Israele sotto attacco complici le vergogne dell'occidente
Eravamo impegnati nel boicottaggio e nell’appello alla rivolta contro il governo Netanyahu. Abbiamo lasciato l’Afghanistan ai talebani. Non abbiamo costruito una vera difesa dello spazio sacro di Israele in mezzo ai suoi nemici irriducibili. Ecco il risultato
Israele sotto attacco. Missili da Gaza a raffica. Proclami della Jihad islamica e di Hamas. Infiltrazioni massicce e presa di ostaggi. Morti e distruzioni. Contromobilitazione e guerra aerea. Cancellate le manifestazioni contro il governo per la riforma della giustizia. I riservisti pronti al combattimento dopo i mugugni delle settimane e dei mesi passati. Le notizie di sabato, shabbat, sono un film in progress della vergogna dell’occidente, a cinquant’anni dall’aggressione dello Yom Kippur. Da tempo Netanyahu e il suo governo, che comprende personaggi odiosi della peggiore destra e del fanatismo osservante, sono sotto attacco dell’opinione pubblica internazionale. La solidarietà con Israele non si porta più, non è più di moda. Va alla grande la delegittimazione di uno stato guarnigione, rifugio della democrazia e degli ebrei in una regione devastata dall’odio antisemita e dalla volontà di eliminare, annientare un popolo e le sue radici.
Israele occupava la Striscia, Sharon la evacuò delle truppe e chi se la riprese, povera e derelitta, l’ha resa più povera e derelitta di prima nonostante ingenti aiuti internazionali, ne ha fatto un rifugio terrorista e una piattaforma di lancio della guerra, dopo aver distrutto case e sinagoghe, dopo aver sfregiato il meglio che i coloni avevano lasciato. Intanto gran parte dell’occidente riflessivo e affluente era impegnata nel boicottaggio, nell’appello alla rivolta contro il governo voluto da una maggioranza del parlamento, la Knesset, e i progressi della diplomazia internazionale incrementati da Netanyahu e dai suoi, una benedizione, hanno fatto da schermo al rilancio del revanscismo islamista e antisraeliano. Intanto si forgiava una nuova catena di armi e progetti di distruzione, dall’Iran alla Siria, e di elezione in elezione, in mezzo al vuoto politico, il disorientamento nazionale israeliano, la favola ingorda e feroce della fine della democrazia a Gerusalemme, cresceva con il sostegno e il plauso dell’orientamento internazionale dei buoni, dei pacifisti a oltranza, contando sulle grandi libertà di tono degli ex funzionari del Mossad, dei capi o ex capi dell’esercito, delle organizzazioni attivistiche ostili al Likud e ai suoi uomini, delle couche intellettuali e letterarie che spopolano a Tel Aviv come a New York e altrove.
Tra le nostre vergogne, appena compensate dalla necessaria unità contro l’aggressione russa all’Ucraina, un riflesso di autodifesa europea e Nato, c’è l’Afghanistan tornato orrendamente talebano, l’Iran nelle mani della polizia morale contro il movimento “Donne vita libertà”, la distruzione del dissenso russo a colpi di processi farsa e incarcerazione dei suoi militanti, i deliranti movimenti mercenari e filorussi nel medio oriente e in Africa, e la mancata costruzione di una vera difesa per statuto e per cultura e per decenza istituzionale dello spazio sacro di Israele in mezzo ai suoi nemici irriducibili e genocidi. Ecco il risultato.
In Israele la minaccia esistenziale induce in un istante alla sospensione delle ostilità interne, e ideologiche, con il capo dell’opposizione che partecipa al briefing del governo legittimo e la generalità dei cittadini che risponde alla chiamata. Si spera che un fenomeno analogo si produca in un’Europa ossessionata dalla resa biancoverde agli assalti rossobruni.