distanti, non equi
I leader europei aggrappati all'equidistanza inciampano spesso nella propaganda di Hamas
Dall'ospedale di Al Ahli al numero delle vittime, da Charles Michel a Josep Borrell, che sembrano più preoccupati dai conflitti interni all’Ue con le comunità musulmane o dal rischio di un’ondata migratoria che dalla necessità di eradicare i terroristi. Gli europei tendono a credere alla versione palestinese. Con alcune eccezioni
Bruxelles. Alcuni leader dell’Unione europea hanno la tendenza a cadere troppo facilmente nella trappola della guerra della propaganda che Hamas sta conducendo contro Israele dopo il suo attacco del 7 ottobre. Martedì, dopo aver criticato Israele per l’assedio della Striscia, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha voluto esprimere la sua “emozione” perché “un ospedale a Gaza è stato bombardato, provocando molte vittime”. Poi ha aggiunto: “Un attacco contro una infrastruttura civile non è in linea con il diritto internazionale”. Nessuna nuance, nessuna prudenza, contrariamente alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha rifiutato di rispondere spiegando di non avere sufficienti informazioni verificate. Michel ha semplicemente accettato la versione di Hamas. Da giorni il presidente del Consiglio europeo moltiplica le critiche a Israele per dimostrare una certa equidistanza dell’Ue.
Quando ieri mattina la comunità dell’intelligence delle fonti aperte e le dichiarazioni dell’esercito israeliano hanno spostato i sospetti per la tragedia di al Ahli su un razzo del Jihad islamico, Michel è stato costretto a una piccola correzione. “È imperativo che tutti i fatti riguardanti questo incidente siano indagati a fondo e che i responsabili siano portati davanti alla giustizia”. Ma il danno è fatto e il caso mostra quanto alcuni leader europei siano influenzabili dalla propaganda di Hamas. Michel non è stato l’unico a inciampare. “L’ospedale battista al Ahli a Gaza è stato bombardato e centinaia di vite innocenti sono state perse”, ha detto la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Nella plenaria di Strasburgo diversi deputati socialisti, verdi e della sinistra hanno parlato di “genocidio” e “crimini di guerra”. Le parole sono importanti: bombardare implica un attacco deliberato. Israele può non essere designato per nome. Ma, dato che Hamas o il Jihad islamico non dovrebbero avere interesse a colpire deliberatamente un ospedale palestinese, l’assunto è che Israele sia il responsabile. Altri si sono dimostrati molto più prudenti. Il segretario di stato americano, Antony Blinken, ha usato l’espressione “esplosione” nell’ospedale di Gaza, prima che Joe Biden discolpasse formalmente Israele.
Al Ahli è uno dei tanti esempi di propaganda di Hamas che entra direttamente nella narrazione ufficiale di alcuni leader europei. Un altro è il numero delle vittime. “Dobbiamo condannare le morti civili che si verificano a Gaza e che ormai ammontano a 3 mila”, ha detto l’Alto rappresentante, Josep Borrell, davanti al Parlamento europeo. La fonte dei “3 mila morti” è il ministero della Sanità, controllato da Hamas, i cui conteggi omettono di distinguere tra civili e combattenti. Per Hamas sono tutti “martiri”. Se Israele compie un’operazione mirata contro miliziani, i morti civili da “condannare” – per usare l’espressione di Borrell – includeranno anche i terroristi uccisi, amplificando l’impressione di un’enorme tragedia umanitaria. Per la gente comune, date le sofferenze dei palestinesi, è facile cadere nella propaganda di Hamas. Per i politici, ci sono altre motivazioni quando evocano una “punizione collettiva” che non è ancora comprovata. Michel e Borrell sembrano più preoccupati dai conflitti interni all’Ue con le comunità musulmane o dal rischio di un’ondata migratoria che dalla necessità di eradicare Hamas.
Entrambi insistono che “tutte le parti” devono rispettare il diritto internazionale. Hamas non è un attore statuale e ha già dimostrato di non attenersi a nessuna delle regole della guerra. L’assunto implicito è che sia Israele a violare le norme che definiscono un paese civile. La conseguenza è mettere una democrazia e un’organizzazione terroristica sullo stesso piano. Rishi Sunak ieri ha fornito il controesempio, spiegando che Israele è diverso da Hamas, ci si deve fidare di una democrazia, senza rinunciare a pressioni. “Israele ha il diritto di difendersi, di proteggere i suoi cittadini, di agire contro il terrorismo e di assicurare che l’attacco che abbiamo visto di Hamas non accada di nuovo”, ha detto il premier britannico: “A differenza di Hamas, gli israeliani hanno chiarito che le loro Forze armate opereranno nel rispetto del diritto internazionale. Continueremo a chiedere agli israeliani di prendere ogni precauzione per non nuocere ai civili”.