dalla nostra inviata
La guerra lunga per togliere l'ossigeno nei tunnel di Hamas. Le soluzioni per Gaza sud
L'Esercito israeliano punta ad allungare i tempi del conflitto per costringere i miliaziani a tornare in superficie, perdendo i vantaggi del muoversi sotto terra. I piani per garantire il passaggio dei civili
Givat Kobi (confine con la Striscia di Gaza), dalla nostra inviata. Dalle colline a un chilometro dal confine, in una zona frequentata soltanto dagli artiglieri israeliani che sparano e dai giornalisti, si vede il fumo che sale per centocinquanta metri dai palazzi di Gaza City. Il gabinetto di guerra israeliano ha detto che la battaglia contro Hamas sarà lunga. Il comandante Milo sostiene che durerà mesi. Le autorità israeliane non annunciano i propri piani, ma le previsioni sui tempi combaciano con un dato: Hamas, nei tunnel sotto la città, ha stipato scorte per tre o quattro mesi. Tonnellate di munizioni, di cibo, di anestetici, di acqua e di benzina. Il carburante è cruciale perché alimenta i generatori che fanno funzionare l’impianto di areazione dentro i tunnel: quando finirà bisognerà salire in superficie perché nel sottosuolo si morirà soffocati.
I terroristi si sono preparati a questa invasione per anni. Il vantaggio di Hamas rispetto a quello che aveva lo Stato islamico asserragliato nella città irachena di Mosul è la migliore conoscenza del territorio e soprattutto la rete di tunnel che si intreccia per decine di chilometri sotto terra. Se la guerra durerà mesi, arriverà il momento in cui Hamas perderà questo vantaggio e i terroristi si ritroveranno in una posizione di debolezza che non hanno mai sperimentato completamente in nessuna guerra a Gaza. L’assedio israeliano punta dal principio a questo scopo, impedire che gli islamisti ammassino altre provviste per poter resistere nei tunnel più a lungo.
I civili però non hanno scorte sufficienti per sopravvivere mesi, nel fine settimana a migliaia hanno assaltato i magazzini dove la missione delle Nazioni Unite ha stoccato gli aiuti umanitari per prendere tutti i pacchi di farina, di assorbenti, di aspirine che riuscivano a tenere tra le mani o incastrati sotto il mento. Hamas non concederà loro nulla, né il cibo né le medicine che ha ammonticchiato nei suoi rifugi, semmai trafugherà il poco che resta per gli abitanti di Gaza dai magazzini delle organizzazioni umanitarie e dai tir che entrano dall’Egitto – come ha già fatto molte volte in passato.
Ieri in un’operazione congiunta dei militari e dello Shin Bet è stata liberata la soldatessa Ori Megidish rapita da Hamas durante i massacri del 7 ottobre. I dettagli dell’operazione sono segreti proprio per non compromettere le liberazioni future, che sono possibili ora che le truppe si trovano a pochi chilometri dagli ostaggi. I carri armati israeliani sono andati veloci e su un fianco hanno percorso in due giorni quasi quattro chilometri sui quaranta di lunghezza della Striscia. Ma in questa fase devono oltrepassare le spiagge e i villaggi che punteggiano le campagne e nessuno si aspettava che Hamas fosse capace di opporre resistenza su un terreno simile, una battaglia urbana invece avrebbe altre regole. I mezzi israeliani stanno scendendo lungo la costa da nord e si stanno muovendo da est, sotto Gaza City e sopra un fiume sottile, il Gaza, lasciando intravedere l’intenzione di tagliare la Striscia e poi accerchiare la sua capitale informale. Ieri, su questa seconda direttrice, i militari sono avanzati fino alla strada principale Salahedin nel punto in cui sbuca a sud oltre il confine della città.
Questa porzione della Striscia sopra il fiume è quella da cui i civili dovrebbero scappare e in gran parte lo hanno fatto, erano un milione e centomila prima che le forze armate israeliane diffondessero i primi volantini con le indicazioni sulle evacuazioni, sono circa quattrocentomila oggi. Se l’intenzione israeliana è limitare l’invasione al territorio a nord del fiume, dopo aver evacuato verso sud il maggior numero possibile delle quattrocentomila persone rimaste, l’esercito potrebbe prendere Hamas per fame e per mancanza di ossigeno a Gaza City e, contemporaneamente, Israele potrebbe aprire davvero i rubinetti degli aiuti umanitari dall’Egitto come chiede di fare il presidente americano Joe Biden. Perché a quel punto esisterebbe una linea del fronte che taglia la Striscia per il lato corto, piena di soldati israeliani, a impedire che quelle provviste finiscano nelle mani dei miliziani a Gaza City.
La battaglia di Mosul finì con la città distrutta, con più di diecimila morti, e anche lì i terroristi dello Stato islamico tentarono di impedire ai civili di scappare come fa Hamas oggi per usare la propria popolazione come scudo umano; ma a Mosul si riuscì comunque a garantire delle vie di fuga per quanto poco sicure. Almeno i civili nel sud che hanno seguito la richiesta di evacuare, se l’obiettivo dell’invasione è sradicare la testa di Hamas da Gaza City e dal nord, dovrebbero avere garantiti gli aiuti umanitari e delle zone protette dai bombardamenti aerei quando i militari israeliani avranno tagliato in due la Striscia da est a ovest.