l'indagine
La fabbrica dei contenuti pro Cina
Tutti i "noti siti web di notizie in Italia": Venezia Post per lo più copincolla il Fatto quotidiano
Non solo media stranieri da cui comprare paginate, né media statali che fanno lo sporco lavoro della propaganda anche all'estero. Un network d'influenza internazionale da Pechino arriva anche in Italia
La chiamano la fabbrica dei contenuti cinese: un arsenale di disinformazione e manipolazione delle notizie che la Repubblica popolare cinese sta diffondendo già da qualche anno in giro per il mondo. Non solo comprando spazi sui media locali, non solo promuovendo il lavoro dei media di stato all’estero: esiste una costellazione di siti e pagine legate alla propaganda cinese che confonde, fa rumore di fondo, e quando serve è pronta per essere utilizzata. Anche in Italia.
Venezia Post punto com è “un noto sito web di notizie in Italia, che riporta importanti notizie su politica, economia, tecnologia, affari e vita per te”, ma pure RomaJournal.org è “un noto sito web di notizie in Italia”, così come Torino Human punto com, Napoli Money, Italia Finanziarie e Milano Moda Weekly. Sei siti web praticamente identici ma costruiti come se non lo fossero. Grafica e articoli sono diversi, ma tutti sono confusi nella consultazione, e nel nome insistono su alcune parole chiave dell’immaginario informativo (moda, soldi, finanza). Nessuno di questi risulta registrato in tribunale come richiesto alle testate giornalistiche in Italia. Ma questi sei siti hanno pure qualcos’altro in comune: il medesimo indirizzo Ip, cioè la “casa” di un sito web, che condividono con altri tre siti web “d’informazione”, ma in spagnolo. La localizzazione di quell’indirizzo Ip risulta a Francoforte, in Germania, e il provider è al “palazzo Tencent, Kejizhongyi Avenue”, cioè la sede centrale di Shenzhen del colosso cinese secondo molti report indipendenti legato alle attività del ministero della Sicurezza cinese, e ovviamente al Partito.
Il “noto sito web di notizie in Italia” Venezia Post, ieri apriva la sezione “politica” con un articolo su “Angelina Mango scatenata sul palco a Milano”, ma nei giorni scorsi c’erano stati diversi articoli su fatti internazionali: per esempio uno che dava conto degli aiuti della Russia a Gaza, un altro su “l’ospedale bombardato che infiamma il medio oriente”, e “la tesi che può condannare Gaza alla catastrofe”. Poi, in cima agli articoli consigliati, l’accordo tra Rexel Uk e il colosso cinese Haier sulle energie rinnovabili. Gran parte degli articoli pubblicati da Venezia Post sono copincollati da un quotidiano italiano: il Fatto quotidiano. A volte in calce agli articoli la fonte viene esplicitata, nella maggior parte dei casi no. In altre pagine, gli articoli copincollati sono quelli della Cgtn, media appartenente alla China Media Group, l’organo di propaganda del Partito comunista cinese. Roma Journal, Torino Human, Napoli Money, Italia Finanziarie e Milano Moda Weekly funzionano più o meno allo stesso modo di Venenzia Post. Gli articoli pubblicati vengono copincollati da testate giornalistiche registrate nei tribunali italiani (alcuni attingono da Alto Adige, un quotidiano online di Bolzano, altri dalla testata Arte.it).
Una società di cybersicurezza e disinformazione consultata dal Foglio, che preferisce non comparire sui media, spiega al Foglio che collegati a quel particolare indirizzo dei siti web italiani ci sarebbero altre decine di siti, in diverse lingue, con elementi di propaganda e disinformazione ben più articolati, che rilanciano per esempio in russo o in cinese (in particolare con i caratteri tradizionali, quelli adottati da Taiwan). I siti in italiano sarebbero quindi solo una parte di un network più grande e più articolato.
Ieri il ministero degli Esteri canadese ha fatto sapere di aver individuato una campagna di “spamouflage” collegata a Pechino, nello stesso giorno in cui il Copasir, in Italia, si è riunito per parlare di eventuali campagne di disinformazione russe in occasione del prossimo voto europeo. La Cina ha imparato molto dalla Russia nelle campagne di influenza dell’opinione pubblica: fuori dall’Italia, le strategie di Pechino non fanno meno paura di quelle russe.
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