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L'Unione europea scopre che il sostegno all'Ucraina non è incrollabile

David Carretta

Sugli aiuti all'Ucraina le posizioni contrarie di Ungheria e Slovacchia preannunciano uno scenario complicato per le prossime decisioni. Così Orbán e le munizioni bloccano la controffensiva di Bruxelles

Bruxelles. L’Ungheria “ha bisogno dell’Unione europea più di quanto l’Ue abbia bisogno...”. Kaja Kallas, il primo ministro dell’Estonia, ha risposto così a una domanda del Foglio su quanto Viktor Orbán sia un ostacolo per mantenere la promessa dell’Ue di “sostegno incrollabile” all’Ucraina per difendersi dall’aggressione della Russia. Appena una settimana fa a Pechino, il premier ungherese ha incontrato Vladimir Putin. Entrando al Consiglio europeo, Orbán ha chiesto un cessate il fuoco non a Gaza, ma in Ucraina in nome della sua “strategia di pace” contro la “strategia di guerra” degli altri leader. Orbán ha iniziato a bloccare diverse decisioni fondamentali dell’Ue per aiutare Kyiv finanziariamente e militarmente. Oggi al Consiglio europeo si è seduto un altro capo di governo pro russo. Il nuovo premier slovacco, Robert Fico,  potrebbe paralizzare l’azione dell’Ue.  

La risposta di Israele all’attacco di Hamas a Gaza è stato il tema più controverso del Consiglio europeo di oggi. I leader si sono spaccati sulla proposta di chiedere una “pausa umanitaria” a Gaza. Germania, Repubblica ceca e Austria sono contrarie, perché di fatto sarebbe una richiesta di cessate il fuoco per legare le mani a Israele. Un compromesso era in vista sulla formulazione più ambigua di “pause umanitarie” per permettere un flusso regolare di aiuti umanitari. Ma i capi di stato e di governo volevano inviare anche un altro messaggio: il medio oriente non mette in secondo piano l’Ucraina, a cui l’Ue ha promesso un sostegno incrollabile. Salvo Orbán, che con il suo veto può far crollare il sostegno. Incontrando Putin, il premier ungherese ha “fatto un dito medio agli ucraini bombardati” dalla Russia, ha detto il premier lussemburghese, Xavier Bettel. La vicepresidente della Commissione, Vera Jourova, ha parlato di “atto di tradimento”.

“Orbán sta diventando un problema più grande” rispetto al passato, spiega Kallas. Fino a sei mesi fa, il premier ungherese “diceva le cose sbagliate in pubblico e faceva le cose giuste in privato”. Attaccava l’Ue sulle sanzioni alla Russia e le armi all’Ucraina, ma alla fine si allineava. “Abbiamo superato quella fase”, dice Kallas. Da giugno Orbán blocca l’ottava tranche da 500 milioni di euro della Euroepan Peace Facility per finanziare le forniture di armi. L’Ungheria ha paralizzato le discussioni sulla proposta di Josep Borrell di un fondo per le armi all’Ucraina da 20 miliardi. Budapest minaccia il veto sulla proposta della Commissione di 50 miliardi di prestiti e sovvenzioni da versare al bilancio ucraino. 

Ci sono altre decisioni essenziali per l’Ucraina che attendono i leader nei prossimi mesi, su cui Orbán può mettere il veto, come l’avvio dei  negoziati di adesione e il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Ce ne sono anche essenziali per l’Ue, come la revisione del quadro finanziario pluriennale (il bilancio 2021-27), altro tema discusso dal Consiglio europeo. La proposta della Commissione prevede, tra l’altro, 15 miliardi per le politiche migratoria ed estera. “Non vogliamo fornire denaro ai migranti”, ha detto Orbán. Lo slovacco Fico, che ha confermato la fine degli aiuti militari all’Ucraina, potrebbe dargli manforte. Il veto fa parte delle regole dell’Ue, spiega Kallas. “È così. Non abbiamo strumenti molti forti. L’unica cosa sono i fondi”. Ma sono già in gran parte congelati per l’Ungheria per le violazioni dello stato di diritto.

Orbán non è il solo problema ucraino che ha l’Ue. Altre promesse non sono mantenute per mancanza di volontà di altri stati membri. Il piano per fornire un milione di pezzi di artiglieria all’Ucraina, lanciato in primavera, è a rischio. “Finora abbiamo consegnato solo 300 mila unità, mentre la Corea del nord ne ha consegnati 350 mila alla Russia. Abbiamo sicuramente le risorse per fare meglio della Corea del nord”, ha detto il ministro lituano degli Esteri, Gabrielius Landsbergis. “Sono molto preoccupata”, dice Kallas, che era stata all’origine del piano: “Questa non è una guerra fredda, è una guerra convenzionale” e vediamo che la Russia “è aiutata dalla Corea del nord, non è a corto di munizioni e l’industria militare lavora 24 ore su 24”. Sulle munizioni, l’Estonia “ha fatto la sua parte come promesso. Gli altri dovrebbero fare lo stesso. Che segnale diamo se alcuni paesi dicono che non lo faranno? Il segnale è che non prendiamo sul serio la difesa”, spiega Kallas. L’Estonia sta facendo forti pressioni per destinare all’Ucraina gli attivi congelati della Russia. Kallas ha consegnato agli altri leader un progetto di legge che prevede un sistema di stanze di compensazione tra crediti vantati dall’Ucraina per i danni di guerra e crediti vantati dai russi per i beni congelati. Anche in questo caso le promesse non sono state mantenute. La Commissione aveva annunciato una proposta entro luglio del 2022. Ma non è mai arrivata, perché Germania, Francia e Italia sono scettiche per ragioni giuridiche e reputazionali. Crisi in medio oriente o meno, non è solo la controffensiva ucraina sul campo di battaglia a soffrire. Anche la controffensiva dell’Ue a sostegno dell’Ucraina è in stallo.
 

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