Il pull factor del cremlino
Putin attenta alla sicurezza alimentare globale. L'effetto sull'Europa
Gli europei si accordano sul grano ucraino, riduecendo la tensione tra i paesi coinvolti nella disputa, mentre Mosca affama il sud del mondo che deve migrare
Dopo un breve negoziato lontano dai riflettori, Polonia, Lituania e Ucraina hanno raggiunto un accordo per facilitare l’esportazione di grano ucraino e alleviare la tensione tra Varsavia e Kyiv che ha alimentato la cosiddetta “stanchezza” degli alleati occidentali nel sostenere gli ucraini contro l’aggressione russa. L’accordo entra in vigore da oggi e prevede il trasferimento dei controlli su grano e cereali dal confine polacco-ucraino al porto lituano di Klaipeda, creando un corridoio terrestre che semplifica le operazioni di transito delle esportazioni agroalimentari ucraine consentendo di raggiungere via mare i mercati di tutto il mondo. Questa decisione ridurrà la tensione tra i paesi coinvolti nella disputa, un contenzioso alimentato dalle dinamiche perverse della campagna elettorale polacca per le elezioni politiche del 15 ottobre.
Ieri, al vertice della Comunità politica europea a Granada, Volodymyr Zelensky si è assicurato forniture di difesa area per proteggere le infrastrutture energetiche dagli attacchi russi durante l’inverno: Mosca riproverà a schiacciare il morale ucraino lasciando il paese senza elettricità e gas per i riscaldamenti. L’enfasi sulla “frattura” tra paesi europei riguardo al sostegno all’Ucraina è fortemente esagerata. Tra democrazie di paesi alleati ci si divide, si polemizza, si discute, ma poi si individuano i legittimi interessi delle parti in causa e si trova un accordo. Un processo inesistente nella Russia di Vladimir Putin, dove lo zar può decidere di mettere sotto assedio la rotta marittima di uno dei principali esportatori mondiali di grano – nel 2021 il quinto a livello globale – senza renderne conto a nessuno, così come ha deciso di invadere l’Ucraina e distruggere l’ordine di sicurezza in Europa per inseguire la sua visione imperialista e coloniale.
Con le sue decisioni Putin non si è limitato a compromettere il presente e il futuro dei russi. Riaprendo il fronte del Mar Nero sta attaccando la sicurezza alimentare dei paesi più fragili dell’Africa e del medio oriente con l’obiettivo di affamare intere popolazioni per costringerle a emigrare in Europa, e usare questa pressione migratoria come strumento di guerra ibrida per spingere i governi europei a scendere a patti con Mosca. Una strategia nota, rivendicata l’anno scorso dai più noti propagandisti televisivi del Cremlino, come Margarita Simonyan, Olga Skabeyeva e Vladimir Solovev.
Dal punto di vista russo affossare l’accordo del grano è soltanto un ritorno alla strategia iniziale dopo essersi presi un anno di tempo, un periodo di tregua parziale usato per potenziare la propria industria agroalimentare a spese dell’Ucraina. A Granada, Zelensky ha detto che Mosca adesso sta cercando di congelare la situazione per ripristinare il potenziale militare russo, e attaccare entro il 2028 i paesi al centro della sua espansione. “Non dobbiamo permettere a Putin di destabilizzare altre parti del mondo e i nostri partner con l’obiettivo di rovinare la potenza dell’Europa”, ha poi aggiunto Zelensky: “Putin vuole un’Europa che non sia più un territorio di libertà e democrazia”.
Spesso si parla di Putin come di un convitato di pietra nelle elezioni europee, una specie di grande influencer del nazionalismo xenofobo ammirato dalle destre estreme, che vedono in lui un idolo del sovranismo. Ma con le sue operazioni di sfruttamento e destabilizzazione in Africa il regime russo è uno dei grandi pull factor dell’emigrazione della disperazione, e il primo a desiderare un’Europa divisa in nazioni impotenti, governate da tanti piccoli Putin, leader deboli e corruttibili che seguono i desiderata del Cremlino.
Mentre ancora troppi occidentali fanno fatica a prendere atto di avere un nemico, gli ucraini resistono all’invasione e all’assedio, per se stessi, e non solo. La marina ucraina ha affermato che ci sono dodici navi mercantili pronte a navigare verso i porti del golfo di Odessa, e altre dieci pronte a salpare dai porti ucraini. Ciò corrisponde alle informazioni del Wall Street Journal, che ritene che i russi stanno ritirando la flotta del Mar Nero schierata nella Crimea occupata per tenerla al riparo dagli attacchi ucraini. I russi non confermano, ma ieri il leader dell’Abkhazia – regione separatista della Georgia occupata da milizie filorusse – ha annunciato di aver concluso un accordo con il Cremlino per costruire una nuova base navale permanente.
Nel frattempo, mentre Putin dal forum di Valdai annunciava la creazione di “un mondo nuovo” contro l’egemonia e il colonialismo americano, in un villaggio vicino Kharkiv un attacco russo uccideva più di cinquanta ucraini, dove non c’era nessun obiettivo militare.