L'intervista

L'attacco a Israele e il bisogno di unità in Francia. Parla Alain Bauer

Mauro Zanon

Il presidente Macron ha pronunciato un discorso solenne alla nazione, invitando i suoi compatrioti all'"unità" e cercando di rassicurare la comunità ebraica. Per Bauer, tra i massimi esperti francesi di anti terrorismo, "esiste il rischio di un’importazione delle tensioni israelo-palestinesi"

Parigi. Dinanzi alla gravità della situazione nel vicino oriente in seguito all’attacco terroristico di Hamas contro Israele e al rischio di un’importazione del conflitto israelo-palestinese in Francia, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha pronunciato giovedì sera un discorso solenne alla nazione, nel quale ha invitato i suoi compatrioti all’“unità”. “Il nostro dovere è quello di restare uniti come nazione e come Repubblica”, ha dichiarato l’inquilino dell’Eliseo, cercando di rassicurare la comunità ebraica francese: “La Repubblica sarà sempre lì per proteggervi e sarà spietata con tutti i propagatori di odio”. 582 scuole, luoghi di culto e di cultura ebraici sono oggetto di una protezione rafforzata da sabato scorso, giorno degli attacchi terroristici di Hamas.

 

Il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, ha affermato che negli ultimi giorni sono stati registrati “più di cento atti antisemiti”, che hanno portato al fermo di ventiquattro persone. Lo stesso Darmanin, giovedì, ha annunciato il divieto di qualsiasi manifestazione pro palestinese in tutta la Francia: un messaggio di fermezza volto a mostrare che la République è inflessibile con l’antisemitismo. 

 

Ma quanto è alto il rischio di un’importazione delle tensioni israelo-palestinesi, di assistere ad altre Sarcelles, dal nome del comune della banlieue francese soprannominato “la piccola Gerusalemme” dove nel 2014 si verificarono incidenti e episodi di odio anti ebraico durante una manifestazione pro palestinese? Secondo Alain Bauer, uno dei massimi esperti francesi di anti terrorismo, criminologo e professore al Conservatoire national des arts et métiers, “il rischio esiste sempre”. “Dal 1980, almeno, ossia dall’anno dell’attentato alla sinagoga di rue Copernic (ci furono quattro morti e 46 feriti, in seguito all’esplosione di una bomba di dieci chili nascosta in una motocicletta, mentre oltre trecento persone si riunivano a pregare per Shabbat, ndr), la Francia subisce sul suo territorio una serie di effetti del conflitto tra Israele e i palestinesi”, dice al Foglio Alain Bauer, prima di aggiungere: “Nel 2015, il ‘ministro degli attentati’ dello Stato islamico, Abu Muhammad al Adnani, aveva puntato sulla spaccatura della società francese per reazione anti araba dopo il Bataclan”.

 

Una spaccatura netta si è creata anche all’interno della Nupes, la coalizione delle sinistre all’Assemblea nazionale, in ragione della linea rossa varcata dalla France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che si rifiuta di qualificare Hamas come “organizzazione terroristica” e lascia intendere tramite le dichiarazioni ambigue dei suoi responsabili che Israele se l’è cercata. “Non commento le questioni politiche, ma diciamo che le circonvoluzioni su questo punto non sono mai accettabili”, dice Bauer. “Un civile, una donna, un bambino assassinati volontariamente in nome di un sedicente progetto politico sono vittime di terrorismo. Punto”, sottolinea l’ex consigliere del primo ministro Manuel Valls, che fu uno dei primi a mettere in guardia la famiglia delle sinistre dalle ambiguità antisemite di Mélenchon e compagni. 

 

Negli ambienti dell’intelligence parigina ci si chiede come sia stato possibile che Israele, paese dotato di uno dei migliori apparati di sicurezza del mondo, si sia fatto sorprendere in quel modo da Hamas. Secondo Alain Bauer, una delle colpe è “l’eccesso di fiducia di Israele nella tecnologia”, così come la sua “convinzione che l’intelligenza artificiale possa sostituire l’esperienza e la competenza degli essere umani”. Dopo l’offensiva terroristica di Hamas, Israele ha il dovere difendersi costi quel che costi e con qualsiasi strumento a disposizione? “Un paese attaccato risponde con i mezzi che sono i propri”, dice  Bauer, e conclude: “La misura della risposta è equivalente all’effetto dell’attacco e al controllo delle proprie emozioni e di quelle della propria opinione pubblica. Ma ‘occhio per occhio, dente per dente’ non risolverà mai un problema”. 

Di più su questi argomenti: