Attesa
Liti e sicurezza bloccano gli oltre cento camion sul valico di Rafah
Gli aiuti dovrebbero arrivare a Gaza "entro le prossime 24-48 ore", ma continuano le controversie che bloccano il valico di Rafah
Il presidente americano Joe Biden ha detto che gli aiuti umanitari dovrebbero entrare a Gaza “entro le prossime 24-48 ore”, ci sono ancora del le controversie che però bloccano ancora il valico di Rafah, impedendo ai camion di entrare nella zona protetta, ma affollata all’inverosimile, nel sud di Gaza. E trattenendo decine di internazionali e palestinesi con passaporti stranieri – tra loro dice il ministro italiano degli Esteri Antonio Tajani anche tra i 12 e i 15 italiani – in attesa di uscire da un incubo. Centinaia di camion – ormai 175 – sono in fila da giorni. Un aereo carico di ulteriori forniture mediche dell’Organizzazione mondiale della Sanità è atterrato all’aeroporto di Al Arish, la città a 50 chilometri dal valico egiziano dove è allestita la base logistica per gli aiuti in arrivo.
Sono scorte sufficienti a permettere mille operazioni chirurgiche. Funzionari egiziani, israeliani, statunitensi e delle Nazioni Unite faticano a mettersi d’accordo. Chi avrà la responsabilità, per esempio, di ispezionare i carichi per intercettare e bloccare il passaggio non autorizzato di armi? Israele vuole evidentemente essere coinvolto, almeno al fianco delle Nazioni Unite che respingono la richiesta. E si oppone al rifornimento di carburante. Che servirebbe per i generatori che mantengono in vita il lavoro di chi deve salvare vite, negli ospedali. E per riavviare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua potabile. Ma è utile anche per i mezzi e gli armamenti di Hamas. Il portavoce militare Richard Hecht, sia giovedì sia ancora ieri, in vari briefing con la stampa internazionale, ha assicurato che le immagini raccolte dall’intelligence militare mostrano molti pick up e mezzi di Hamas in circolazione. Come a dire che il carburante disponibile c’è. Chi non lo mette a disposizione è Hamas. E’ volato ieri ad Al Arish anche il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Ha ribadito che è fondamentale accelerare le consegne dei carichi di acqua, cibo e medicine. E ha garantito di essere al lavoro con Egitto, Israele e Stati Uniti per sciogliere i nodi delle condizioni e delle restrizioni.
Mentre le comunicazioni con l’interno della Striscia sono sempre più flebili, anche in mancanza di energia per ricaricare le batterie dei telefoni, il Cairo ha inviato attrezzature e macchinari pesanti al confine per continuare con le riparazioni delle infrastrutture e delle strade al confine. Quelle saltate per aria dopo l’attacco dei caccia israeliani, all’inizio della settimana, inviati ad annientare un tunnel usato, sempre secondo le informazioni dell’intelligence militare, per il contrabbando. C’è anche il problema della sicurezza durante il passaggio di convogli e persone, 3 mila sulle liste fornite da consolati e ambasciate, mentre Israele continua a mirare ogni operativo di Hamas e ogni struttura e infrastruttura militare nascosti tra quelle civili. Ma finché i razzi della fazione palestinese continuano a essere lanciati a migliaia da Gaza verso il territorio ebraico, e alcune centinaia a cadere all’interno della stessa Striscia, l’aviazione israeliana non intende fermarsi. Il New York Times ha potuto raccogliere da fonti diplomatiche coinvolte, in condizione di anonimato, altri ostacoli critici da superare. Riguardano le quantità dei mezzi autorizzati. Israele sarebbe disposto a lasciarne passare fino a 20, senza impegni per il futuro, mentre la comunità internazionale reclama la necessità di far arrivare il numero fino a 100 camion e oltre al giorno.
Per Israele, che di ora in ora sembra pronto per un’operazione via terra, il nord della Striscia è considerato ormai off limits. Anche per gli aiuti umanitari. Che invece, insiste il commissario europeo per la cooperazione internazionale Janez Lenarčič, dovrebbero arrivare “in tutti i luoghi dove ci sono persone che ne hanno bisogno”. Parlando ieri dall’Egitto, Guterres ha sottolineato che “dietro queste mura ci sono due milioni di persone a Gaza senza acqua, cibo, medicine, carburante”. Anche il portavoce Hecht, ieri mattina, ha voluto ricordare alla platea dei media internazionali che oltre alla crisi umanitaria dei residenti di Gaza, gravissima, ci sono 203 ostaggi israeliani in grave e costante pericolo di vita.