Il testo
Nelle regole di inclusività di Harvard ci sono tutti, tranne gli ebrei. Lettera alla presidente dell'ateneo
Bill Ackman, ceo della Pershing Square Foundation (fondazione per l'impegno sociale e umanitario), ha mandato una lettera alla presidente dell'università di Cambridge sugli episodi di antisemitismo nell'ateno
Pubblichiamo ampi stralci della lettera che Bill Ackman, ceo della Pershing Square Foundation, ha inviato alla presidente di Harvard, Claudine Gay.
Cara presidente, le scrivo con grande rammarico. Non ho mai pensato che mi sarei ritrovato a scrivere una lettera al presidente della mia alma mater riguardo all’impatto delle sue azioni e delle sue inazioni sulla salute e la sicurezza del suo corpo studentesco. Dagli orrori del 7 ottobre, ho avuto molte conversazioni sul numero crescente di incidenti antisemiti nel campus, aspettando un intervento da parte sua. Quattro settimane dopo, ho perso la fiducia. Mercoledì scorso, ho trascorso sette ore nel campus: nel corso della giornata, è diventato chiaro che la situazione a Harvard è terribile, molto peggio di quanto avessi capito. Gli studenti ebrei sono vittime di bullismo, intimidazioni fisiche, sputi, e in diversi video di uno di questi incidenti, aggrediti fisicamente. Le bacheche di Student Slack sono piene di dichiarazioni antisemite, meme e immagini. I manifestanti del campus sui gradini della Biblioteca Widener e altrove gridano “Intifada! Intifada! Intifada! Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera!”: invocano consapevolmente l’insurrezione violenta e usano un linguaggio che parla della distruzione dello stato di Israele e del popolo ebraico.
Quando lei ha spiegato il 12 ottobre che Harvard “abbraccia l’impegno per la libertà di espressione”, ha inviato un messaggio chiaro: le dichiarazioni antisemite dei manifestanti sono ammissibili nel campus. Mettendo da parte le limitazioni legali sulla libertà di parola che includono restrizioni sulle parole violente e le vere minacce, “dove gli oratori dirigono una minaccia a una persona o un gruppo di persone con l’intento di mettere la vittima nella paura di danni fisici o la morte”, se Harvard avesse davvero una solida esperienza di protezione della libertà di parola, molti avrebbero preso sul serio il suo sostegno alla libertà di parola. Purtroppo, Harvard non ha abbracciato tale impegno. Nel Foundation for Individual Rights and Expression (Fire) Annual College Free Speech Rankings, Harvard è costantemente finito nel quartile inferiore in ciascuno degli ultimi quattro anni. Il 23 settembre, Fire ha annunciato che Harvard ha raggiunto il posizionamento più basso mai raggiunto per l’anno accademico 2023: ultimo su 254 università, con un rating di 0,00, l’unica università con un clima del dibattito “abissale”. Pertanto, quando si cita “l’impegno di Harvard per la libertà di espressione”, nel sostenere i manifestanti, ciò suona falso e ipocrita per l’università in generale e per la comunità ebraica in particolare.
Ho sentito da molte persone che l’Ufficio di Harvard per equità, diversità, inclusione e appartenenza (Oedib) è un importante fattore che contribuisce al problema. Sono rimasto sorpreso di apprendere da studenti e docenti che l’Oedib non sostiene gli studenti ebrei, asiatici e non-Lgbtqia bianchi. Non avevo mai letto lo statuto del progetto Diversity, Equity, Inclusion (Dei) che chiarisce che la concezione di Harvard di diversità, equità, inclusione e appartenenza non include gli ebrei (almeno quelli che non sono in uno degli altri gruppi Dei accolti): “Cerchiamo attivamente e accogliamo le persone di colore, le donne, le persone con disabilità, le persone che si identificano come Lgbtqia e coloro che sono alle intersezioni di queste identità, in tutto lo spettro di discipline e metodologie”. In altre parole, gli ebrei e altri che non sono sulla lista di cui sopra non sono invitati a partecipare. Quando l’antisemitismo è ampiamente diffuso nel campus, e l’ufficio Dei – che “considera la diversità, l’equità, l’inclusione e l’appartenenza come il percorso per raggiungere l’eccellenza inclusiva e promuovere una cultura del campus dove tutti possono prosperare” – non accoglie gli studenti ebrei, abbiamo un problema serio.
Riassumendo, la sua mancata condanna degli atti barbarici del 7 ottobre ha aperto la porta a un’ondata di attacchi anti israeliani nel campus che hanno portato a un numero crescente di proteste e azioni antisemite. Le successive due dichiarazioni che tentavano di affrontare le carenze della sua prima lettera non sono stati presi sul serio perché sembravano essere guidate dalla pressione da parte della comunità e non da una autentica comprensione dei problemi né da una vera empatia per Israele e la comunità ebraica. Il fallimento delle comunicazioni e il fatto che la prima azione tangibile da parte dell’Università sia stata quella di proteggere coloro che hanno accusato Israele ha generato la convinzione nella comunità ebraica e israeliana a Harvard di non essere considerata la benvenuta e di non essere degna di protezione da parte dell’ateneo.
Dalle piazze ai palazzi
Gli attacchi di Amsterdam trascinano i Paesi Bassi alla crisi di governo
Nella soffitta di Anne Frank