Bruxelles
L'Ue non vuole dimenticare Kyiv, ma l'ostruzionismo di Orbán è grave
Il veto dell'Ungheria rischia di ostacolare l'invio di finanziamenti all'Ucraina, mentre l'Ue appare divisa tra Israele e Palestina
Bruxelles. L’Unione europea è alla ricerca di un modo per rifocalizzarsi sull’Ucraina, nel momento in cui si trova confrontata a una seconda guerra in medio oriente che, come quella della Russia, potrebbe avere gravi implicazioni per la sua sicurezza interna. Lunedì i ministri degli Esteri dell’Ue si ritroveranno a Lussemburgo per discutere di Israele e Gaza. Sarà il primo punto all’ordine del giorno, prima dell’Ucraina, ed è la prima volta che accade dal 24 febbraio 2022. A Bruxelles tutti assicurano che l’Ue continuerà a sostenere Kyiv finché sarà necessario, che non c’è alcun declassamento della guerra della Russia nell’ordine delle priorità e che non c’è bisogno di fornire aiuti finanziari o militari a Israele. La prossima settimana la Commissione potrebbe presentare il dodicesimo pacchetto di sanzioni. Ma le risorse diplomatiche sono limitate. E l’Ue deve fare i conti con le quinte colonne, come l’Ungheria di Viktor Orbán, che ha appena incontrato Putin in Cina e continua a bloccare nuovi finanziamenti per le armi all’Ucraina.
In un discorso a Washington prima di incontrare ieri il presidente americano, Joe Biden, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha sottolineato che “Russia e Hamas sono simili. Come ha detto il presidente Zelensky, la loro ‘essenza è la stessa’. Entrambi hanno deliberatamente preso di mira civili innocenti compresi neonati e bambini, per uccidere e prendere in ostaggio. E’ un modo barbaro di combattere”. Di fronte all’orrore del 7 ottobre “esiste una sola risposta possibile da parte delle nazioni democratiche come la nostra. Siamo dalla parte di Israele”, ha detto von der Leyen. L’interesse comune americano ed europeo è lavorare a “un mondo in cui prevalga la libertà. Ed è per questo che è imperativo accelerare il percorso dell’Ucraina verso la vittoria”. Von der Leyen è allineata a Biden, che ha presentato Ucraina e Israele come la stessa causa. Russia e Hamas “hanno una cosa in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia vicina”, ha detto giovedì il presidente americano. Ma Bruxelles è divisa. La linea von der Leyen su un’alleanza tra democrazie per sostenere Ucraina e Israele non è condivisa dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dall’Alto rappresentante, Josep Borrell, e da alcuni stati membri, che vogliono apparire equidistanti tra israeliani e palestinesi. Michel e Borrell oggi saranno al Cairo per la conferenza organizzata dall’Egitto. Von der Leyen, anche se invitata, ha deciso di non partecipare. I paesi arabi vogliono una dichiarazione in contraddizione con la posizione dell’Ue: richiesta di cessate il fuoco, senza condanna di Hamas e riconoscimento del diritto di Israele di difendersi.
Sull’Ucraina le divisioni sono alimentate dall’Ungheria di Orbán, che presto potrebbe trovare un alleato nella Slovacchia, dove il pro russo Roberto Fico si appresta a diventare primo ministro. Questo fine settimana la Commissione condurrà i cosiddetti “confessionali” – gli incontri bilaterali con i rappresentanti degli stati membri – per preparare il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Dovrebbero essere presi di mira i diamanti, il complesso industriale-militare e le esportazioni di altre tecnologie trovate nel campo di battaglia. Una questione controversa è come trattare i paesi che permettono alla Russia di aggirare le sanzioni come Turchia o Kazakistan. Servirà tempo per trovare un accordo tra i ventisette. Nel frattempo, Budapest continua a bloccare l’ottava tranche da 500 milioni di euro della European Peace Facility per finanziare le forniture militare a Kyiv. Il governo ucraino ha ceduto a Orbán, togliendo dalla lista delle organizzazioni sponsor della guerra la banca ungherese Otp (che opera in Russia). Ma non è stato sufficiente. “Ci aspettavamo di poter sbloccare i 500 milioni, ma l’Ungheria ha sollevato altri problemi”, spiega al Foglio un diplomatico. La minaccia del veto ungherese e slovacco pesa sulle sanzioni, sui soldi per le forniture di armi (Borrell ha chiesto 5 miliardi per il 2023) e sulle proposte della Commissione per finanziare il governo di Kyiv (50 miliardi in quattro anni). Budapest e Bratislava potrebbero anche bloccare il via libera all’apertura dei negoziati di adesione dell’Ucraina. L’incontro di Orbán con Putin a Pechino non solo ha danneggiato l’unità dell’Ue, ma anche la fiducia interna sui temi legati alla sicurezza. “La situazione non è favorevole all’Ucraina”, ammette un funzionario dell’Ue. Chi se ne avvantaggia è Putin che, grazie alla seconda guerra in medio oriente, “distoglie l’attenzione dall’Ucraina, rende più difficile il dialogo con il sud globale e complica la fornitura di armi e munizioni” per Kyiv, dice il funzionario.