Le bandiere bianche a Gaza

Perché un gruppo interno a Fatah ha rivendicato un attacco smentito contro il convoglio di Abu Mazen

Micol Flammini

Gli americani non voglio che Israele rimanga nella Striscia "a tempo indeterminato", fanno i piani per il dopo mentre vanno avanti le evacuazioni dei civili tra le minacce di Hamas, la paura di strasferirsi a sud e i carri armati a protezione

La ripresa è fatta da una finestra, da lontano, e mostra un gruppo di gente armata che entra e esce da un pick up nero. Sono armati, hanno il volto coperto, sparano e uccidono puntando alla testa di un uomo, armato anche lui. La notizia che si diffonde appena le immagini vengono pubblicate è che l’uomo ucciso è la guardia di Abu Mazen e che forse anche il capo dell’Autorità nazionale palestinese è stato ferito. Arriva anche una rivendicazione da parte dei figli di Abu Jandal, un gruppo che l’indomani della visita del segretario di stato americano, Antony Blinken, aveva lanciato un ultimatum ad Abu Mazen: hai ventiquattro ore per aprire un altro fronte contro Israele, o ci ammutiniamo. Il gruppo afferma di essere parte dell’apparato di sicurezza dell’Anp, quindi dovrebbe rispondere al suo leader, ma minaccia di essere pronto a creare il caos per non lasciare solo Hamas.  L’Anp ha smentito, ha detto che non ci sono stati scontri, non ci sono stati attentati contro Abu Mazen e non ci sono membri della sicurezza pronti ad ammutinarsi. Le parole dell’Autorità nazionale palestinese vanno prese con cautela, come le immagini registrate da una finestra e come le rivendicazioni di un gruppo che si autodefinisce figli di Abu Jandal. L’idea che si apra un fronte in Cisgiordania è una forte paura, la politica di alcuni membri del governo di estrema destra disobbedisce all’ordine generale di placare l’odio. Ieri l’esercito israeliano ha cominciato a entrare dentro Gaza City, e iniziano forse le battaglie più dolorose per un esercito che ha perso trenta uomini dall’inizio dell’operazione di terra. Tsahal ha aperto un varco tra la parte nord e quella sud della Striscia per permettere le evacuazioni, per ora la battaglia si concentrerà lì: i palestinesi sono passati tenendo in mano bandiere bianche, hanno raccontato di aver avuto paura. Sono passati attraverso un corridoio costituito dai carri armati dell’esercito israeliano disposti in modo da impedire a Hamas di sparare contro chi prova a evacuare.


L’operazione dell’esercito israeliano non si fermerà, secondo i piani, alla parte nord della Striscia, sradicare Hamas comporta anche muoversi verso sud, spingere i civili verso un’altra evacuazione. Sembra che nessuno metta in dubbio che si riuscirà a vincere contro il gruppo di terroristi, nonostante abbiano costruito una rete di protezione importante, che passa sotto i centri abitati in un territorio in cui la densità della popolazione è molto alta – ieri i soldati hanno trovato un tunnel sotto una ruota panoramica in un parco giochi. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto in un’intervista che le forze israeliane possono rimanere a Gaza “a tempo indeterminato”. Gli americani, che stanno già facendo dei piani per il dopo Hamas che coinvolgono anche il quasi novantenne Abu Mazen, sono stati chiari: a guerra finita, la Striscia sarà palestinese, non ci sarà nessuna occupazione prolungata da parte di Israele. 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)