hanno confermato questa motivazione, ammettendo una certa frustrazione per il fatto che i loro genitori o nonni non gli abbiano insegnato la lingua. “Vedo ragazzi in età da scuola superiore che magari parlano spagnolo, coreano o cinese a casa, e lo fanno fluentemente”, ha detto Howard Kaye, che vive nella Virginia settentrionale. “Ma i ragazzi ebrei non parlavano yiddish quando andavano al liceo”. Renata Lantos era una bambina quando la sua famiglia fuggì dall’Europa durante l’Olocausto. Si iscrive al corso di yiddish dalla sua casa nel Connecticut per ascoltare di nuovo le voci dei suoi genitori. “E’ stata la mia prima lingua”, dice Lantos. “Se non facciamo qualcosa per preservarla, scomparirà”.

 

Antonio Olivo e Emily Wax-Thibodeaux
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