l'editoriale dell'elefantino
La deterrenza che serve a Israele di fronte alla ferocia islamista
Iran e Hezbollah non sono stato e movimento, sono Islam politico, e non è in nome dei palestinesi ma del Dio-Allah che sono stati massacrati gli ebrei. Il vicolo stretto che è inevitabile percorrere per non lasciare Hamas impunito
Non è in nome dei palestinesi ma del Dio-Allah signore della sottomissione e vindice che sono stati massacrati gli ebrei. E’ un particolare da non sottovalutare, come usualmente si fa, specie nelle università americane e nelle scuole ma non solo. Lo stesso vale per il fronte del nord della Galilea o del sud libanese, Iran e Hezbollah non sono stato e movimento, sono Islam politico. Qui cade il problema drammatico della deterrenza che Israele deve riuscire a imporre ai suoi confini, con il sostegno dell’occidente democratico, liberale e cristiano, in una comunanza tragica di criteri di vita e di società. L’Olp, il Fplp, i dirottamenti, la mitizzazione della Palestina libera dei tempi di Arafat, con tutto il contorno di sangue che sappiamo, erano uno scherzo in confronto. Oslo fu un percorso diplomatico fallito, per responsabilità di Arafat che si tirò indietro dopo la firma, e poi con l’assassinio fanatico di Rabin a Tel Aviv il percorso fu definitivamente seppellito, ma era umanamente e storicamente possibile, all’epoca, pensare a una deterrenza militare combinata con uno sbocco politico. Israele era diviso anche allora, politicamente e ideologicamente, non è che tutto è cominciato con Netanyahu, ma il suo nemico, il nemico con cui fare la guerra e la pace, non era un nemico radicalmente islamizzato, non gridava Dio è massimo, Allahu akbar, mentre sventrava vecchi donne bambini adulti giovani soldati.
Capisco Tom Friedman (NYT) e Lawrence Freedman (FT) quando dicono che il problema della guerra di Gaza è come proiettare in un futuro politico, in un dopo realisticamente accettabile, gli atti di giustizia legati alla forza di un esercito che ha pagato caro il momento di accecamento o di smarrimento di sabato 7 ottobre. E’ vero, il problema è sempre di combinare gli scopi e i mezzi militari con fini politici. E qui non si vedono. Ma non si vedono anche perché gli accordi di Oslo furono firmati 14 anni dopo l’avvento al potere in Iran dei khomeinisti, nel 1993, oggi si va per i cinquanta anni della rivoluzione islamista di Teheran e Kom, c’è stata e può rinascere una lunga stagione di terrorismo islamista in America e in Europa, e gli accordi di Abramo, come tutto quello che ha toccato Donald Trump (la cui alleanza di ferro è uno dei prezzi maggiori che Israele e Netanyahu hanno pagato al delirio autocratico di un gangster), sono stati una pezza commerciale sui criteri di guerra e di pace tra islamizzati selvaggi e ebrei o israeliani, non peggiore del buco, ma una pezza.
Bisogna concludere che il vicolo è cieco, ma non per questo è evitabile percorrerlo. Hamas impunito e vivo e vegeto, e gli Hezbollah al sicuro con i loro centomila uomini in armi e i loro arsenali iraniani nel Libano, altro ostaggio di tremendo peso, vuol dire minaccia esistenziale per Israele, vero pericolo e imminente per il focolare ebraico o lo stato guarnigione in cui, nonostante i gravi pasticci dell’alleanza improbabile tra Bibi e gli estremisti, la democrazia unica nella regione non è in discussione per via di una riforma della giustizia, come abbiamo visto e vediamo. La limitazione dei poteri della Corte suprema è una cosa, il fanatismo e la ferocia islamista sono un’altra cosa.