il fronte antioccidentali

Così Kim Jong Un ha trasformato la Corea del nord nell'arsenale dei regimi

Giulia Pompili

Un milione di munizioni alla Russia e sostegno completo ad Hamas. Pyongyang chiude le ambasciate perché non ha più soldi e ormai non ha bisogno della diplomazia: ora lavora come armeria dei cattivi contro l'occidente

L’Unione europea è “profondamente preoccupata” per le notizie sul trasferimento di armi e sulla cooperazione militare tra la Corea del nord e la Russia, nell’ambito della guerra “di aggressione illegale, non provocata e ingiustificata della Russia contro l’Ucraina”, ha fatto sapere ieri il portavoce della diplomazia dell’Unione, Peter Stano. Comprare o comunque trasferire armamenti dalla Corea del nord, oltretutto, è in chiara violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di cui la Russia è membro permanente, fa notare l’Ue. I primi numeri sull’effettivo contributo del regime nordcoreano alla guerra di Putin sono arrivati tre giorni fa: durante un’audizione a porte chiuse, il segretario della commissione intelligence del Parlamento sudcoreano, Yoo Sang-bum, ha detto che i servizi segreti sudcoreani stimano che Pyongyang abbia spedito più di un milione di munizioni di artiglieria alle Forze armate russe sin dall’inizio di agosto – quindi prima del viaggio del dittatore Kim Jong Un in Russia, avvenuto a metà settembre. Il volume delle munizioni è stato calcolato osservando aerei e navi che hanno viaggiato tra i due paesi, ed è quindi una stima teorica: secondo l’intelligence sudcoreana un milione di munizioni è il fabbisogno di due mesi della guerra di Putin.

 

Non solo: esperti nordcoreani avrebbero viaggiato in Russia per condividere informazioni su proiettili e missili del regime asiatico, e le fabbriche belliche in Corea del nord stanno attualmente lavorando senza sosta per raggiungere il target di produzione richiesto dalla Russia. Secondo una fonte nordcoreana di DailyNk – che non è sempre affidabile con le sue fonti, ma in questo caso credibile – la Russia starebbe iniziando a ripagare il regime con generi di prima necessità: legname, petrolio e gas, ma anche “grano, olio da cucina e snack lavorati”. Pyongyang raccoglie i fondi necessari per i suoi armamenti, per missili e bombe nucleari, ma nel frattempo la popolazione allo stremo (si teme la peggiore carestia sin dagli anni Novanta) e perfino la macchina dell’amministrazione pubblica inizia a risentirne. E’ di qualche giorno fa la notizia di una serie di ambasciate nordcoreane nel mondo che iniziano a chiudere per ragioni finanziarie: Spagna, Hong Kong e diversi paesi africani.

 


Dopo tre anni di isolamento completo dovuto alla chiusura dei confini a causa della pandemia, la Corea del nord riemerge sulla scena internazionale in un contesto molto cambiato: il fronte antioccidentale si compatta sempre di più, e rispetto al 2019 ora il regime di Pyongyang può tornare a godere della protezione politica, soprattutto in sede di Consiglio di sicurezza dell’Onu, di Russia e Cina. E’ anche per questo che il leader Kim avrebbe ordinato ai suoi funzionari di “trovare modi per sostenere in modo totale la Palestina” nella sua guerra con Israele, ha detto il parlamentare Yoo dopo l’audizione con l’intelligence. Secondo i servizi segreti sudcoreani le rotte per la consegna di armamenti ad Hamas da parte nordcoreana sono molto limitate, e anche per quanto riguarda spedizioni più piccole come proiettili d’artiglieria – peraltro già promessi alla Russia – l’Egitto potrebbe rifiutare un eventuale passaggio di terra e altre rotte possibili “attraverso l’Iran, Hezbollah o la Siria non sono realistiche”: “Quindi, per ora, sembra che il discorso sugli aiuti dalla Corea del nord potrebbe essere per lo più solo retorica politica”, ha detto Yoo.


Il regime nordcoreano è sopravvissuto per oltre settantacinque anni come la spina nel fianco dei paesi democratici dell’area asiatica, ma per anni anche in occidente abbiamo pensato che la retorica aggressiva di Pyongyang non ci riguardasse. Il periodo della cosiddetta “pazienza strategica” di Barack Obama fino agli azzardi di Donald Trump hanno permesso al regime di creare un sofisticato sistema di elusione delle sanzioni internazionali che oggi lo hanno trasformato nella potenziale armeria di chiunque combatta contro l’occidente. I media sudcoreani nei giorni scorsi rilevavano le contraddizioni apparenti del regime, che sostiene Hamas ma rifiuta qualunque tipo di religione nel suo territorio. Ma l’unica guerra santa per il regime è quella contro l’occidente.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.